Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2022  settembre 22 Giovedì calendario

Come si fa sentire l’influenza della Cina

Un tempo, i regimi autoritari, in testa l’Unione Sovietica, usavano spesso la disinformazione per fare sembrare migliori le loro politiche e peggiori quelle degli avversari. Più di recente, soprattutto dopo la nascita dei social network, si sono molto sviluppate le fake news. Ora che assistiamo a bagliori di una nuova guerra fredda, l’uso di armi di comunicazione è diventato più complesso, parte essenziale di un conflitto ibrido. Freedom House, l’organizzazione, che monitora la variazione del grado di libertà e di democrazia nel mondo, ha realizzato uno studio approfondito sull’attività della Cina nel cercare di aumentare la propria influenza internazionale attraverso l’uso di propaganda, campagne di disinformazione, censura ottenuta attraverso intimidazioni, controllo di infrastrutture informative locali, distribuzione di contenuti a essa favorevoli. L’analisi ha preso in considerazione l’intervento di Pechino in 30 Paesi e la risposta di questi tra il gennaio 2019 e il dicembre 2021. In 16 di queste 30 Nazioni, l’intensità degli sforzi cinesi è stata giudicata «alta» o «molto alta». E, nel periodo, in 18 Paesi lo sforzo è aumentato. Giornalisti, accademici e gruppi della società civile hanno risposto a questi attacchi in tutte le situazioni considerate ma solo il 50% dei Paesi ha leggi e una libertà di informazione tali da farli ritenere «resilienti»; l’altra metà è «vulnerabile». Casi di intimidazione o di spinte alla censura per chi critica Pechino si sono registrati in 24 Paesi su 30. In 17, ci sono stati interventi governativi o dei media stessi per sopprimere informazioni sfavorevoli sulla Cina. In 16 Paesi, le autorità cinesi hanno intimidito i giornalisti. In otto, ci sono stati casi di troll che hanno commesso abusi sui social media. E in sette Paesi si sono verificati cyberattacchi. In tutte queste attività, l’Italia è stata sempre coinvolta. Tanto che gli sforzi cinesi sul territorio italiano sono giudicati da Freedom House «alti», a livello 43 su una scala che va da zero (nulli) a 85 (massimi). Anche il livello italiano di «resilienza e risposta» è però valutato «alto», 45 su 85. L’analisi dedicata all’Italia è una lettura molto interessante: ricorda il famoso memorandum of understanding del marzo 2019 per l’adesione italiana alla Nuova Via della Seta e cita i rapporti di politici e organizzazioni con Pechino. Invita a fare attenzione.