Corriere della Sera, 28 settembre 2022
Assolto l’ex giudice Francesco Bellomo
Alla scuola di formazione giuridica avanzata «Diritto e Scienza» con sedi a Bari, Roma e Milano le regole sconfinavano in reati, per la Procura. Reati con allieve vessate, minacciate, controllate per ogni foto pubblicata sui social e perfino obbligate a rispettare il dress code del borsista, con gonne e tacchi per gli eventi mondani. Ma, come per i filoni precedenti, anche a Bergamo il giudice amministrativo del Consiglio di Stato Francesco Bellomo, che di quell’istituto è direttore, esce indenne dalle accuse, prosciolto «perché il fatto non sussiste» per tre capi d’imputazione su quattro (rispetto all’ultimo, gli atti vanno a Massa Carrara per competenza territoriale).
Di Bari, 52 anni, il giudice rispondeva di stalking e violenza privata. I fatti risalgono al periodo tra il 2014 e il 2017 e per l’episodio più datato, legato a una donna di Bergamo, ci sarebbe stata comunque prescrizione. È stato assolto, tra l’altro, anche il suo collaboratore e pm Davide Nalin. Nella tesi degli inquirenti, Bellomo avrebbe usato «l’artifizio» delle borse di studio offerte dalla società per agganciare le allieve spinte a sottoscrivere un «contratto-regolamento» che imponeva un codice di condotta preciso. «Obblighi e divieti del tutto estranei alle finalità di una scuola di formazione giuridica», è annotato nel capo d’imputazione. Le allieve, ad esempio, avevano «l’obbligo di fedeltà nei confronti del direttore», «il divieto di avviare o mantenere relazioni intime con soggetti che non raggiungessero un determinato punteggio attribuito secondo l’insindacabile giudizio dello stesso Bellomo» e «l’obbligo di attenersi al dress code suddiviso in “classico” per gli eventi burocratici, “intermedio” per corsi e convegni ed “estremo” per eventi mondani». Gli inquirenti parlano di «sistematiche condotte di sopraffazione, controllo, denigrazione ed intimidazione» nei confronti delle parti offese, con ognuna delle quali, nel tempo, il giudice aveva instaurato una relazione sentimentale.
La Procura aveva chiesto il rinvio a giudizio, il gup ha accolto invece le richieste degli avvocati Beniamino Migliucci e Gianluca D’Oria. «È la fine di un incubo», sintetizza il primo. Entrambi sono stati al fianco di Bellomo anche nei capitoli già chiusi a Piacenza e Milano, rispettivamente con un’assoluzione e un’archiviazione. Archiviato, a Roma, pure il fascicolo per minacce a calunnia contro l’ex premier Giuseppe Conte, legato al procedimento disciplinare in seguito al quale Bellomo è stato destituito (ha impugnato).
È dal 2017 che non fa più il giudice. «Insegno e scrivo libri – dice —. Non ho mai chiesto di andare scollate o con i tacchi a spillo. Per le feste chiedevo colori, tacchi normali e gonne. E poi il dress code era previsto anche per gli uomini». Sì, ma perché? «C’è una questione di promozione: devi piacere per creare consenso. E poi di didattica: per me il magistrato non deve riempirsi la testa di libri e chiudersi in una torre d’avorio, ma sviluppare capacità di ragionamento e neutralità».