la Repubblica, 22 settembre 2022
Intervista a Rkomi
Fra i quattro giudici diX Factor 2022 è apparso il più emozionato, e sarebbe strano il contrario. Siede fra una veterana della tv (Ambra) e un esperto del programma (Fedez). Il terzo, Dargen D’Amico, è corazzato di battute e occhiali da sole, mentre lui, Rkomi, 28 anni, gioca a occhi scoperti. «Ci penso due volte prima di giudicare ragazzi che se lo vivono come un passo verso il grande sogno» dice, «Sono vicino per età, soffro e gioisco con loro. Vorrei dare una seconda possibilità, e ovviamente non è questo il format». “Possibilità” è tutto ciò che ha cercato Mirko Martorana (suo vero nome) per affrancarsi da una geografia sociale che fa la storia personale: case popolari nella periferia milanese, un passato da barista, muratore, lavapiatti, ma con il taccuino fisso accanto. Dal 2014, tra mixtape, Ep e tre lavori in studio, ha messo tutti d’accordo, collaborato con Marracash, Sfera Ebbasta, Elisa, Jovanotti. Nell’ultimo Taxi Driver (il piu ascoltato del 2021, un miliardo di stream) guida per vari territori musicali e chiude con un lungo assolo blues, il suono più ai margini delle radio. Dopo il festival di Sanremo con Insuperabile, ora affronta lo show dove il tavolo della giuria funziona da specchio: chi è già arrivato, ricorda da dove è partito.
Cosa le viene in mente pensando al suo percorso?
«La fame che avevo, economica, di rivalsa sociale. Soprattutto curiosità, voglia di migliorarmi. Ho sempre fatto ciò che mi spaventa di più».
Che qualità devono avere i concorrenti?
«La determinazione. Ho imparato che il talento, in parte, è allenamento, studio. Serve, però è la volontà che lo fa progredire. Anche se i numeri e il consenso sono dalla tua parte, per gestire il successo e reggere tour massacranti, ci vuole consapevolezza».
Non le sembra che dopo i
Måneskin, in tanti abbiano ripreso in mano gli strumenti?
«Il rock era oscurato da altre tendenze e ora i contenitori lo prendono in considerazione, ma la musica suonata non è mai scomparsa. Da anni ho la mia band sul palco, e nei live rileggo i brani pop e rap in chiave rock. Credo sarà la mia futura direzione».
Sempre meno rapper e più cantautore.
«Forse sto diventando ciò che ero già.
Smisi di studiare per lavorare, a 18 anni mi pagavo l’affitto da solo. Se non l’avessi fatto, non avrei potuto investire sulla musica. E adesso che la musica mi ripaga, posso permettermi lezioni di pianoforte, per suonare poi la chitarra e fare cose in autonomia».
Altri desideri?
«Imparare bene l’inglese, avere la maturità di restare con un’unica donna, leggere come un verolettore».
Cita da William Blake a Milan Kundera.
«Mi sento in dovere di imparare. Le lacune mi hanno fatto sentire in soggezione. Chi faceva il liceo, oltre alle nozioni, aveva un metodo distudio, più memoria di me. Ho tanto da recuperare. Mi immergo nella poesia sperando di assorbirla».
Vero che si è appassionato al lavoro di MarinaAbramovi??
«Guardavo come certi performer rock tenessero il palco e sono arrivato alla sua arte. Seguo un corso dipercezione del corpo nello spazio scenico e vorrei creare uno show più teatrale».
I fan della prima ora la perdoneranno?
«Il cambiamento è normale e voglio essere credibile. La strada l’ho vissuta davvero, mi ha formato il carattere e quel che ho visto non lo dimentico.
Ma sarei un traditore se facessi hip hop parlando di cose che non vivo più. Diffido di chi lo fa. Alle case popolari è rimasta mia madre e ci sono legato. Lì c’era un imprinting meridionale, le porte aperte, i vicini solidali. Niente telefonino e playstation, ma folla in piazza e partite di pallone in cortile. Eravamo una cosa sola».
La parte brutta?
«Dipendeva più dalla mia prospettiva. Mio padre non l’ho mai conosciuto, mia madre faticava ad arrivare a fine mese. Saltavo le pizze di classe e i maledetti soldi mi facevano vedere la vita così: senza chance. Poi ho incontrato chi quella rabbia la usava in modo diverso. Ho smesso di pensarmi spacciato».
Il sito della palestra di cui è fondatore dice che lì si insegna compassione etica e generosità.
Potrebbe essere un programma politico. Voterà?
«Certo, sto studiando. Mi orienterò sul programma più attento all’ambiente. Sicuro non voterò chi promuove le differenze di genere e il razzismo. Rappresentano un problema che la gente ha da tempo superato. Ne incontro tante di persone e, soprattutto per i più giovani, la società multiculturale è assodata, così come la libertà di amare chi si vuole, senza etichette».
Canta “Perché la paura può venirti addosso, come un’auto sportiva”. Di cosa ha paura?
«Non ho paura che tutto finisca. Non vivo la musica in termini di risultati e numeri. L’attrazione per il salto nel vuoto fa sì che non mi accomodi sulla fortuna che ho avuto».