Il Messaggero, 25 settembre 2022
Sulla mostra fotografica «Ron Galella, paparazzo superstar. Il fotografo delle stelle»
«Segui quella donna!, ho detto al tassista. Quando l’abbiamo raggiunta tra l’Ottantanovesima e la Novantesima strada, ho fatto due scatti di lei che camminava. Improvvisamente e senza chiederlo, il tassista ha suonato il clacson. Jackie si è girata e ho scattato per la terza volta». Ha il sapore di una caccia - d’altronde, definiva preda i suoi soggetti - il racconto che Ron Galella, celebrato come il più famoso paparazzo della storia della fotografia, fa del ritratto rubato a Jackie Kennedy, Windblown Jackie, la sua Monnalisa, come lui stesso lo definiva. Era il 7 ottobre del 1971, «tardo pomeriggio, verso le quattro e mezza, il cielo era azzurro, c’era una leggera brezza».Ed è proprio per quello scatto - qualche anno fa indicato dal Time come «una delle cento immagini più influenti della storia della fotografia» - che si aprirà il 7 ottobre Ron Galella, paparazzo superstar, prima retrospettiva al mondo sul fotografo statunitense di origini italiane, che, organizzata da Sime Books con Città di Conegliano e curata da Alberto Damian, sarà fino al 29 gennaio a Palazzo Sarcinelli a Conegliano, in provincia di Treviso. Sono oltre centottanta le immagini che compongono l’iter, prendendo le mosse da una selezione effettuata dal fotografo, scomparso il 30 aprile scorso a 91 anni, per il suo ultimo libro 100 Iconic Photographs A Retrospective by Ron Galella, la cui edizione italiana sarà presentata in mostra.IL SERVIZIO MILITAREClasse 1931, Galella si appassionò alla fotografia durante il servizio militare, nella guerra di Corea, poi puntò il suo obiettivo verso il mondo dei famosi. «Cominciò a fare foto quando era aviere - dice il curatore, anche agente e gallerista di Galella per l’Italia - ma la passione per le celebrità risale ad anni prima, quando la madre lo portava al cinema». In oltre cinquant’anni di carriera, ha scattato milioni di foto - «oltre tre milioni e mezzo», specifica Damian - a volti noti di cinema, televisione, musica, arte, anche modelle e atleti, nonché politici e uomini d’affari, da John Lennon e Mick Jagger a Madonna e Michael Jackson, da Robert Redford e Paul Newman a Steve McQueen, Paul McCartney e altri. Senza dimenticare, dato il legame con l’Italia - il padre era di Muro Lucano in Basilicata, di cui poi Galella è diventato cittadino onorario - nomi come Sophia Loren, Gianni Agnelli, Luciano Pavarotti, Vittorio Gassman.GLI INCIDENTILe storie delle sue cacce appunto, hanno spesso donato ulteriore fascino alle immagini. Per la foto giusta, infatti, Galella non esitava a correre rischi. Marlon Brando, con un pugno, gli ruppe la mascella, gli fece perdere cinque denti e fu costretto a risarcirlo. Questo non fermò Galella, che senza paura, ma indossando un casco da football americano, continuò a seguirlo, diventando lui stesso oggetto di scatti di altri paparazzi. Le guardie del corpo di Richard Burton lo picchiarono, facendogli cadere un dente. Brigitte Bardot, immortalata mentre faceva il bagno a Saint-Tropez, tentò quasi di affogarlo. Sean Penn gli sputò contro, Jagger gli mostrò il dito medio ben alzato. E la stessa Jackie Kennedy, stanca dei pedinamenti, lo portò in tribunale due volte: gli fu intimato di stare ad almeno quindici metri da lei.IL METODOOgni scatto era inseguito, battagliato, conquistato. E, dunque, spontaneo, senza pose. Vero. «Una buona foto deve ritrarre una persona famosa, mentre fa qualcosa di non famoso - disse di lui Andy Warhol - Il suo essere nel posto giusto al momento sbagliato. Ecco perché il mio fotografo preferito è Ron Galella». Nulla di casuale. Le sue foto erano frutto di un metodo studiato ad arte e affinato sul campo. «Al suo approccio da paparazzo, Galella ha dedicato un libro, sintetizzando il modo di lavorare in alcune regole - prosegue Damian - la prima è che bisogna sempre ricordarsi che chiunque, domani, potrebbe diventare famoso, quindi quando si scatta bisogna annotare i nomi di tutti i ritratti. Nel suo archivio c’è anche una foto di Angelina Jolie a cinque anni. La seconda è che si deve cercare di capire dove i soggetti fotografati stiano andando per seguirli. La terza è: scatta, scatta, scatta».Dalla teoria alla pratica. «Preparava la macchina, prevedendo una distanza di due metri o due e mezzo, metteva lo scotch intorno all’obiettivo per mantenerlo fermo e non perdere mai la messa a fuoco. Non teneva mai la macchinetta davanti al viso, ma sempre all’altezza della pancia, così scattava a ripetizione, mentre parlava con i personaggi». Il segreto del suo successo? «La mia spontaneità e l’aver seguito il mio istinto - afferma Galella nel suo ultimo libro - Aggiungiamoci un pizzico di audacia, di arroganza e di umorismo». E la coscienza dell’attimo.