La Stampa, 28 settembre 2022
La collezione di Dior ispirata a Caterina de’ Medici
È il giorno in cui devono parlare gli abiti, c’è la sfilata Dior nei giardini delle Tueleries, Maria Grazia Chiuri intreccia nella sua collezione memoria e contemporaneità, le mappe di Parigi trovate su un vecchio foulard e il discorso su estetica e potere. Ma non si può non chiederle della vittoria di Giorgia Meloni, anche perché tanti suoi colleghi sono stati molto chiari a riguardo. E lo è anche lei, ma a modo suo, spiegando che, al di la dei suoi valori inclusivi, delle battaglie sui diritti, quel che le viene da esternare è «lo stupore per il fatto che a sinistra non sia stata fatta crescere una donna con altrettanta forza».
E parlando di pink power ecco la donna che ha ispirato il lavoro della Chiuri per la prossima stagione primavera estate (2023): Caterina de’ Medici, forse la prima «influencer» della storia, arrivata alla corte di Francia nel 1533, geniale e spietata, nota per avvelenare i suoi avversari. È stata proprio lei a creare i giardini delle Tuileries dove si svolge la sfilata. «Una donna che affascina per l’intelligenza politica ma anche per le innovazioni che innesta nella moda di corte», spiega la stilista. Tra queste, l’introduzione nelle manifatture reali del merletto di Burano, ma anche «l’invenzione» dei tacchi e i bustier», stratagemma della regina per ovviare alla sua piccola statura e al suo giro vita troppo florido.
Il risultato di questo viaggio storico è una riflessione su moda e potere, su come gli abiti siano da sempre un modo per la rappresentazione di un ruolo. «Ho lavorato su come la moda sia uno strumento di potere», spiega la Chiuri. «Un concetto a me quasi estraneo visto da ragazza degli anni 70, ho sempre vissuto la moda come sinonimo di libertà». Potere e libertà? Una contraddizione? Certo. «Ed è forse per questo che la moda suscita sempre tanto interesse, viene attaccata e amata, rifiutata e cercata», spiega la stilista. E in questa contraddizione si innesta una riflessione su come il potere femminile sia vissuto in chiave comunitaria a differenza di quello maschile concepito come una espressione personalistica. Ma anche su come la forza delle donne sia sempre stata quella di trovare strade per ribellarsi alle vite imposte. Una digressione per fare entrare «in scena» l’artista Eva Jospin, che ha costruito una grotta barocca al centro della sala, come simbolo della magia femminile, della loro resilienza. Un antro da cui passano le modelle con abiti che ricordano lo sfarzo della corte di Caterina. La guêpière, a volte nascosta, a volte evidente, costruisce una silhouette insieme alle ampie gonne, gonfiate dalla crinolina o da un gioco di pieghe. I cappotti in rafia sono incrostati di fiori e uccelli. Gli abiti riportano in bianco e nero riportano la mappa di Parigi o i fiori e le piante dei giardini di Versailles, ma anche del Luxembourg o delle Tuileries. Con Maria Grazia Chiuri la rievocazione ha sempre una forza originale, dove i rimandi sono solo uno stratagemma e il risultato non è solo contemporaneo ma anche metropolitano, uno stile più che una moda. Perché è la città con la sua forza propulsiva a dare velocità alle donne nella loro corsa verso la parità e la conquista del potere.
In fondo anche Maria Grazia Chiuri è una regina (della moda) alla corte di Francia, da sei anni alla direzione creativa di una delle maison più rappresentative del Paese, con grandissimo successo di critica e di business. Anche se lei non si sente una donna di potere, sottolineando come ci sia ancora molta strada da fare anche nel mondo della moda perché si colmi il «power gap».