La Stampa, 24 settembre 2022
Saman Abbas è stata uccisa dal padre
C’’è una confessione, c’è il movente, c’è una minaccia, c’è anche il coinvolgimento dei complici, ma non c’è traccia di pentimento: eccolo Shabbar Abbas. Un mese e otto giorni dopo aver ucciso e occultato il cadavere della figlia Saman con la complicità di moglie, fratello e nipoti, telefona a un parente senza sapere di essere intercettato. È l’8 giugno 2021, Saman è morta la notte del 30 aprile nei pressi dell’azienda agricola in cui vive la sua famiglia. «L’ho uccisa io, l’ho uccisa per la mia dignità e per il mio onore. Noi l’abbiamo uccisa», dice il padre a quello che è ora diventato un testimone chiave del processo (che incomincerà a febbraio) e pertanto resta anonimo. In quegli stessi giorni, i complici del delitto sono in fuga per l’Europa e saranno arrestati nelle settimane successive. Lui e la moglie sono fuggiti al Paese d’origine, dove sono tuttora latitanti. I carabinieri di Reggio Emilia battono le campagne di Novellara in cerca di un corpo che ancora oggi non è stato trovato. «L’onore», che Shabbar dice di dover difendere, è stato leso da una foto che la ragazza ha pubblicato sui social: bacia il fidanzato che ha scelto, un connazionale che vive in Italia, contro l’obbligo della famiglia di sposare un uomo che non ama, in Pakistan.
Cinque sono le persone coinvolte da Shabbar come gli autori del delitto in questa telefonata, senza citarli esplicitamente. Sommando i nomi di Danish Hasnain, zio di Saman, Ikram Ijaz e Nomanulhaq Nomanulhaq (cugini di Saman), Nazia Shaheen, sua madre, e dello stesso Shabbar, tutti imputati, si ottiene il numero di cinque. Nessuno tra loro ha collaborato agli interrogatori: non hanno fornito indicazioni per trovare le spoglie della diciottenne e hanno negato di aver commesso il fatto.
Dalla parte dell’accusa, c’è il video di una telecamera di sicurezza dove Saman viene accompagnata verso le campagne da madre e padre. Poco dopo, rientrano solo i genitori con il suo zainetto. C’è poi un altro video, in cui zio e cugini si incamminano armati di badili, presumibilmente per occultare il cadavere della ragazza. Ci sono le testimonianze del fratellino (che sentì i genitori parlare del delitto) e del fidanzato di Saman, al quale lei stessa raccontò di averli ascoltati pianificarlo.
Ora, si aggiungono le parole dello stesso autore. Lo scopo di Shabbar è quello di mettere a tacere un parente rimasto nel reggiano dopo la sua fuga in Pakistan. «Io sono già rovinato. Avete parlato di me in giro, non lascerò in pace la vostra famiglia», dice l’uomo che a Novellara i connazionali avevano imparato a conoscere per le escandescenze in pubblico. «Per me la dignità degli altri non è più importante della mia. Ho lasciato mio figlio in Italia (il fratellino, appunto, ndr). Ho ucciso mia figlia e sono venuto (in Pakistan, ndr), non me ne frega nulla di nessuno». Saman aveva provato più volte a sfuggire al controllo dei parenti. Si trovava in una casa protetta quando ha pubblicato la foto in cui bacia il fidanzato. Quando è stata uccisa, era passata da casa per prendere i documenti e non tornare più.