Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2022  settembre 24 Sabato calendario

Le fatiche del Padrino

I libri di cinema si dividono in due categorie, quelli che parlano di film del presente e quelli che ricapitolano il passato. La seconda categoria parrebbe la più semplice, perché sui film pregressi il giudizio storico s’è ormai assestato, e perché gli altri libri usciti sull’argomento possono aiutare. In realtà è più difficile dire qualcosa di sensato e d’incisivo su un argomento già noto che su un tema ancora vergine. Prendiamo ’ A pistola lasciala, pigliami i cannoli, dedicato al Padrino. Sul film di Francis Ford Coppola sono stati pubblicati centinaia di libri, di saggi, di articoli, ma per scriverci sopra un altro volume che possa definirsi serio è necessario trovarli e leggerli tutti, e scovare i sopravvissuti recuperabili (qui ci sono 55 interviste inedite). La mitologia del Padrino è piuttosto nota: gli scontri fra il regista Coppola e il produttore Bob Evans, le ingerenze della vera mafia italoamericana, la prodigiosa trasformazione di Brando in don Vito Corleone grazie a due kleenex in bocca e al lucido da scarpe sui capelli... Perciò il libro di Mark Seal, appena pubblicato in Italia da Jimenez Edizioni, non contiene grandi rivelazioni. Il suo pregio sta nell’enorme accumulo di dati e aneddoti, a creare la più ampia e dettagliata ricostruzione sul Padrino, il film che salvò la Paramount dal disastro, Marlon Brando dalla decadenza e Francis Ford Coppola dalla miseria. A cinquant’anni dalla prima mondiale (14 marzo 1972), l’epopea di don Vito Corleone viene rievocata partendo dal romanzo di Mario Puzo, passando per sfibranti selezioni di casting e riprese piene di contrasti, fino ad arrivare a un successo planetario che meravigliò prima di tutti il regista. I produttori avevano messo subito i bastoni fra le ruote di Coppola, contestandogli la scelta di Marlon Brando e Al Pacino (nei ruoli di don Vito e di suo figlio Michael si rischiò di avere Ernest Borgnine e Robert Redford!), la decisione di mantenere l’ambientazione newyorkese anni Quaranta, lo stile cupo del direttore della fotografia Gordon Willis, perfino le musiche di Nino Rota, vale a dire tutti gli ingredienti che fanno del Padrino uno dei capolavori cinematografici più grandi ( e, cosa non frequente, anche più popolari) di tutti i tempi.
Nel libro ciò che risalta non sono tanto le dettagliate intromissioni della mafia ( che cercò di boicottare il film sotto il mantello dell’Italian American Civil Rights League, e anche di parteciparvi in varie forme), ma la volontà d’acciaio di Coppola, impegnato a mantenere il controllo artistico su una pellicola che i tirapiedi della Paramount cercarono fino alla fine di sfilargli di mano ( per il regista fu il periodo più infelice della sua vita, e un set anche più demoralizzante di quello di Apocalypse Now: «Sono state entrambe produzioni da incubo. Ma forse Il Padrino di più, perchéin verità non avevo alcun potere»).
E poi ci sono i momenti di grazia: gli scherzi di Marlon Brando ( che accettò di concorrere al titolo di Campione delle Potenti Chiappe – e vinse – calandosi i calzoni davanti a tutta la troupe durante le riprese del matrimonio iniziale), e le improvvisazioni che si sono fatte largo all’interno di una sceneggiatura peraltro studiatissima: la battuta che dà il titolo al libro, quella che Richard Castellano completò per sottolineare il ritorno in famiglia dopo l’omicidio di Paulie; l’esplosione di violenza di James Caan contro Gianni Russo ( quello che interpreta il cognato che malmena Talia Shire), durante la quale gli ruppe per davvero due costole; e l’aria tesa di Al Pacino, inviso agli executives della produzione e terrorizzato di venire licenziato da un momento all’altro.
Va anche detto che il libro non è esente da difetti. Alcuni virgolettati non erano indispensabili. I particolari biografici sui molti protagonisti del libro la tirano un po’ in lungo prima di entrare nel vivo. Soprattutto, Mark Seal scrive nello stile tipico del giornalista americano, privo di mezze misure, con un racconto denso di connotazioni belliche ( «guerra», «battaglia», «bomba» ), gente che rimane «sbalordita» ovvero «senza parole», che quando lavora lo fa «freneticamente», per un risultato che può essere «tremendo» o, all’opposto, «perfetto». E ci sarebbe stata bene un’appendice dedicata ai due seguiti del film, evocati giusto da un paio di accenni. Ma la ricostruzione è completa, molti materiali sono inediti e di prima mano: per gli ammiratori di Coppola e del Padrino il volume di Seal è davvero «un’offerta che non si può rifiutare».