la Repubblica, 29 settembre 2022
Il memoir familiare di Giorgio Boatti
Avete mai avuto un fratello che per anni si domanda ossessivamente: Bic o Gillette, quale lametta taglia di più? Uno che ti aggiorna sulla sua corrispondenza con i grandi del mondo ispirato dalle voci che sente dentro la testa, le quali gli suggeriscono come tenere in bilico la Terra? Probabile di no. Nessuno poi gli risponde, ma nonostante il silenzio dei grandi del mondo lui ha sempre un interlocutore unico e costante: suo fratello. Questo fratello si chiama Giorgio Boatti e ha deciso di raccontare in forma romanzesca la propria vita con il fratello schizofrenico, o meglio: la vita del fratello vista da lui. Ne è scaturito un racconto di rara poesia, una storia di dolore e tormento, un libro comico e sconfortante, e tuttavia pieno di allegria, di voglia di vivere: il ritratto veridico di un giovane uomo malato di mente e del Paese in cui entrambi crescono e vivono.L’avvio del romanzo Abbassa il cielo e scendi (Mondadori) reca le due voci dei fratelli: la prima, quella di Giorgio, si rivolge ai lettori, la seconda, quella di Bruno, parla dal di dentro la sua follia, poi le due voci si mescolano per raccontare due storie di morte e resurrezione, che ci immergono in una atmosfera magica, richiamando quello che è il tema di fondo del libro: il bilico tra la vita e la morte. Bruno è una figura liminare, un fantasma, ma è anche un personaggio in carne e ossa, corposo e ben presente. Tutto comincia, come se fossimo in un racconto di Beppe Fenoglio, con la scelta di Bruno di entrare in seminario; l’anno in cui Bruno nasce è un anno di guerra e la famiglia è di modeste condizioni. Poi questo giovanotto di belle speranze lascia la carriera sacerdotale e s’iscrive a ragioneria; quindi vince un concorso in Comune, ma decide di partire militare. Cosa fa deflagrare la malattia che lo sbalza di colpo fuori dal mondo dei cosiddetti “normali”? Non è facile dirlo. Forse una delusione amorosa o forse sotto le armi finisce in un reparto fantasma dell’esercito – una sezione di Gladio in funzione antisovietica – dove deve destreggiarsi tra atti inesistenti e finzioni d’esistenza burocratica. Qualcosa accade, o forse no. Semplicemente la malattia bussa alla sua porta e al ritorno a casa le ossessioni cominciano a dilagare. Cominciano insieme i tentativi di Bruno di sottrarsi al suo destino attraverso il suicidio: falliscono tutti. La voce del narratore descrive con tono quasi distaccato, dolorosamente distante e al passato, le vicende che seguono quei tentativi. Bruno, dicono gli psichiatri, non c’è, ma in realtà chiosa il fratello narratore: c’è ma a modo suo.La psichiatria dell’epoca pre-Basaglia si accanisce contro di lui; lo sottopongono ad elettroshock. Sono pagine dolentissime, che mostrano per esperienza diretta cosa accadeva ai cosiddetti matti. Poi Bruno torna a casa, ed è questo il luogo in cui avviene la battaglia quotidiana che instaura con il padre e la madre, con il fratello, con il mondo in generale. Una lotta che è uno stillicidio continuo, che fa emergere, pagina dopo pagina, il profondo senso di vergogna del narratore. Bruno non ha mai pace e con lui i suoi famigliari.Boatti è un narratore accurato ma anche rapido, concentra in poche pagine storie di anni, ci ragguaglia sullo stato mentale del fratello, ci mostra i suoi lati ironici e istrionici, la sua verità di “matto” che combatte contro il mondo sclerotizzato e conformista della provincia italiana. La storia dei due fratelli si intreccia con quella italiana degli anni Sessanta e Settanta, della rivolta giovanile, della militanza politica di estrema sinistra di Giorgio. Poi uno alla volta i genitori muoiono e a sostenere il confronto con Bruno resta lui, il suo alter ego, il suo contrario, verso cui Bruno nutre un rapporto d’amore e odio. Boatti scrive pagine di grande amore per questo sfortunato simbionte, che non si è realizzato. Bruno lo ama, ne ha bisogno, è il suo cordone ombelicale con il mondo dei sani, ma al tempo stesso lo detesta: lo invidia e pensa che gli abbia rubato il suo posto nel mondo. Per lui è come se esistessero due vite: una vera e una falsa. A lui, a Bruno, è toccata la vita fasulla, quella taroccata. Al fratello invece è toccato un profondo senso di vergogna per non averlo potuto salvare dalla sua follia, per non averlo aiutato abbastanza, per essere stato tutto sommato un vigliacco per rassegnazione, per potere vivere la propria vita senza il veleno che promana da Bruno. Il finale è toccante, con un apparente ritorno alla vita di Bruno – la resurrezione è l’altro tema sottotraccia del romanzo.Un libro bellissimo, commuovente e ilare insieme, un diario esemplare della vita propria e altrui: una vita sola divisa in due?.