Corriere della Sera, 27 settembre 2022
Una serie Netflix su Rocco Siffredi
«Rocco Siffredi è come Marilyn Monroe, ha da un lato un elemento di conservazione e dall’altro qualcosa di eccedente», dice Francesca Manieri, che ha ideato e scritto la sceneggiatura di Supersex, la storia di Rocco Siffredi, o meglio di come è diventato il re del porno, e di un contesto sociale che riguarda tutti noi. Avevano paura sia lui che lei. «Ma la serie non ha paura, è coraggiosa. C’è un’enorme possibilità di raccontare il maschile».
Quel maschile lì. Di uno abituato a denudarsi in pubblico, a maneggiare e dominare il proprio corpo, a offrirsi senza limiti. Ha messo a nudo l’anima e si è sentito intimorito: «La nostra è una storia intima che ha accolto con stupore. Ho trovato una generosità che viene dalla dimestichezza con cui si espone. Non volevo fare una storia sul porno ma su ciò che il porno rappresenta». Con Alessandro Borghi («lavora sul corpo e conosce Rocco»), sono sette puntate su Netflix nel 2023.Set tra Roma e Parigi.
Francesca Manieri è una donna colta di, 43 anni, è laureata in Filosofia, è femminista, parla di mr 24 centimetri e cita Hegel. È interessante capire la prospettiva di una donna «militante» rispetto a un uomo che forse ama le donne, o forse no. Chi è Rocco? «Un ragazzo sentimentale che sognava di lasciare l’Abruzzo e ha pagato un prezzo umano alto, conciliando con fatica l’arcaico della provincia e l’incontro con le città e si domanda: “Potrò amare ed essere amato?”»
La strana «coppia». Quando lo spirito incontra la carne. Ha incontrato Rocco? «Sì, mi mandava messaggi con ricordi, aneddoti. Ho letto la sua autobiografia, ho visto materiale filmico. È un racconto di formazione perché si deve raccontare come si costruisce il maschile per decostruirlo».
Francesca è partita da un’immagine che aveva visto di Rocco solo in uno stand pornografico che maneggia il calco del suo fallo, cade e lui si inchina in modo goffo a prenderlo. Lei, la scrittrice filosofa, vede in quell’immagine «la mercificazione della carne, la crisi fallica dell’Occidente. Quella di Rocco è una parabola contemporanea. Ma in quell’immagine c’era anche un personaggio, una crisi, un cuore caldo perché va bene la filosofia, ma poi raccontiamo una storia avvincente, tormentata, un viaggio maschile come C’era una volta in America, ma visto da una donna». Col suo grande membro, «oggetto di merchandising, ha contribuito alla trasformazione di un’epoca», avvolta dal Me Too, dalla consapevolezza, dalle ipocrisie del politically correct. «La rivoluzione sessuale di Rocco doveva portare a una maggiore libertà e invece ha finito per soffocarla, rimpicciolirla. È la storia di un pornostar attraverso le sue varie età che si fanno crisi esistenziale». Il nudo?«Essendo al centro la sessualità… Ma i nudi sono in relazione con i sentimenti, snodi narrativi».
Supersex è la rivista «sconcia» che il 13 enne Rocco trovava su una strada statale, gettata dai camionisti. «Parto dallo stigma sulla masturbazione, che in religione era la pastorale del confessionale, lo Stato la normava in termini negativi. Poi è diventata formazione digitale sessuale, è il cambio di un’epoca, un’idea di controllo delle masse, di potere».
Nella serie c’è Moana Pozzi.«Le donne hanno una funzione narrante e di coro, Jasmine Trinca ha invece il ruolo dell’archetipo femminile con cui Rocco si confronta».
Francesca, ma quale taglio ha scelto? «La crisi del rapporto tra maschile e femminile, lo iato tra sessualità e affettività che ci riguarda tutti. Da bambino cerca lo sguardo femminile, non lo trova, e avrà sempre la pretesa di saper guardare le donne, tiene il contatto visivo con loro, poi capisce l’ambiguità e la violenza e solo alla fine ha la capacità di accogliere il punto di vista della donna su di sé. È una possibilità di liberazione. Ci mette 7 puntate e 350 minuti per dire ti amo».
Rocco ama le donne? «Il problema non è se ama le donne, il problema è cosa noi chiamiamo amore». Ha detto per tre volte che smetteva, ed è ancora lì. «È il suo demone, è un personaggio tragico, è abitato dalla necessità di farlo, è una cosa scritta nella sua carne. Marilyn poteva smettere di essere Marilyn?».