Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2022  settembre 27 Martedì calendario

"CONFESSO DI ESSERE SORPRESO DALLA PERENTORIETÀ CON CUI FRANCESCO MERLO ACCUSA GIORGIA MELONI DI ESSERE PROFONDAMENTE “ILLIBERALE”. DESTRA, SINISTRA? FASCISMO, ANTIFASCISMO? BAGGIANATE QUANDO AFFRONTI I PROBLEMI REALI. ILLIBERALE O MENO, È CON QUESTO CHE DOVRÀ FARE I CONTI IL PROSSIMO GOVERNO, SEMPRE CHE IN QUESTA MELMA RIESCA A DURARE PIÙ DI UN PAIO DI STAGIONI..."

Caro Dago, ti confesso che per tutta la durata della campana elettorale mai un momento ho provato un’emozione pari a un centesimo di quella che ho provato vedendo Federer e Nadal che si tenevano la mano e piangevano. Naturalmente ho votato per Calenda/Renzi e che altro potevo fare?, ma - a differenza del mio amico Francesco Merlo - mai un attimo ho sentito che fosse in gioco chissà che del nostro futuro imminente venturo, pur dopo la vittoria di Giorgia Meloni.

E siccome, a differenza di quegli “artisti” semianalfabeti (mi piacerebbe entrare nelle loro case e vedere quali libri stanno nelle loro biblioteche) che stanno declamando qua e là le loro angosce antifasciste, tengo in gran conto i giudizi di Merlo, confesso di essere un po’ sorpreso dalla perentorietà con cui lui accusa la Giorgia Meloni di essere così profondamente “illiberale”. L’ho avuta di fronte non so quante volte e da quando aveva più o meno vent’anni, non mi pareva che quei tratti la marchiassero se non altro generazionalmente.

Perché questo è il punto decisivo confermato da tutto ciò che è accaduto in campagna elettorale. Che quella storia che per molti di noi è stata a lungo sacra, la storia cui appartiene in modo cruciale l’avversatività tra la destra e la sinistra, è una storia morta e sepolta. Era la storia di quando quelli di sinistra tuonavano dalle pagine dell’Unità, di Rinascita, dei Quaderni piacentini, e non come adesso che vanno a fare i loro predicozzi su Tik-tok.

Era la storia di quando in campagna elettorale si facevano sentire tipini come Giovanni Spadolini, Alfredo Reichlin, Claudio Martelli, Antonio Cirino Pomicino, Gianni De Michelis, Pietro Ingrao, Aldo Moro e potrei continuare a lungo, non adesso che (sia detto con rispetto della persona) la Santanché sommerge elettoralmente un avversario che si chiama Carlo Cottarelli, uno dei pochi che sa quello di cui sta parlando quando parla dell’Italia di oggi.

Tutto quello di cui dicevo è morto e sepolto, non è più il tempo in cui vale la pena citare Antonio Gramsci e bensì il tempo in cui fa storia se non leggenda una qualche sortita della (a mio giudizio geniale) Ferragni.

Detto in parole povere. Siamo entrati da tempo nel terzo millennio e ci siamo entrati zoppicando alla grande, incapaci di legge quel che è divenuta la società post industriale, quando la “sinistra” è rappresentata da un astuto avvocato che gira il meridione promettendo reddito di cittadinanza a palate.

Destra, sinistra? Fascismo, antifascismo? Baggianate quando vai al sodo e affronti i problemi reali. Di sicuro c’è solo che quanto a indizi che caratterizzano una società moderna, quelli che riguardano l’Italia sono fra i peggiori d’Europa sia quanto a libri letti sia quanto a milioni di euro evasi fiscalmente. Illiberale o meno, è con questo che dovrà fare i conti il prossimo governo. Compiti che non augurerei al mio peggiore nemico, e sempre che in questa melma che è divenuto il nostri sistema politico riesca a durare più di un paio di stagioni. Tutto qui.