la Repubblica, 22 settembre 2022
Piccoli geni plusdati e superannoiati
Sofia ha quattro anni quando, curiosissima, chiede alla mamma come nascono i buchi neri. Matteo, che di anni ne ha cinque e mezzo, vorrebbe sapere in che modo si formano i tornado e perché esistono i terremoti. Emanuele frequenta la terza elementare, i suoi voti non sono un granché, ma quando torna a casa legge voracemente storie della mitologia greca. Tutti e tre sono bambini cosiddetti plusdotati, o gifted: hanno un quoziente intellettivo superiore alla norma. Fanno parte, cioè, di quel 5% della popolazione italiana con capacità cognitive molto alte e che il sistema scolastico non è ancora in grado di valorizzare.
Essere un plusdotato può voler dire tante cose: eccellere in una disciplina particolare o in tutte le materie scolastiche, ma può significare anche avere difficoltà a socializzare in gruppo e annoiarsi facilmente in classe, ottenendo scarsi risultati nel rendimento. «Mio figlio maggiore, ora diciannovenne, viveva la scuola con disagio», racconta Antonio Silvagni, docente di liceo e padre di due figli plusdotati. «Era un bambino molto sveglio, ma con problemi di socializzazione all’interno della classe. Viviamo in una piccola realtà in provincia di Vicenza e all’inizio non potevamo sapere che il disagio significativo che manifestava mio figlio potesse essere una conseguenza della plusdotazione». Come spesso accade, è il passaparola che permette a un genitore di capire quale sia il problema. «Sono stato fortunato: un mio collega mi ha parlato di un progetto pilota della Regione Veneto che trattava i ragazzi ad alto potenziale e così sono entrato in contatto con questo mondo».
La storia di Antonio, che è quella di qualunque genitore di un ragazzo gifted, è fatta di incontri con psicologi, valutazioni, test e certificazioni da ottenere. Ma una volta avuta l’attestazione, ci si scontra con il sistema scolastico, che è ancora impreparato nella gestione di questi ragazzi geniali. «Era novembre 2018 quando il Miur ha organizzato un tavolo tecnico, di cui ho fatto parte, per definire le linee guida nazionali sulla plusdotazione» racconta Maria Assunta Zanetti, presidente di Lab Talento, un laboratorio per ragazzi e bambini gifted dell’Università di Pavia. «Abbiamo consegnato queste linee nel luglio 2019 e avrebbero dovuto diventareoperative dall’anno scolastico successivo, ma tutto è stato messo in stand-by».
Solo nel 2020, con la ministra Azzolina, la questione viene inserita in un atto di indirizzo in cui si afferma la necessità di inserire i soggetti con alto potenziale nel paragrafo dell’inclusione, attestando cioè che gli insegnanti debbano avere una formazione adeguata, con metodologie di apprendimento specifiche. «Tra emergenza covid eun’altra crisi di governo, ci si è occupati di tutt’altro. Ho provato spesso ad avere un’interlocuzione con il ministero ma, seppur interessati, avevano altre urgenze. E nel frattempo ragazzi di estrema intelligenza spesso abbandonano la scuola, il fenomeno dei cosiddetti drop-out capaci. Cambi continui di istituto o ritiro precoce sono un fenomeno di cui non si hanno cifre, ma che esiste. L’incapacità della scuola di valorizzare questi studenti,anche dal punto di vista dell’intelligenza emotiva, li fa sentire fuori posto, portandoli all’abbandono», conclude Zanetti. Così, ad oggi, nelle scuole si naviga a vista. La plusdotazione è stata inserita all’interno dei Bes, i bisogni educativi speciali, ma le direttive su come valorizzare le grandi curiosità e capacità degli studenti gifted non ci sono. Solo 95 istituti in tutta Italia hanno la certificazione nel trattamento della plusdotazione, nessun obbligo legislativo, ma la facoltà della scuola o del singolo insegnante nel seguire corsi di formazionesul tema. Valentina Durante, professoressa di matematica e fisica del liceo Morgagni di Roma, è una di queste. «Ho seguito un corso quando nella mia classe è arrivato uno studente con un certificato di plusdotazione. Ho imparato ad avere consapevolezza che questo ragazzo, su alcune materie, ne sappia molto più di noi insegnanti. Non per tutti è facile accettare che una persona di 14 anni sia più preparata, nonostante i pochi studi». In questo istituto, trattare la plusdotazione sembrapiù semplice. Hanno sezioni sperimentali in cui il numero degli studenti è contenuto, i voti non esistono e i compiti in classe si fanno in gruppo, suddivisi per livello.
«Questo permette al ragazzo plusdotato di confrontarsi con i compagni simili a lui, di sentirsi stimolato. Quando si permette a un giovane gifted di esprimersi, la relazione funziona. Bisogna tenere presente che spesso si annoiano, che possono avere comportamenti stravaganti e che c’è necessità di lavorare molto sul piano dell’interazione, perché spesso questi ragazzi sono carenti dal punto di vista della socialità» conclude Durante. In una scuola che già fatica a gestire le disabilità, il rischio di esclusione anche di questi studenti con un’intelligenza da valorizzare è ancoraaltissimo.