Corriere della Sera, 25 settembre 2022
I mille vincoli sul rigassificatore di Piombino
Questa è la storia di un fallimento culturale che rischia di costare caro. È una storia di opportunismo, ideologia, pregiudizi, tanta burocrazia e una sostanziale dose di miopia. Mescolate, shakerate e ne viene fuori la prospettiva che l’Italia non solo non disponga di abbastanza gas naturale per arrivare alla fine del prossimo inverno, ma che non possa completare neanche gli stoccaggi dell’estate 2023: a quel punto una nube d’incertezza si stenderebbe fino all’inverno seguente. Pagherebbero milioni di famiglie costrette a ridurre le ore di riscaldamento per i figli piccoli o i genitori anziani e migliaia di imprese costrette a ridurre la produzione: l’Italia perderebbe benessere, crescita e lavoro in un tripudio di comitati, pareri, ricorsi e fughe dalle responsabilità.
Il confronto
Stavolta però sarebbe troppo facile dare tutta la colpa a Vladimir Putin, perché esiste anche un altro avversario: senza nome, senza contorni precisi, ma capace di imbrigliare qualunque iniziativa. Anche le più impellenti. I risultati sono nel confronto con altri Paesi europei investiti dal ricatto russo sull’energia. In Olanda due navi di rigassificazione hanno attraccato al porto Eemshaven il 5 settembre e quattro giorni dopo un tanker stava già pompando il gas per alimentare l’intero Paese. In Germania tutto procede perché una nave da otto miliardi di metri cubi di metano all’anno inizi a produrre entro dicembre a Brunsbüttel, accanto a una centrale nucleare. Entrambi i Paesi hanno deciso prima di assicurare la sostanza – il gas per riscaldare le persone e alimentare l’industria – poi le procedure.
E l’Italia? Qui la Snam è stata fra le prime imprese ad assicurarsi una nave di rigassificazione, entrando in trattativa esclusiva per la Golar Tundra in marzo. E il governo è stato fra i primi in Europa a muoversi, con un decreto del 17 maggio per «interventi urgenti di pubblica utilità, indifferibili e urgenti». Il testo del decreto, volto a mettere in funzione la nave che trasforma il gas liquefatto, recita: «Le amministrazioni interessate nelle procedure autorizzative (...) attribuiscono ad esse priorità e urgenza negli adempimenti». Per questo il governo nomina il 10 giugno un commissario, il governatore della Toscana Eugenio Giani (Pd). L’obiettivo del governo era arrivare entro fine luglio a un disco verde per l’attracco della Golar Tundra a Piombino. A quel punto Snam in sei mesi avrebbe potuto svolgere i lavori necessari sulla banchina del porto, montare otto chilometri di tubo per collegare la nave alla rete nazionale e avviare l’asta fra i fornitori di gas liquido. A fine gennaio o in febbraio l’Italia avrebbe avuto l’energia – cinque miliardi di metri cubi di gas all’anno – per sostituire parte di quella che dalla Russia non arriverà più. Quella nave era la garanzia di poter attraversare l’inverno senza traumi.
Invece – ormai è chiaro – non andrà così. Siamo partiti fra i primi in Europa e non solo stiamo arrivando fra gli ultimi: non sappiamo neppure quando arriveremo. Giani ha organizzato una «conferenza dei servizi» che include cinque imprese (Telecom Italia, Enel, Autorità Idrica Toscana, Terna, Enac) e 44 amministrazioni pubbliche; fra queste il Settore bonifiche siti orfani della Toscana, il Consorzio di Bonifica Toscana Costa, il Genio civile del Valdarno inferiore, il Settore logistica e cave della regione, la direzione generale Archeologia del ministero delle Belle Arti, la Soprintendenza delle Belle arti di Pisa e Livorno, l’Autorità di bacino dell’Appennino settentrionale, la Direzione Competitività della Toscana, l’Istituto regionale di programmazione economica, l’Agenzia regionale per la protezione ambientale. Oltre naturalmente al contrarissimo Comune di Piombino, guidato dal sindaco Francesco Ferrari (Fratelli d’Italia). A tutti gli enti si riconosce il diritto di chiedere nuove carte e dare autorizzazioni, pareri, atti d’assenso. Solo il Comune di Piombino deve farlo per «autorizzazione paesaggistica», «impatto acustico», «conformità urbanistica», «attraversamento e uso delle strade», «interventi edilizi» e «parere sanitario del sindaco» (ma, separatamente, si coinvolge anche l’Istituto superiore di Sanità). Di richiesta in richiesta, Snam ha già fornito oltre mezzo migliaio di documenti per decine di migliaia di pagine. Ora però la Soprintendenza ha sollevato anche il problema del colore della nave: inadeguato al paesaggio. Intanto il tempo passa, terribilmente.
I tempi
Se l’autorizzazione di Giani arrivasse il 27 ottobre (data ora prevista, sulla carta), il gas inizierebbe a fluire da fine aprile e non più in febbraio. Non è una differenza da poco: l’Italia ha bisogno di 41 miliardi di metri cubi di metano per l’inverno – secondo stime del ministero della Transizione energetica – ma anche stoccaggi pieni ne assicurano solo dieci. La nave di Piombino serviva a chiudere una parte essenziale delle differenza, ma non ci sarà. Dunque l’Italia non ha garanzie di avere l’energia necessaria, soprattutto se l’inverno sarà rigido e la Russia taglia ancora le forniture.
Forse non l’avrà neanche più tardi, perché il sindaco di Piombino ha concluso che la documentazione fornita da Snam è «totalmente inattendibile» e ha fatto capire che presenterà ricorso al Tar. Se i giudici amministrativi regionali bloccano tutto, la Golar Tundra non potrà lavorare neanche nell’estate 2023 e non potrà dunque sostituire i due miliardi (su dieci) di metri cubi di stoccaggi che quest’anno erano venuti dalla Russia. La preparazione per l’inverno 2023-2024 ne risulterà pericolosamente insufficiente. E i contribuenti che hanno già pagato quattro miliardi di euro per gas liquido a caro prezzo – comprato con fondi di una società controllata dal Tesoro – non lo potranno usare. Che vadano in Olanda a scaldarsi, se hanno freddo.