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 2022  settembre 29 Giovedì calendario

Intervista a Lorenzo Sonego

Può darsi che Lorenzo Sonego si fosse stancato d’essere continuamente accostato a Roger Federer per la sconfitta a Wimbledon 2021, che resterà agli atti come l’ultima partita vinta da re Roger. Così, conquistando Metz domenica (quarto italiano a imporsi quest’anno in un torneo Atp), la ribalta se l’è presa per meriti propri, più che per inchini a sua maestà. «Roger è Roger, il suo addio al tennis — dice il tennista torinese — è stato un momento molto emozionante per tutti».
Ci sono i campioni e i fuoriclasse, quelli da cui provare a trarre ispirazione. I famosi modelli.
«Proprio così, sono cresciuto guardando i suoi match, è sempre stato il mio idolo sin da ragazzino, un esempio da seguire.
Aver condiviso il campo con lui — era il 5 luglio dell’anno scorso, ottavi di finale, tre set a zero per lo svizzero — è sicuramente qualcosa che porterò nel cuore, tanto più in un posto come Wimbledon».
Due giorni dopo Federer perse male da Hurkacz. Che lei ha battuto in semifinale sabato scorso. Gira tutto continuamente attorno a Federer?
«Ma no, ovviamente è stata solo una casualità, di sicuro sono contento del mio match. Hurkacz è uno dei migliori dieci giocatori al mondo — 11esimo dopo il ko con Sonego — e specialmente su queste superfici è un avversario complicato, molto impegnativo. Averlo battuto non può che darmi fiducia».
A proposito di superfici, lei in carriera ha vinto tre tornei Atp, uno su terra, uno su erba, ora sul cemento al coperto. Una volta c’erano gli specialisti, oggi molto meno.
«Credo che in effetti il mio tennis si possa adattare bene un po’ dappertutto. Giocare indoor mi piace molto, spesso è lì che riesco a esprimere il mio miglior tennis, ma penso onestamente di poter far bene anche altrove».
Potesse scegliere la finale della
vita, dove vorrebbe giocarla?
«Mi piacerebbe al Foro Italico, agli Internazionali, il torneo a cui sono più affezionato».
Federer ha appena detto addio, Nadal e Djokovic non sono eterni.
Che tennis sarà senza quei tre?
«Hanno segnato un’epoca, non c’è dubbio, se oggi attorno al nostro sport c’è tutta quest’attenzione lo dobbiamo a loro, ma fra le nuove generazioni gli ottimi giocatori non mancano, il tennis andrà avanti, le emozioni non mancheranno».
Quest’anno quattro partite consecutive non le aveva mai vinte prima di Metz la scorsa settimana.
Cosa era mancato in tutti questi mesi?
«In termini di risultati è stata una stagione un po’ complicata, onestamente faccio fatica a trovare ragioni particolari, nel senso che credo d’essermi sempre allenato bene, penso che il mio livello sia migliorato».
Nonostante i tanti stop.
«La fiducia non l’ho mai persa, aver vinto a Metz mi ha dato una gran carica».
Ieri a Sofia nei sedicesimi ha superato in due set lo spagnolo Zapata Miralles. Obiettivi in questo finale di stagione?
«Nonostante tutto credo, come ho detto, di essere cresciuto e pronto a competere con chiunque».
A fine novembre l’Italia si gioca la Davis a Malaga. Speranze di rientrare nel gruppo?
«Decide Volandri e io accetto ovviamente le scelte del capitano.
Che mi piaccia molto giocare per l’Italia è noto, indossare la maglia azzurra ti dà sempre una motivazione in più, poi c’è il fatto di condividere il torneo con la squadra, qualcosa che capita di rado in uno sport individuale come il tennis».
A metà ottobre il suo Torino sfiderà la Juve. Per uno della sua età il derby è un interminabile elenco di delusioni. Una volta era diverso.
«Sì, ma quest’anno credo e spero che la musica cambi, loro sono in difficoltà, noi siamo partiti bene, ho fiducia, per il derby e per la stagione».