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 2022  settembre 24 Sabato calendario

I gemelli di Gucci

Si apre il sipario e dall’altra parte accadde ciò che è da questa. Benvenuti a Twinsburg: sfilano 68 coppie di gemelli (100 donne e 36 uomini) sulla passerella speculare di Gucci e alla vita di Alessandro Michele, che è come un romanzo infinito, si aggiunge un altro incredibile capitolo. Protagonista la sua mamma, anzi le sue mamme: Eralda e Giuliana, sorelle gemelle, identiche sino all’ultimo minuto della loro vita. La magia di un amore doppio e della copia di sé ha segnato lo stilista, anche nel processo creativo: «Ho sempre sentito per questo la necessità di fare un lavoro personale sull’identità dell’altro che è in ognuno di noi». Così, uno show catartico: «È stato molto faticoso, tecnicamente ma anche emotivamente, compresa la ricerca: siamo andati in America in una città fondata e abitata da gemelli. È stato affascinante e terapeutico, ma è stato naturale come tutte le cose che attraversano la mia vita». La collezione non ha una deriva doppia, segue la natura identica delle coppie e la visione della moda di Michele con il baule che magicamente si apre ed escono in ordine sparso completi di paillettes e/o di tweed, abiti di chiffon e/o top e gonne di raso, pantaloni a zampa e/o camicie con il fiocco, chiodi di pelle e/o spencer sberluccicanti, mocassini e/o ciabatte di pelo, tracolle e/o borse d’archivio (1981) aggiornate. E quella scritta «Fuori!» l’acronimo di Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano, anno di nascita 1971, che riporta a un oggi tormentato: «È in momenti come questi che stiamo attraversando che sento la necessità di essere libero. E con la moda possiamo e dobbiamo dirlo».
Il suo messaggio politico Donatella Versace lo ha lanciato qualche giorno fa dal suo IG: «Votate» ha scritto sotto al cuore tricolore. Ma sulla passerella opta per una dea dark, fra ceri neri e tunnel di cristallo. Diva e ribelle. Senza sdolcinature. Zeppe punk o tacchi a spillo da cattiva e poi pelle e borchie, corsetti e reggicalze, lacci e spacchi. I lunghi di chiffon sui pantaloni combat, il velo della sposa sul baby doll. Non ci sono vie di mezzo: il black domina, il viola e il rosa fluo accendono le fantasie. Apre Gigi Hadid e chiude Paris Hilton: la top batte l’ereditiera 10 a 0. A ognuno il suo mestiere.
Perfette invece Carla (Bruni) e Naomi (Campbell) insieme come un tempo alla Bicocca fra le torri di Kiefer. Le leonesse da Tod’s hanno aperto e chiuso una sfilata che è la consapevolezza del brand di essere nel territorio della moda e del lusso a tutto tondo. Le due top a simboleggiare l’iconicità di donne che hanno scritto (almeno per Walter Chiapponi, lo stilista ) la storia dell’eleganza al femminile: da Carolyn Bessette a Meryl Streep e poi Monica Vitti o Lady D. Scarpe (la nuova gommino che è una ballerina), borse e abiti che sono da manuale di un guardaroba di qualità italiana senza tempo, attivato in un oggi che va veloce. Dunque leggerezze e libertà di movimento che siano un trench, una gonna pencil di pelle o uno chemisier di nappa, un blazer o un blouson over size.
Per invito un «testimone» di quelli che si passano gli atleti in pista. Più che simbolico perché ieri è cominciata la nuova stagione di Etro con Marco De Vincenzo in pista e la famiglia in tribuna. De Vincenzo ha raccolto, osservato ed elaborato arrivando a un buon risultato dove c’è la storia e c’è lui. Un incipit che è un avvio più che chiaro sulla direzione. «Avevo poco tempo a disposizione. Così mi sono chiesto cosa fosse per me Etro e mi sono affidato all’immaginazione». Ma non è il lavoro di uno sprovveduto quello presentato. Anzi. Senza forzature De Vincenzo consegna una collezione da immaginario Etro. Dice che è stato alla larga del Paisley ma in qualche modo c’è; non c’è l’etnico ma certi abiti couture hanno cenni di frange; il denim rivisto è lavorato come broccato; i colori che sfumano ricordano le origini; infine i lunghi di maglia di pizzo e ricami hanno un che di borghese/milanese. Poi le borse sono in vecchi tessuti Etro. E con l’upcycling il testimone è passato.
Lo definisce un «Missoni disciplinato» Filippo Grazioli, lo stilista che ha deciso fosse così. Al suo debutto sulla passerella della maglieria più famosa al mondo, il designer con un passato grandi firme (da Margiela a Hermès passando da Burberry e Givenchy) cerca di mettere un po’ d’ordine «per accompagnare Missoni nel futuro», cioè da impresa che era di famiglia a brand che è di un fondo. «Pulizia e purezza» sono il mantra del debuttante. Cominciando dai colori (bianco e nero, poi secondo Pantone giallo, magenta e ciano) per arrivare ai zig zag e i fiammati più iconici. L’estate non aiuta la maglieria ma comunque fra tuniche e tunichette, tute e tutine, mini e pants, canotte e golf Grazioli si porta avanti.
Da Sportmax il lavoro forte è sulle forme ma la meta è la percezione degli abiti-involucri. La concettualità si esprime al meglio nelle gonne svasate e in certe lunghe e scivolate silhouette. L’unicità «ci» salverà dice Giuliano Calza e lancia in resta fa proclami e invita tutti i giovani a votare, a credere in stessi. E sulla sua passerella di GCDS tutti sono uguali e indossano abiti che davanti sono precisi e dietro sono un nulla, tuniche di maglia a rete che nascondono l’indispensabile, cappe tricot, short succinti e jeans stramati, cargo di maglia arcobaleno, top e t-shirt dedicate a Spongebob.