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 2022  settembre 22 Giovedì calendario

Ogni studente costa 75 mila euro l’Italia spende più della media Ue

Fate una ricerca sui social, andate a leggere le conversazioni sulla scuola. C’è sempre qualcuno che, prima o poi, scrive che la spesa pubblica in Italia è diminuita, che l’Italia spende meno degli altri Paesi europei, che gli insegnanti sono sempre di meno, e i loro stipendi sempre più bassi.
Solo l’ultima affermazione è vera, le altre sono completamente false, sostiene la Fondazione Agnelli nel dossier «Le risorse per l’istruzione: luoghi comuni e dati reali», un’analisi dettagliata da consegnare al governo che verrà, sostiene il direttore Andrea Gavosto. «Analizzando i programmi elettorali dei vari partiti – spiega Gavosto – emerge che la scuola non è un tema prioritario. Quasi tutti hanno proposte che non sono molto originali, tendono a considerare gli insegnanti innanzitutto come bacino elettorale e lanciano idee con costi che arrivano fino a 30 miliardi. Con questa analisi cerchiamo di dire al prossimo Parlamento che investire sulla scuola è necessario ma che bisogna investire meglio. I test Invalsi mostrano come, nonostante la spesa, quasi uno studente su due non arriva a un livello adeguato di competenze alla fine del ciclo scolastico».
Per la scuola, infatti, come percentuale del Pil, la spesa è rimasta stabile per molti anni e nel 2020 ha ripreso a salire ed è l’unico settore della pubblica amministrazione in cui il personale è cresciuto del 20% negli ultimi dieci anni. Le risorse sono calate soltanto per l’università.
Non è vero nemmeno che l’Italia spende per la scuola meno del resto d’Europa, sostiene la Fondazione Agnelli. Se si considera la percentuale del Pil il dato è allineato alla media europea e a quella di Paesi come Germania e Spagna. E, se si considera la spesa per ogni singolo studente fra i 6 e i 15 anni, l’Italia spende circa 75mila euro, a parità di potere d’acquisto, più della media europea, un risultato dovuto anche al fatto che l’Italia non ha modificato la sua quota di spesa nonostante il calo della popolazione studentesca (più marcato che nel resto d’Europa). Nonostante il calo degli studenti gli insegnanti crescono, otto anni fa il rapporto era di 10,9 studenti per ogni insegnante, lo scorso anno era 8,6. Crescono però i precari quelli di ruolo sono in calo. Oggi i docenti a tempo determinato sono il 24% del totale, sei anni fa erano il 14%. Sono soprattutto insegnanti di sostegno (i due terzi di chi ha questo ruolo è a tempo determinato) senza preparazione specifica e con un tasso di mobilità che impedisce la continuità didattica.
È vero invece che le retribuzioni sono inferiori a quelle della maggioranza degli altri Paesi europei, ma, tra scuola e casa, gli insegnanti italiani dichiarano di lavorare (dati Ocse Talis 2018, relativi alla secondaria di I grado) 26 ore alla settimana contro una media europea di 33 ore. —