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 2022  settembre 29 Giovedì calendario

Oscar Farinetti parla di politica (e del nuovo libro)

Oscar Farinetti ha un obiettivo. «Vorrei che la prima riga della mia pagina di Wikipedia diventasse questa: "Oscar Farinetti, scrittore". Non è ancora successo, ma capiterà». L’uomo che ha fondato l’Unieuro e Eataly negli ultimi anni ha iniziato a scrivere. Saggi, un’autobiografia, adesso una raccolta di storie, cinquantadue per l’esattezza. Il libro si chiama «È nata prima la gallina… forse», ed è pubblicato da Slow Food Editore. «Per la prima volta – dice – affronto la narrazione. L’ho fatto perché abbiamo bisogno di ottimismo, di futuro, di pensare che i problemi si possano risolvere».
Una guerra alle porte dell’Europa, l’inflazione al 10%, le bollette che volano, una pandemia. Come si fa a essere ottimisti?
«I pessimisti stanno davanti alla crisi e imprecano, gli ottimisti scelgono. È meglio prendere una cattiva decisione che restare immobili».
Tra i 52 capitoli ci sono vicende storiche, tanti personaggi, da Napoleone a sua nonna Teresa, da Socrate a un postino delle Langhe. Un paio di racconti, in particolare, sono d’attualità…
«Racconto un sogno: Draghi era rimasto al governo, e faceva quattro o cinque mosse meravigliose. La prima: mandare i nostri giovani all’estero, per poi farli tornare qui, a fare cose fantastiche. In un altro capitolo parlo di acciughe, e penso al movimento delle sardine. Dovevano andare avanti, fondare un partito e vincere, con un linguaggio nuovo, della moderazione e della gentilezza».
Poi però il sogno finisce, e al governo c’è Fratelli d’Italia.
«È la cronaca di una sconfitta e di una vittoria annunciate. Il Pd ha fatto harakiri, non è riuscito a fare il campo largo e dire che con questa legge elettorale si capiva solo una cosa: chi si mette insieme vince, chi va solo perde. È la vittoria dell’ottimismo di Wellington contro quello di Napoleone, tutto dedicato a se stesso. Sapevamo da un mese e mezzo come sarebbe andata a finire, e in questo mese e mezzo la futura presidente del Consiglio, che si è sempre dichiarata sovranista e anti-europeista, ha ammorbidito i toni. Spero che mantenga i buoni propositi, ma sono pur sempre figlio di un comandante partigiano della Matteotti, e quello che sta succedendo è impressionante».
I capitoli dedicati alla filosofia battono quelli dedicati alla politica. Perché?
«C’è un grande tema. Aristotele, il più figo di tutti, ha inventato la logica, che vuol dire far ragionamenti assennati per prendere decisioni assennate. E la logica in politica, lo dice anche la Costituzione, è lavorare per il bene comune. L’impressione di tutti noi è che oggi si faccia politica per il bene del proprio partito: ma questa è propaganda, un’altra cosa».
E allora chi fa politica davvero?
«Secondo me tutti i sindaci italiani, 8 mila eroi che hanno una sola certezza: prendere avvisi di garanzia. E assieme a loro buona parte dei presidenti di regione. Ammiro Zaia, nonostante sia su posizioni diversissime dalle mie. Il nostro Alberto Cirio si sta muovendo bene, così come Bonaccini in Emilia. Ma c’è un altro problema».
Quale?
«Dobbiamo uscire dalla propaganda. Io sono un imprenditore, cerco sempre le soluzioni. Invece qui ogni anno si vota e questi poveri cristi sono sempre in campagna elettorale. La prima mossa da fare è riparare la falla della barca: votiamo una volta ogni cinque anni, e per tutti e tre i livelli dell’amministrazione politica».
Mentre l’economia si affanna, ieri un’azienda hi-tech di Cuneo, Satispay, è stata valutata un miliardo.
«I giovani sono bravi. C’è una generazione di ragazzi fantastici, hanno tra i 20 e i 30 anni. Sono i primi ad essere nati quando il mondo era già in crisi, hanno la certezza di non avere certezze. Prima c’era un postulato: il benessere sarebbe stato migliore rispetto a quello dei genitori. Non è così e loro hanno imparato subito a sbattersi di più. Guardi: il Paese è andato bene o male a seconda della generazione di italiani che lo abitavano. È il motivo per cui mi fanno ridere i sovranisti: il merito di quello che viviamo e sbandieriamo come nostro, in realtà, è delle generazioni precedenti»,
Le fanno più ridere o paura?
«Inteso in maniera integrale, il sovranismo è un suicidio. Il pensiero che vadano perseguiti solo gli interessi della propria nazione è folle e questo Paese ha toccato il fondo proprio per quel motivo. Ma poi, negli anni del boom è riuscito a rialzarsi. È successo lo stesso nelle Langhe. Se facciamo il miglior vino del mondo è perché c’è stato lo scandalo del metanolo: 19 morti. Poi abbiamo reagito. Ecco, credo che possiamo ripartire tornando a ragionare sul bene comune. Ci vuole una nuova idea dell’Italia e servono colpi d’ala».
Da dove partirebbe?
«Dichiarerei bio tutta l’Italia. Abbiamo la metà delle aziende biologiche, abbiamo inventato l’agricoltura moderna. Ci pensa? Sarebbe uno scoop. Ma serve una generazione nuova. Noi abbiamo fatto 3000 miliardi di debito pubblico e ancora pretendiamo di dare consigli».
Invece dei consigli, che cosa possiamo fare per questa generazione?
«Cambiare la scuola, inserire quattro materie obbligatorie. Educazione civica alla sostenibilità, educazione all’agro-alimentare, alle vocazioni italiane e alla poesia, all’arte e alla cultura. Dobbiamo raddoppiare le esportazioni delle nostre eccellenze e l’arrivo dei turisti nel nostro Paese: ne arrivano 50 milioni l’anno, più o meno come a Manhattan. È possibile che Roma faccia la metà dei numeri di Dubai?».