la Repubblica, 27 settembre 2022
Il centrodestra primo in 98 province su 105
Le elezioni che si sono appena svolte marcano una “frattura” con il passato, non solo recente, della politica in Italia. Perché aprono una “nuova storia”. Segnata dal successo dei Fratelli d’Italia, guidati da Giorgia Meloni, che orienteranno gli equilibri politici nel prossimo futuro. Questo voto, infatti, ha ri-disegnato in modo significativo la geografia politica italiana. Ne ha ri-definito i con-fini (finis significa confine). Come emerge dalle Mappe delineate dall’Osservatorio elettorale di LaPolis (Univ. di Urbino), che suggeriscono un diverso rapporto fra politica e territorio. È sufficiente comparare i risultati elettorali di queste elezioni con le precedenti, del 2018. Se facciamo riferimento alle coalizioni, oggi l’Italia ha un colore dominante. Il Blu del Centro- Destra, accentuato a Destra dai FdI. In questo scenario cromatico emergono alcune macchie di colore diverso. Il Rosso pallido del centro-sinistra, in alcune (4) province del Centro Nord. Il Giallo del M5S, in 3 province del Mezzogiorno. Questa Mappa cromatica, però, cambia sensibilmente, se consideriamo non la “coalizione”, ma il “partito” più votato. Allora, il giallo si allarga sensibilmente, nel Mezzogiorno. L’area dove è maggiormente diffuso il reddito di cittadinanza, promosso e sostenuto dal M5S. Mentre lo spazio Rosso, meglio: Rosa, del Centro-Sinistra, rimane circoscritto nel Centro. La zona un tempo definita “Rossa”, perché caratterizzata da una storica e radicata presenza dei partiti (e del voto) di Sinistra.
Il territorio, infatti, ha, da sempre, garantito stabilità ai soggetti politici. Ai partiti. Basti pensare come, nel dopoguerra, l’Italia abbia di-mostrato grande continuità, sotto questo profilo. Fra il 1954 e il 2008, nei tre quarti delle province si è votato secondo uno schema ricorrente, caratterizzato dalla “frattura anticomunista”. Il politologo Giorgio Galli parlò, al proposito, di “bipartitismo imperfetto”. Per sottolineare la divisione fra Dc e Pci, i due partiti dominanti. Ma senza possibilità di alternanza, perché il Pci non poteva governare, per il suo legame con l’Unione Sovietica. Un’ombra che incombe ancora... Nella Prima Repubblica, “crollata” tra la fine degli anni ‘80 e i primi anni ‘90, insieme al muro di Berlino e a Tangentopoli, le distinzioni territoriali apparivano chiare e durature. Come quelle politiche. Nel Nord Est e, in parte,nella provincia lombarda, prevaleva la Dc. Per questo veniva definita “zona bianca”. Le regioni centrali, dove era più forte il Pci, invece, erano riassunte come “zona rossa”. Caratterizzata da una larga presenza di associazioni di sinistra. Il Mezzogiorno, infine, non aveva un colore preciso, perché era politicamente condizionato da chi era al governo. E garantiva risorse (non solo) finanziarie. Questa geografia si è riprodotta quando altre forze politiche hanno imposto i loro colori. La Lega Nord e, prima, “le Leghe” territoriali, dagli anni ‘80 fino 2010, hanno “occupato” le “zone bianche” del Lombardo- Veneto e le hanno fatto divenire “verdi”. Mentre nell’ultimo decennio Matteo Salvini ha orientato la Lega in una prospettiva Nazionale. E di Destra. Sull’esempio delFront National , guidato dall’amica Marine Le Pen. Quanto a Silvio Berlusconi, fin dagli anni ‘90, ha riproposto la frattura anti-comunista, canalizzando i consensi in precedenza attratti dalla Dc e dai suoi alleati. Non solo a Nord.
Nell’ultimo decennio, infine, il M5S ha accentuato la frattura anti- politica, diffusa nel Paese. E ha orientato la distribuzione di risorse verso le componenti sociali più fragili, attraverso il “reddito di cittadinanza”. Così, ha intercettato ampi consensi soprattutto nel Mezzogiorno.
Questa geografia politica, per alcuni versi, si ripropone nelle elezioni recenti. Il M5S, in particolare, per quanto non riesca a ottenere il risultato “eccezionale” del 2018, conferma la sua forza nel Mezzogiorno, insistendo sul reddito di cittadinanza. Mentre il Pd e la Sinistra r-esistono in alcune province della “zona rossa”. Senza riuscire ad allargarsi.
Il Centro-Destra, infine, colora di “azzurro” gran parte del Paese. Anche se prevale il “blu”. Come la bandiera dei FdI, intorno alla Fiamma Tricolore, agitata da Giorgia Meloni. Che intercetta, in parte, l’insoddisfazione del Nord, interpretata, in precedenza, dalla Lega.
Questo voto, dunque, riproduce il profilo storico dell’Italia. Ma ne colora diversamente la Mappa geopolitica. Com’è avvenuto, di frequente, negli ultimi vent’anni.
Per questo, è ragionevole attendersi altri cambiamenti, in un futuro non troppo lontano. Perché oggi, più dei partiti, contano le persone. I leader, che comunicano attraverso i media e il digitale. Difficile che possano mettere radici, tracciare confini e mappe a colori sul territorio.