Fabrizio Dragosei per il “Corriere della Sera”, 23 settembre 2022
SVALVOLATI E CRIMINALI, ECCO CHI SONO I FALCHI DIETRO AI DELIRI DI PUTIN – L'EX PRESIDENTE RUSSO DMITRIJ MEDVEDEV È IL PIÙ SPREGIUDICATO NEL MINACCIARE L'OCCIDENTE E ALZARE IL LIVELLO DI TENSIONE. A SPALLEGGIARLO C’È RAMZAN KADYROV, IL FEROCE PADRONE DELLA CECENIA. MENTRE HA UN VOLTO PIÙ RISPETTABILE VYACHESLAV VOLODIN, SPEAKER DELLA DUMA, SECONDO CUI LE TRUPPE RUSSE STANNO GIÀ COMBATTENDO “CONTRO LA NATO” - CHI STA CERCANDO DI PLACARE PUTIN SONO IL CAPO DEI SERVIZI SEGRETI E LA GOVERNATRICE DELLA BANCA CENTRALE… -
Tra i più accesi sostenitori del pugno duro contro Kiev e l'Occidente c'è sempre lui, Dmitrij Medvedev che quando prese il posto di Putin alla presidenza si presentò come il campione dei democratici e dei riformatori. Adesso che sembra contare sempre meno, cerca di collocarsi alla guida della pattuglia dei falchi, coloro che nelle ultime settimane avevano iniziato a mugugnare per l'«esitazione» del capo supremo.
Medvedev ha detto chiaramente che i nuovi territori saranno difesi con «qualunque arma russa, inclusa quella strategica nucleare». E sulle possibili ritorsioni Nato: «I nostri missili ipersonici sono capaci di raggiungere in maniera garantita obiettivi in Europa e negli Usa molto più rapidamente di qualsiasi loro arma», ha sostenuto.
Negli ultimi mesi gli schieramenti attorno allo Zar sono cambiati profondamente, soprattutto visto l'andamento non proprio esaltante dell'Operazione militare speciale in Ucraina. Personaggi che venivano visti come guerrafondai o sostenitori a oltranza della politica del confronto duro con l'Occidente si sarebbero invece mossi dietro le quinte per convincere il presidente a non esagerare, a tenere a freno le teste più calde.
E al fianco di Medvedev starebbero emergendo figure che fino a ieri erano di secondo piano ma che guadagnano status con le loro posizioni oltranziste, ancora più convinti dell'opportunità di pigiare sull'acceleratore di quanto non lo sia Putin.
Innanzitutto Ramzan Kadyrov, signore e padrone della Cecenia che negli ultimi giorni aveva annunciato di aver già attuato la mobilitazione generale nella sua repubblica e aveva invitato altri governatori a fare altrettanto. Senza aspettare le decisioni del ministero della Difesa che continuava a rimandare. Parimenti deciso sembra il comandante della Rosgvardia Viktor Zolotov, ex capo degli agenti addetti alla protezione del presidente.
La Rosgvardia, una sorta di guardia nazionale, è formata dalle ex truppe anti sommossa dell'Interno. Questi uomini sono impegnatissimi nelle azioni belliche e contribuiranno a portare a termine il richiamo dei trecentomila veterani di cui c'è bisogno immediato al fronte.
Sulla stessa linea è schierato anche Andrej Turchak, primo vicepresidente del Consiglio di Federazione e soprattutto numero due del partito Russia Unita. Anche lui ieri si è precipitato ad approvare i provvedimenti presi: «Sono tempestivi e corrispondono agli obiettivi della difesa della nostra patria, della nostra sovranità e della nostra gente». Turchak ha poi comunicato che numerosi parlamentari sono pronti a rimettere il mandato per arruolarsi.
Il più autorevole dei falchi è forse Vyacheslav Volodin, speaker della Duma, il quale sostiene che le truppe russe stanno combattendo già non solo «contro le formazioni naziste armate ma anche contro la Nato». Avrebbero invece cercato di convincere Putin a non ricorrere alla mobilitazione i capi dei servizi segreti, Naryshkin e Bortnikov, il segretario del consiglio di sicurezza Patrushev (che starebbe già pensando alla successione al presidente), la governatrice della Banca centrale Nabiullina (che avrebbe riproposto le sue dimissioni), il capo del governo Mishustin.