la Repubblica, 29 settembre 2022
Intervista a Ian Bremmer
Winston Churchill soleva dire che non bisogna mai sprecare una buona crisi, e Ian Bremmer lo ha preso in parola. Infatti ha dedicato alPotere della Crisi il suo ultimo libro, pubblicato in Italia da Egea. Quello che il fondatore di Eurasia non si aspettava era che l’evento traumatico capace di rivoluzionare gli equilibri geopolitici globali gli scoppiasse subito tra le mani, sotto forma del «più grande errore di giudizio visto in una generazione», quando Putinha invaso l’Ucraina.
Era febbraio, lei si preparava a pubblicare “The Power of Crisis”, e i carri armati di Mosca hanno aggredito Kiev. È la crisi che può cambiare il mondo?
«Sì. Il mio libro doveva uscire il 26 febbraio e la Russia ha invaso il 24. Ho dovuto cancellare tutti gli impegni per aggiungere di corsa alcune pagine, ma è esattamente ciò di cui stavo parlando.
Quanti presidenti americani hanno cercato di spingere gli europei a spendere di più per la difesa, concentrarsi sulla sicurezza, e quante volte hanno fallito? Ma scoppia questa crisi e il cancelliere tedesco Scholz tiene forse il discorso più importante di un leader europeo dalla caduta del Muro di Berlino, impegnandosi ad aumentare drammaticamente i finanziamenti per le forze armate. La Nato si allarga a Svezia e Finlandia, e al vertice di Madrid partecipano anche Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda.
L’Alleanza passa così dalla “morte cerebrale” alla rivitalizzazione della sua forte missione. E non si tratta solo di un nuovo “pivot” verso l’Europa, perché sono gli Usa, gli alleati europei e quelli asiatici che capiscono di dover lavorare insieme su questa emergenza, come se stesse nascendo una Nato globale, perché la minaccia russa è rilevante anche per Taiwan o il loro cortile di casa. È triste che sia servita una crisi così drammatica, perché gli ucraini stanno soffrendo enormemente, e Putin aveva già mostrato le sue intenzioni quando aveva attaccato la Georgia nel 2008 e la Crimea nel 2014.
Allora non erano state prese misure serie, e lui ha pensato che aggredendo l’Ucraina con una forza massiccia avrebbe prevalso.
Ha sbagliato, commettendo il più grande errore di giudizio che si sia visto in una generazione».
Come si ferma il suo disegno di rovesciare l’intero ordine mondiale basato sulle regole?
«Nell’immediato è improbabile che sia sconfitto in Ucraina, perché ha unvantaggio strategico preponderante, ma sul palcoscenico globale sta perdendo. Per la prima volta nella storia un’economia del G20 è stata forzatamente isolata dal G7: beni congelati, investimenti delle multinazionali scomparsi, fonti e forniture energetiche diversificate alla massima velocità umanamente possibile, la Nato che si allarga e passa da 40.000 uomini mobilitati per la sua forza di intervento rapido a 300.000, davanti ai confini della Russia. Da ogni punto di vista, economico, diplomatico, geostrategico, la Russia è un clamoroso perdente, mentre l’Occidente rivitalizza le istituzioni necessarie a fermar la».
Però Putin ha in mano il ricatto di energia e cibo.
«Sì, ma nel lungo termine non gli basterà.
Perché ha commesso l’errore di non diversificare, mentre il mondo va verso le fonti rinnovabili a causa della crisi del clima, che richiederà un Piano Marshall verde dove ci sarà progressivamente sempre meno domanda per i suoi prodotti. La Russia aveva un settore manifatturiero, in particolare nella difesa, dove era il secondo esportatore di armi dopo gli Usa. Per un po’ potrà ancora vendere petrolio, gas e cibo, ma ogni cosa che coinvolge la manifattura fallirà, perché non ha più semiconduttori e altre tecnologie essenziali. Sta perdendo talenti, con almeno 300.000 giovani russi dotati di grande capitale umano che sono andati via, e probabilmente non torneranno mai più. Quest’anno l’economia di Mosca si contrarrà tra il 10 e il 15%, e in futuro andrà sempre peggio.
