La Stampa, 29 settembre 2022
Paola De Micheli spiega perché vuole guidare il Pd
Io ho un’idea radicale della sinistra».
Prima ci dica cosa ne pensa Paola De Micheli della futura premier.
«Guardi, conosco bene la Meloni. Abbiamo avuto i figli nello stesso periodo. È stata brava a infilarsi nelle nostre debolezze e poi l’opposizione paga sempre...».
Per restare sul personale, che rapporto ha lei con Enrico Letta?
«Buono, in privato gli ho detto quello che pensavo. Il Pd non può più essere quello dell’ "un po’ e un po’". Quello dei messaggi mai netti».
In che senso?
«Non abbiamo mai detto cose nette e radicali e quando abbiamo cominciato a dirle era troppo tardi, come sul Jobs act. E anche in quel caso, credo che il linguaggio non fosse comprensibile perché noi abbiamo un linguaggio complesso e troppo elitario. Va cambiato anche quello».
Con Giuseppe Conte andavate d’accordo quando era ministro del suo governo?
«Avevo un rapporto normale, come tra due persone che discutono anche ruvidamente, certo non di sudditanza».
Ma i 5 Stelle sono di sinistra secondo lei?
«Hanno fatto cose di sinistra».
Ecco, ora parliamo del Pd. Perché si candida a guidare un partito così mal ridotto?
«Perché credo profondamente nel mio partito e nel suo ruolo in Italia e in Europa. Se ci ritroviamo e cambiamo possiamo farcela. Noi non possiamo essere infastiditi dal sudore di una donna che esce dal lavoro, noi esistiamo perché esiste lei».
Un bell’incipit.
«Io sono andata a volantinare davanti ad Amazon in questa campagna elettorale, quello che le persone si aspettavano da noi. Ho fatto campagna nei luoghi di lavoro. Sono una candidata terragna e di campagna, una militante e una lavoratrice che ha avuto tutto dal Pd e che vuole fare cose concrete. Le persone ci votano se vedono passione, cuore e autenticità e non gente in posa».
E cosa significa avere un’idea radicale della sinistra?
«A me non piace il vittimismo, ci sono sberle che fanno crescere, abbiamo perso e non è colpa degli altri o degli elettori, che ci hanno detto in modo chiaro che dobbiamo cambiare. Quindi dico ripartiamo dai militanti e dagli amministratori, dalle donne, come ho fatto io da consigliere comunale a Piacenza».
E in che modo?
«Ascoltiamo le persone nelle fabbriche, negli uffici, negli ospedali, per costruire un partito popolare del lavoro e dei lavori, che si modificano in questa epoca. Un partito sartoriale sui territori. Il Paese è differenziato e ha esigenze completamente diverse anche tra città, colline e montagne. Non parlo quindi solo di nord e sud. Le persone ci chiedono risposte concrete».
Ma è un refrain che ricorre da anni nel Pd, o no?
«Bisogna farlo non dirlo. Quando sei lì queste persone ti mettono in crisi, sei fuori dalla comfort zone e gli devi spiegare le ragioni per cui non ci sei andato più e non gli hai dato risposte. Devi guardare all’altezza degli occhi le persone che vuoi rappresentare e non dall’alto in basso».
Per lei cosa è di sinistra?
«Pagare meno tasse se guadagni poco e garantire sicurezza. I ricchi sanno come garantirsi la sicurezza. E non è solo un problema di percezione: chi vive in ztl vive un’altra condizione di vita. Il metodo è che dobbiamo essere noi ad andare dalle persone senza pretendere che siano loro a venire da noi».
Il reddito di cittadinanza va difeso?
«La povertà crescente è al primo posto nel mio programma. Chi parla di abolire il reddito non ne ha bisogno e non ha mai parlato con chi ne ha bisogno. Aiutare chi ha bisogno è la cosa più di sinistra che c’è. Poi bisogna distinguere tra chi fa il furbo e chi no. Il reddito va certo modificato per raggiungere veramente l’obiettivo».
E come deve essere il vostro congresso? Serve una donna per guidare il Pd?
«La donna serve ovunque, non solo alla guida del partito e alle donne dobbiamo dare tante risposte. Andare a lavorare alle sei e non sapere se tuo figlio può stare il pomeriggio a scuola alla fine di settembre è un problema e una madre lo sa. Quindi una donna segretario sarebbe un bene, ma intanto diamo la risposta alle donne, quelle travolte dalle burocrazie per necessità sanitarie ad esempio».
Teme la sfida in salsa emiliana con Bonaccini e Schlein?
«No, non temo nessuno, ho le mie idee e io faccio politica da Treviso a Crotone».
Che idee ha sulle alleanze?
«Che le alleanze arrivano dopo, ora dobbiamo decidere chi siamo e cosa vogliamo fare, dopo le primarie decideremo con chi stare. Letta non è stato solo a sbagliare. Il punto è cosa siamo noi, se siamo radicali sarà più facile capire le battaglie comuni con le opposizioni».