La Stampa, 22 settembre 2022
A Ivrea il carcere delle torture
Botte e omissioni, violenze e bugie. Un’infermeria trasformata per alcuni mesi nella stanza dei pestaggi. E ancora: verbali falsificati per raccontare un’altra storia, per coprire le percosse, i pugni, i calci, le manganellate che alcuni detenuti avrebbero subito nel carcere di Ivrea tra il 2015 e il 2016 con preoccupante regolarità.
Una decina, i casi finiti agli atti dei magistrati, 25 gli indagati tra agenti, medici interni del penitenziario e detenuti omertosi che l’altroieri hanno ricevuto l’avviso di garanzia dalla procura generale di Torino (Pg Giancarlo Avenati Bassi e Carlo Maria Pellicano). Le accuse: lesioni e falsi aggravati. Gli inquirenti non contestano il reato di tortura, ma solo – pare di capire – perché l’entrata in vigore della fattispecie è successiva alla consumazione dei presunti reati. L’11 novembre 2015 Hamed fu picchiato – secondo l’accusa – con pugni e calci da sette agenti. In due gli tenevano ferme le braccia, gli altri menavano. «E il medico di turno della casa circondariale continuava a sorseggiare il caffè alla macchinetta automatica». Non un cenno «non un intervento per fermarli». Nemmeno «una comunicazione al direttore come sarebbe stato suo dovere». scrivono i pm. Ma è lunga la lista di casi diventati oggi – dopo decine e decine di audizioni di testimoni – titoli di reato. Il 25 ottobre del 2016 il detenuto Angeli G. viene accompagnato dagli agenti in infermeria. Lo prendono a pungi, lo colpiscono con manganello. Il certificato medico dirà che lo avevano conciato male: «estese ferite al volto, a naso, al costato». Uno degli agenti che per i pm avrebbe partecipato al pestaggio, scriverà poche ore dopo in una falsa relazione di servizio che «il detenuto perdeva l’equilibrio sul pavimento reso scivoloso dall’acqua utilizzata per spegnere i focolai accesi da alcuni detenuti in sezione e sbatteva la faccia contro una cella». Manganellate, schiaffi, pugni e calci li avrebbe subiti anche Marco D. Al costato, al viso, sulle braccia: «Dopo le botte – si legge agli atti – lo hanno lasciato per un’intera notte in infermeria nudo». Seguono anche in questo caso false attestazioni di servizio che parlano di «scivolamento su materiale residuo lanciato per terra dai detenuti». Senza vestiti, al freddo dell’infermeria, dopo essere stato picchiato, è rimasto anche Edoardo S. ma al comandante della polizia penitenziaria arriverà tutt’altra narrazione in un verbale firmato dai suoi agenti. E cioè che «era il detenuto che mentre si trovava nella saletta di attesa dell’infermeria cominciava sbattere violentemente la testa contro un vetro pronunciando testuali parole: Ora mi faccio male cosi vi rovino pezzi di m…».
Tra le ferite riportate dai carcerati lacerazioni del timpano, zigomi e nasi fratturati. La spiegazione dei secondini al comandante sempre la stessa: «Ha battuto volontariamente la testa contro un pilastro dicendo che ci avrebbe messo nei guai sostenendo che eravamo stati noi». Tra i legali che difendono gli indagati, tutti attesi in procura nei prossimi giorni per un primo interrogatorio ci sono Enrico Calabrese e celere spaziante. Quest’ultimo assiste una decina di agenti: «Al netto del fatto che confidiamo di provare l’insussistenza delle contestazioni, faccio presente come siamo lontanissimi dagli scenari già evocati nell’inchiesta del carcere di Santa Maria Capua Vetere. I miei clienti sono amareggiati per le bugie dette sul loro conto. I manganelli? Non sono in dotazione in carcere e non ci possono entrare». L’indagine avviata inizialmente dalla procura di Ivrea su due episodi sui quali i magistrati eporediesi avevano chiesto l’archiviazione è stata avocata dal procuratore generale in persona Francesco Saluzzo. —