Sarà un disastro come l’Iran. Putin ha commesso un errore che risulterà devastante per un’intera generazione di russi».
Cosa devono fare gli occidentali?
«Gli europei hanno capito di aver commesso un grande errore strategico, diventando così dipendenti dalla Russia.
Pensavano che la Guerra Fredda fosse finita e loro avevano un dividendo della pace da incassare, senza dover investire per mantenerlo. L’Ucraina è candidata alla Ue, e quindi la sua diventerà una questione permanente in Europa. Ora si tratta di capire se questa lezione verrà imparata anche dagli Usa e applicata globalmente, o no».
Servono nuove istituzioni?
«Ho parlato con molti leader asiatici, e sono convinti che si debba dare una risposta unitaria alla crisi ucraina, perché riguarda tutti: stato di diritto, sovranità, integrità territoriale, vanno difesi. Forse bisognerà creare una nuova architettura per la sicurezza globale, che coinvolgaNato, G7 e tutte le democrazie industriali avanzate del mondo».
La Cina però appoggia la Russia.
«Sono ottimista, ma anche realista: è una delle questioni che non si risolveranno nel breve periodo. La Cina non si fida degli Usa e dei loro alleati in maniera strategica.
Potrei indicarvi diverse cose da fare per rendere funzionale il rapporto, ma non accadranno».
Cina e Russia riusciranno a creare una coalizione di paesi emergenti ostile o alternativa a quella occidentale?
«Ci stanno provando, ma hanno seri problemi interni, e non credo che i paesi a cui si rivolgono accettino di essere costretti a fare una scelta di campo netta come all’epoca della Guerra Fredda. Basti guardare all’India, che è un Brics, ma fa parte del Quad e non ha aderito alla Via della Seta. Non sta emergendo un nuovo mondo bipolare, perché questi paesi vogliono restare liberi di lavorare con tutti».
Nel libro lei scrive che un grave motivo di crisi è la disfunzionalità del sistema politico Usa, e dopo le recenti sentenze della Corte Suprema il paese sembra ancora più spaccato sui “valori non negoziabili”.
«Purtroppo abbiamo imparato che una crisi come l’assalto al Congresso del 6 gennaio non è stata sufficiente a far agire gli americani e cambiare la dinamica. I repubblicani ancora si rifiutano di riconoscerla. Credo che dovrà arrivare una crisi ancora più grave, forse laincarneranno le presidenziali del 2024. Andiamo verso un clima di delegittimazione delle istituzioni e delle elezioni, e forse di maggiore violenza politica».
Il mondo sarà più pronto alla prossima pandemia?
«Anche il Covid non è stata una crisi abbastanza grande da convincerci della necessità di collaborare per affrontare queste minacce. È stata politicizzata, molti paesi sono andati per conto proprio, soprattutto su vaccini e lockdown. Serve un sistema globale per prepararci alla prossima».
Lo sviluppo della tecnologia è una minaccia?
«Offre enormi opportunità, ma anche minacce distruttive, dalle armi cyber al controllo degli esseri umani. Non abbiamo un sistema per la non proliferazione come per le armi nucleari, o un’organizzazione per la gestione dei dati, e vanno creati».
Quando Churchill diceva che non bisogna sprecare le crisi, si riferiva a Yalta. Servirà la Terza guerra mondiale per ristabilire un ordine globale basato sulle regole condivise e la collaborazione?
«Penso di no. Serviranno crisi non così piccole che nessuno verrà spinto ad agire, ma non così grandi da distruggere il sistema. Come nella favola diRiccioli d’oro ,l’umanità dovrà trovare il giusto mezzo, per rispondere in maniera corretta e creare un mondo più stabile».