Il Messaggero, 22 settembre 2022
A Roma una grande mostra su Lucio Dalla
«Perché Roma? È una città unica al mondo, un palcoscenico straordinario che unisce tutte le classi sociali e in cui non c’è contrasto: solo la voglia di stare insieme», rispondeva Lucio Dalla nel 1980 a chi gli domandava cosa lo avesse spinto a lasciare la sua Bologna per trasferirsi nella Capitale. Non poteva non fare tappa a Roma, diventata negli anni una seconda casa per il cantautore, la mostra itinerante organizzata nel decennale della sua scomparsa, per celebrarne il genio umano e musicale. Lucio Dalla - Anche se il tempo passa, titolo preso in prestito dall’ultimo inedito datato ottobre 2011, cinque mesi prima che un infarto lo stroncasse nella sua stanza d’hotel a Monteux (dove si era esibito la sera precedente), dopo il successo riscosso tra marzo e luglio a Bologna, è stata inaugurata ieri al Museo dell’Ara Pacis con un evento al quale hanno partecipato anche amici come Carlo Verdone e Renzo Arbore: aprirà oggi al pubblico e resterà a Roma fino al 6 gennaio 2023, prima di fare tappa a ottant’anni dalla nascita a Napoli, Pesaro e Milano.
LA PARABOLA
È frutto di una lunga ricerca di materiali che documentano la parabola umana e artistica di Lucio Dalla, molti dei quali esposti per la prima volta, tra appunti, foto, abiti, accessori, copertine dei dischi. E lettere private che svelano aspetti inediti e curiosità, come quella che un 22enne Dalla già alle prese con le prime esperienze da cantautore, dopo i primi 45 giri Lei non è per me e L’ora di piangere scrisse nell’estate del 65 da un hotel di Formia all’amico Carletto per confessargli di essersi perdutamente innamorato di una giovane ragazza di nome Eva: «Ti assicuro che questa è la volta buona, forse è la prima volta che mi sento cotto e stracotto».
IL PADRE
Tra i personaggi delle tante foto dell’infanzia, mostrate insieme ai primi diari e ai registri di scuola (c’è la pagella con 1 in matematica), compare anche il padre Giuseppe, la cui identità è stata a lungo avvolta da un velo di mistero: Quel giorno lui prese mia madre sopra un bel prato / l’ora più dolce prima d’essere ammazzato, cantava Dalla a Sanremo nel 1971 nella sua 4/3/1943, facendo credere che si trattasse di un’autobiografia. Non era un forestiero: faceva il commerciante d’olio e morì quando Lucio aveva solamente sette anni. «Provai la sensazione struggente di una perdita che mi consentiva di dire a me stesso: da oggi sei solo come un cane», raccontava Lucio. «Sua madre, la signora Melotti, faceva la modista. Quando andavano in vacanza a Manfredonia, veniva spesso a Foggia per vendere vestiti. Io all’epoca ero un ragazzino: mi affidavano questo bambino irrequieto affinché lo cullassi. Soltanto molti anni dopo Lucio mi disse: Ti ricordi di me? Mi tenevi in braccio racconta Arbore, parlando della sua amicizia con il compianto cantautore bolognese ci accomunava la grande passione per il clarinetto jazz. Aveva un dono straordinario: la fantasia». Quello di Dalla, di clarinetto, è conservato in una bacheca in una delle dieci sezioni della mostra, dedicata alla sua passione per lo strumento (ci sono anche foto e ricordi dell’esperienza con la band dei Flippers, di cui fece parte dal 1960 al 1964). In altre teche sono esposti occhiali, berretti e cappelli, oltre ai Dischi d’oro e di platino vinti nel corso della sua carriera.
L’UNIVERSO
Tutto materiale messo a disposizione dalla Fondazione Lucio Dalla, che conserva i beni del cantautore: «C’è così tanta roba che forse il titolo più appropriato era Universo Dalla spiega Alessandro Nicosia, ideatore, curatore e organizzatore della mostra ci siamo rivolti ai compagni di scuola, agli amici di una vita, ai colleghi: nessuno si è tirato indietro». La mostra racconta il ruolo di Lucio Dalla nella cultura pop italiana degli Anni ’70, ’80 e ’90 e restituisce l’idea di un artista che era prima di tutto un innovatore e un precursore di stili e di linguaggi: «Aveva capito che bisognava rinnovare la musica italiana: lui lo fece con arrangiamenti e testi spiazzanti», dice Verdone, ricordando di quando Dalla s’infuriò dopo aver visto il suo nome scritto a caratteri cubitali sui manifesti di Borotalco, prima di ricredersi sul film e ringraziare l’attore e regista romano per quell’omaggio. A proposito: un’intera sezione della mostra è dedicata al rapporto di Dalla con la Capitale e la sua casa in Vicolo del Buco a Trastevere (Venditti, ritratto in una foto scattata proprio a Trastevere, nel 2017 riuscì a convincere il Comune a inaugurare una targa per ricordarlo), che esercitò un potere magnetico per la sua poetica visionarietà e fu ispiratrice di capolavori come La notte dei miracoli. L’Assessore alla Cultura di Roma Capitale Miguel Gotor ne è convinto: «È emblematico che la sede di questa mostra sia un luogo così classico, prestigioso e autorevole. Non amo l’espressione musica leggera: c’è la musica e basta. E Dalla resterà nella storia della musica».
Mattia Marzi