Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2022  settembre 27 Martedì calendario

Sergio Castellitto nei panni di Boccaccio. Intervista

Sergio Castellitto e Pupi Avati hanno trovato una sintonia magica per raccontare Dante attraverso la ricerca del suo biografo, Boccaccio, nel film in sala il 29 settembre con 01 Distribution.
Castellitto, com’è nato l’incontro?
«Mi ha chiamato un’estate Pupi, sapevo del suo sogno ventennale. La sceneggiatura era scritta benissimo. Rispetto al Dante classico con la corona d’alloro, ci ho trovato un uomo esiliato, povero, rifiutato da suo padre, che ha dovuto rinunciare al proprio amore. Aprire i cassetti più segreti della storia, riportare una figura eccezionale, il Sommo poeta, l’inventore della lingua italiana dentro una quotidiana esistenza piena di fatiche è una cosa formidabile. Ed è interessante che a raccontarlo sia un altro gigante, che ha salvato le opere di Dante. Boccaccio si mette in relazione a quest’altro maestro compiendo un gesto straordinario di sottomissione artistica. Pensiamo all’umiltà come sentimento fragile, è invece di grande autorevolezza riconoscere la grandezza di qualcuno».
Il film è fatto di sangue, malattia, dolore, sporcizia.
«È un film che odora. Il poeta è un operaio dell’anima, non un intellettuale. Paga per primo su sé stesso il verso che riesce a esprimere. Il primo sudore lo gronda lui. Per questo i poeti sono gli unici che ci possono salvare più della letteratura. Boccaccio compie questo viaggio di una fatica fisica bestiale, con la scabbia che non lo fa dormire. Quando sei fisicamente stanco, il pensiero è più libero».
Dante, come D’Annunzio che lei ha interpretato, hanno pagato per
il loro impegno politico.
«Essendo o no conniventi, idolatrati o rimossi. Pensiamo poi alla generazione dei poeti russi, di cui oggi sembra vietato parlare, Esenin, Majakovskij, cosa hanno scritto, come hanno vissuto. Dico ai miei figli: leggete una poesia, anche sul telefonino… è una ginnastica mentale straordinaria».
Lei ha abbandonato la regia?
«Ho fatto sempre film scritti da Margaret Mazzantini, non so se riuscirei a lavorare con altri. Il fatto che mio figlio Pietro abbia iniziato a farlo in modo così entusiasmante ha contribuito. Sono entrato in untempo della vita in cui voglio fare le cose per piacere, senza nessuno sgomitamento interiore».
Come ha reagito lei al clamore sull’accostamento di Pietro tra Vietnam e Roma Nord?
«Ne abbiamo riso, come pure della limitatezza intellettuale di chi ha fatto quelle osservazioni. È come se tu negassi a un artista il diritto di compiere una metafora. Se io abitassi in una periferia desolata potrei dire che è come il Vietnam, ai Parioli no: ma c’è anche un Vietnam della mente, della condizione umana: ai Parioli sono cresciuti i massacratori del Circeo. Quello è unVietnam culturale e umano, nella coscienza delle persone. Pietro dice sempre ciò che pensa».
Anche lei non si trattiene.
«Sono un uomo libero, non ho avuto nulla da alcuna parte politica o salotto d’influenza. Rivendico il diritto di dire ciò che penso. Faccio un esempio: io sono per l’adozione da parte delle coppie omosessuali, perché conosco coppie omosessuali che sono genitori straordinari e conosco coppie eterosessuali alle quali bisognerebbe togliere i figli. Ma penso che il problema dell’immigrazione sia serissimo da gestire e controllare senza dover far morire le persone su i barconi. Questo è legittimo. Come è legittima la paura di una donna che torna la sera a casa. Possiamo avere un’idea personale sulle cose senza doverci sentire arruolati da questa oquell’ideologia».
La scoperta del talento di Pietro?
«Prima di leggere il copione diI predatori temevo che non mi piacesse, sono rimasto senza parole per la qualità della scrittura. Il talento Pietro ce l’ha avuto da sempre, da bambino, quando strisciava sul pavimento mordendo le caviglie alle signore alle feste…».
Lei avrebbe voluto recitare in “I predatori”…
«Scherzavo. Ora inizia il secondo film. Questa estate mi ha telefonato alle due di notte: “Papà, sei libero a ottobre? Lo vogliamo fare questo film insieme?”, “Mi libero”, Su Imdb sono accreditato per 99 film, il centesimo sarà con lui».