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 2022  settembre 22 Giovedì calendario

Le ferie solidali

Andrea Leoni è un uomo piegato dal dolore che non può fermarsi a soffrire. Ha due figli, di 11 e 13 anni, a cui pensare, deve portarli a scuola, deve dargli coraggio, deve insegnargli a crescere e a fare tutte quelle cose che si fanno quando la vita va bene. Ma Andrea, che fa l’autista alla Veritas, una municipalizzata di servizi ambientali in Veneto, a San Donà di Piave, è un uomo distrutto: ha perso la moglie, Chiara Batacchi, 47 anni, stroncata da un tumore e da un’agonia che l’ha lasciato senza fiato. Le è stato vicino fino all’ultimo, consumando tutti i suoi giorni di ferie, permessi e congedi possibili. Ha pensato di tornare in azienda per mettersi in aspettativa, senza neanche prendere un euro. È costretto a farlo perché adesso deve pensare solo ai suoi figli. L’hanno fermato i colleghi: ci hanno pensato loro. Gli hanno offerto l’unica cosa di cui aveva bisogno, l’unico regalo che gli serviva: il tempo. Gli hanno regalato le loro ferie, 270 ore, all’incirca 30 giorni retribuiti. Ci hanno messo poche ore a far partire la catena di solidarietà. «So che alle 17 è stato aperto un canale Telegram», ha raccontato Leoni, «e alla mattina del giorno dopo, alle 9, era già stato raggiunto il massimo che era possibile ottenere». Forse qualche volta è vero che siamo venuti al mondo per dividere la nostra vita. Anche se ci sono cose che non si possono dividere, come il dolore. Però si possono capire.
Si chiama empatia. In soldoni, è la capacità di mettersi nei panni degli altri. Ma è anche qualcosa di più. Secondo lo psicanalista Jeffery Moussaieff Masson «non c’è niente di più importante dell’essenza stessa dell’empatia, e questa, in ultima analisi, altro non è che la capacità di amare». Ci sono posti dove è più facile farlo, luoghi dove ci si raduna e ci si conosce, come una chiesa, come le piazze dei paesi, o gli ambienti di lavoro, tutti posti che ci permettono la conoscenza dell’altro e che nel futuro diventeranno sempre più rari. Magari, questo mondo che verrà, piacerà di più a Charles Bukowski che diceva di amare i solitari, i diversi, i fottuti, tutti quelli con l’anima in fiamme. Che sono emarginati dal lavoro. Ma il lavoro è un’altra cosa, è una comunità come quelle della Chiesa, è una religione, è il calvinismo che premia i migliori, è la nostra società di questa parte del mondo, la società borghese che scappò sulla nave dei pellegrini e poi ritornò indietro per salvarci e che forse un domani toccherà a noi salvare anche a costo della nostra vita. C’è il senso del lavoro nel gesto dei colleghi della Veritas di San Donà, il senso del lavoro comune, del collettivo. Di tutto quello che forse perderemo, in un futuro che potrà vederci sempre più isolati, dentro il nostro guscio supertecnologico. Ma che adesso è ancora il nostro tempo.
Andrea Leoni ha raccolto l’empatia dei suoi colleghi, di un mondo che gli ha riconosciuto i diritti del dolore. L’empatia è una cosa difficile, perché può portare al sacrificio, e a volte non è nient’altro che la normalità dell’eroismo. E il suo silenzio. Maria Teresa di Calcutta diceva che quello che conta «non è tanto quello che facciamo, ma l’amore che ci mettiamo nel farlo». Dentro ci sta tutto, la fatica e anche la sconfitta, come nella fotografia in bianco e nero che ha raccontato il Covid, quella di Elena Pagliarini, l’infermiera dell’ospedale Maggiore di Cremona, accasciata sul computer dopo 20 ore che correva da un paziente all’altro fra le barelle ammucchiate nei corridoi del Pronto Soccorso. Francesco Mangiatordi, il medico che l’immortalò in quello scatto, disse che avrebbe voluto abbracciarla quando la vide così, ma ebbe paura di svegliarla e allora fece quella foto. Elena si ammalò di Covid, guarì e fu ricevuta da Mattarella che la nominò Cavaliere. Lei gli disse solo: «Gli unici eroi sono i pazienti». Il maresciallo dei carabinieri Ettore Cannabona, comandante della stazione di Altavilla, Palermo, nel marzo 2019 donò tutto il suo stipendio ai paesani durante il lockdown perché aveva visto le loro facce provate dalla paura e dalla fame. Andò al supermercato e comprò da mangiare per tutti, facendo distribuire il cibo da un’associazione di volontariato. Voleva che non lo sapesse nessuno. Ma il sindaco Pino Virga lo scrisse si facebook: «Grazie Ettore. A nome di tutti. E perdonami per questo post». Come Elena, come i colleghi di Andrea Leoni anche lui non l’aveva fatto per gli applausi. È che ci sono dei modi per vivere. E come diceva Martin Luther King, «sii sempre meglio di quello che sei». —