la Repubblica, 26 settembre 2022
Buttafuoco in lode di Giorgia Meloni
«È la generazione Tolkien che entra a Palazzo Chigi. È la rivincita di Coccia di Morto su Capalbio. È la ex babysitter che ce l’ha fatta, alla faccia di tutte le signorine della Roma bene. Giorgia trionfa non perché di destra o perché è capo di una comunità politica, ma perché è diventata terminale di un’aspettativa collettiva. Nei suoi confronti è maturata un’attesa da parte di tutti gli italiani estranei ai sistemi di potere, che in lei in un certo senso si sono immedesimati». Giorgia Meloni secondo Pietrangelo Buttafuoco, che della leader vincitrice di queste politiche è amico personale, oltre che intellettuale di riferimento. Uno dei pochi sui quali a conti fatti quell’area politica può contare.
Ci fa capire chi è realmente la donna che ha vinto queste elezioni e che ha portato il suo partito dal 4 al 25 per cento?
«È una donna che ha una storia di sinistra».
Provoca?
«Ma no. La sua è la storia di una ragazza che ha vissuto fin dall’adolescenza l’esperienza del riscatto da un’infanzia assai difficile.
E quel riscatto è passato dalla politica della militanza, dal basso. Con il grande svantaggio di stare dalla parte del torto. Nella politica ha cercato un senso, facendola con entusiasmo, con la dialettica e mai attraverso lo scontro con gli avversari. Nella Roma patria delle signorine di buona famiglia, dei licei del centro, lei l’ha spuntata provenendo dagli antipodi».
Questa storia dell’infanzia difficile, pur vera, sa tanto di cliché della propaganda, di narrazione autobiografica.
«Invece è tutto vero. Giorgia cresce in una famiglia monogenitoriale, salda un’alleanza di ferro con la madre e la sorella. Fa la babysitter a casa Fiorello».
Non penserà che il vissuto difficile possa motivare da solo il successo politico?
«No. Ma l’errore di fondo che ha commesso la sinistra, e una certa intellighenzia, è quello di averla ridicolizzata: non potendola criminalizzare, come avvenuto con Berlusconi o Salvini, hanno tentato di farne una caricatura. Più che un errore, si è rivelato un suicidio politico: ha spinto un italiano su quattro a immedesimarsi in questa donna che la sinistra e il suo mondo hanno spinto in un angolo. Più lo hanno fatto, più i consensi di FdI sono cresciuti».
Cos’è che non si sa di lei invece?
«Ad esempio che studia tanto. È una secchiona. Che prepara ogni intervento, ogni provvedimento da adottare, prima di qualsiasi decisioneimportante da prendere. È una donna curiosissima. Ha una infinità di quaderni in cui annota tutto, scrive scalette, traccia schemi. Infine conserva e archivia. Che poi è un’antica regola del teatro. Non esiste l’improvvisazione. Il copione è sempre ben collaudato».
A premiarla sarebbe stata la coerenza, dicono. Con una certa tradizione di destra, verrebbe da dire. È così?
«Io molte delle sue scelte non le ho capite, in prima battuta. E gli el’ho anche detto. Poi ho dovuto darle ragione».
Per esempio?
«Quando le venne prospettato da Draghi l’ingresso al governo di tutti,in molti, e anche io, le abbiamo consigliato di accettare. Per chiudere così anche la storia del Novecento.
Lei era l’unica convinta del contrario, della necessità di restare fuori. Non ero d’accordo. Aveva ragione lei. E il risultato di oggi è figlio anche di quella scelta».
FdI però non è solo Giorgia Meloni. E il partito non è solo conservatorismo europeo. C’è un pezzo della destra post fascista che milita tra le sue fila e che non ha fatto i conti con la storia.
«Lei non è erede del Msi.
L’abbandono della casa del “padre” era avvenuto già a Fiuggi. Giorgia non viene dal Fronte ma da “Azione giovani”. Dio, patria e famiglia è l’ideale mazziniano, prima ancora che mussoliniano. La sua è la generazione Tolkien, non l’Italia post o neofascista che rispunta dalle “fogne”».
Sarà. Ma la Fiamma campeggia ancora.
«Quella Fiamma è la stessa che Dino Ferrari volle nella bara e nella quale si è riconosciuto Paolo Borsellino, è la Fiamma di Walter Chiari.
Riaccendere oggi l’istinto fratricida non fa che spingerci nell’eterna guerra civile».
Meloni incarna però il prototipo della donna forte al comando.
«Crede in lei tutto quel mondo che è convinto che l’illuminismo e il laicismo è fallito, che la democrazia moderna vive il suo momento di crisi. Lei si afferma perché forte, certo, ma la sua autorevolezza deriva dalla chiarezza».
È un’autorevolezza, come la chiama lei, che in Europa già temono .
«Giorgia è consapevole del fatto che potrà ritrovarsi sola. Ma è altrettanto certa che la spunterà, come ha fatto da ragazza dopo la sua infanzia difficile. L’unica cosa che conta è che una giovane signora a capo della destra sia riuscita in quello che la sinistra non ha mai saputo fare: farsi guidare da una donna».