la Repubblica, 24 settembre 2022
Quali modifiche al Pnrr. Risponde Giavazzi
Caro Direttore, ho letto con attenzione l’articolo di Tito Boeri e Roberto Perotti intitolato “Il tabù del Pnrr”, pubblicato ieri su Repubblica, rispetto al quale ritengo necessarie alcune sottolineature. Il governo italiano ha firmato con la Commissione europea chiari impegni, definiti nei dettagli. Sia impegni che gli autori definiscono “faraonici” e che riguardano per lo più tratte di rete ferroviaria che Rfi aveva già avviato, come l’alta velocità al Sud o la tratta Milano-Venezia, e che spesso mirano a ridurre divari di servizio presenti da decenni nel Paese; sia numerosissimi impegni anche minuti, che spaziano dagli asili nido, alle periferie, alle palestre e alle mense scolastiche; dal ciclo dei rifiuti, all’intera gestione dei servizi idrici; dalla nuova rete di assistenza sanitaria territoriale, alla impegnativa sfida della formazione e delle politiche attive sul lavoro. Quindi non solo progetti “faraonici” che in realtà si stanno rivelando i meno problematici. Inoltre sono già presenti in bilancio le risorse necessarie per garantire il funzionamento e il mantenimento delle nuove infrastrutture, come auspicato dagli autori: per le maestre dei nuovi asili nido o per gli infermieri delle nuove strutture della salute territoriale, ad esempio.
Il Pnrr prevede anche numerosi impegni di riforma. Uno dei più controversi in questi giorni riguarda la scuola, con la definizione di un nuovo sistema di formazione per l’accesso alla carriera degli insegnanti, con un percorso specifico post-laurea centrato sui “metodi di insegnamento”, in modo tale che i docenti, oltre alle materie di elezione, imparino anche ad insegnare.
Oppure l’introduzione di percorsi di formazione durante la loro vita professionale che prevedono un incremento di remunerazione per quei docenti che si sottoporranno a cicli di formazione, con una valutazione finale anche del risultato didattico. Su entrambi questi temi si sono manifestate e si stanno manifestando pressioni sindacali che tentano di impedire l’innovazione – comportamenti, è bene ricordarlo, che metterebbero a rischio la valutazione positiva da parte della Commissione europea e di conseguenza l’ottenimento delle risorse del Piano.
Un’altra riforma riguarda il completamento del servizio idrico integrato, con il superamento delle gestioni in economia che in molti Comuni del Sud si traducono in un livello di investimenti inadeguato e contribuiscono al degrado della rete di distribuzione con il risultato di elevatissime percentuali di acqua persa.
Questo piano può essere modificato? Ricordiamoci che abbiamo firmato un contratto con un’istituzione, l’Ue, che si è assunta parte della spesa, in parte direttamente, in parte di fatto tramite una garanzia. Le modifiche devono quindi essere apportate in coerenza con quel contratto. Violarlo unilateralmente non è possibile.
Anche perché il contratto (vedi e.g. l’articolo 21) già prevede come e in che condizioni il piano possa essere modificato. Un esempio specifico è la misura che prevede la sostituzione dei trattori agricoli con macchine elettriche; poiché queste oggi ancora non esistono, né ve ne saranno nei prossimi 4-5 anni, questa misura potrà essere modificata, con il vincolo che le risorse rimangano assegnate a progetti di transizione verde in agricoltura.
Oppure, gli aggiornamenti legati all’aumento dei prezzi, già riconosciuti dalla Commissione europea come causa per una possibile proposta di revisione: possiamo ad esempio acquistare un numero inferiore di mezzi di trasporto elettrici, se le risorse destinate a quella finalità non bastano più a garantire i risultati su cui ci siamo impegnati. Vi sono poi i 30 miliardi aggiunti al Pnrr dal bilancio nazionale, sui quali siamo ovviamente liberi di fare quello che vogliamo.
Insomma, alcune cose le hanno capite anche i critici del Pnrr; interventi che a parere degli autori sono mancanti, invece ci sono. Siamo al punto, entrando nel terzo anno del piano, in cui per essere efficaci bisogna essere precisi e puntuali.
Francesco Giavazzi è consigliere economico del presidente del Consiglio