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 2022  settembre 28 Mercoledì calendario

Intervista a Roberto Castelli

«Il sogno di Matteo Salvini di fare il premier finisce qui. Paga la sua incoerenza, non è più credibile». Roberto Castelli, storico dirigente della Lega, attacca il segretario: «Ha ribaltato e smantellato il partito – dice – ma gli è andata male. Si è rivelato un leader usa e getta».
Come giudica il risultato elettorale della Lega?
«Segna la fine del sogno di Salvini di fare il premier».
Era questo lo scopo?
«Ha trasformato un partito autonomista e federalista in un partito nazionale per arrivare a palazzo Chigi. Con queste elezioni il tentativo è archiviato. Il nome Lega-Salvini premier è ormai demodé».
Tornare alla Lega senza Salvini?
«Per noi vecchi leghisti sì. Un partito territoriale che difende la questione settentrionale. Salvini l’ha ribaltata ed è andata male. A Pontida si era già capito come finiva. . .».
Cioè?
«A Pontida i simboli contano enormemente. Il palco era blu, con tutti gli uomini di Salvini vestiti di blu e la scritta "Prima l’Italia". Ma il prato, dove stavano i veri militanti, era pieno di camicie verdi, vecchie bandiere della Lega e della Lombardia. Quando Zaia è salito sul palco ha fatto srotolare un enorme stendardo con il leone di San Marco: il simbolo dell’identità veneta, un segnale preciso e potentissimo».
Però anche nelle regioni governate dalla Lega avete preso una batosta.
«È vero, Meloni ha fatto man bassa, ma le elezioni amministrative sono diverse dalle politiche. Non lo prenderei come un segnale che Fedriga, Fontana e Zaia non hanno più appeal. I governatori sono il nostro patrimonio».
Largo a Zaia, quindi?
«È uno dei papabili. Con gli altri governatori è uno dei difensori della linea che auspico».
Che effetto le fa Umberto Bossi che resta fuori dal Parlamento?
«Tristissimo, non se lo meritava. Sono stato il primo a proporlo senatore a vita. Lo meriterebbe come uomo e come politico, è stato uno dei protagonisti dell’Italia degli ultimi 40 anni».
Maroni chiede un nuovo segretario, lei dice che la Lega di Salvini è finita. Ora che succede?
«Ci sono due opzioni: Salvini fa una profondissima seduta di autocoscienza e convoca un congresso oppure nasce un nuovo soggetto che tiene accesa la fiammella dell’autonomia».
Salvini dice che la proporrà al primo Consiglio dei ministri.
«Che fa, si scatena ora sull’autonomia? Sarebbe una conversione sulla via di Damasco, ma non è più credibile».
Giorgia Meloni nei comizi al Nord ha promesso l’autonomia. Vi fidate?
«Lei e il suo partito sono centralisti. Ho il terrore che diano qualche contentino, come la caccia o la difesa dei parchi, e dicano "ecco, accontentatevi"» .
Che idea ha della leader di FdI?
«È stata paziente, abile e coerente. Ha preparato bene la strada con un cammino lungo. L’elettore non è stupido, capisce se persegui una strategia o salti da una posizione all’altra».
Parla di Salvini?
«Paga molto la sua incoerenza. Si colloca nell’era della politica italiana dei leader usa e getta».
Spieghi.
«Il popolo s’innamora di un leader – Grillo, Renzi, Salvini. Poi, davanti all’incapacità del leader e ad altri limiti naturali, lo butta via. Salvini fa il leader solo al comando, il partito gli dà fastidio: cerca di smantellare la Lega, commissaria tutto, le sedi chiudono. Il rovescio è che quando il popolo si disinnamora e dietro non hai un partito, a differenza per esempio del Pd che è ancora radicato sul territorio, tu resti solo e crolli».
Cadrà a breve, quindi?
«Non a brevissimo. Si arroccherà nel fortino, ma se continuerà con questo partito centralista allora nascerà qualcosa di nuovo. Magari sarà un partitino, ma almeno si attraversa il deserto e si riparte dalla questione settentrionale».