Corriere della Sera, 19 settembre 2022
L’Ucraina è sparita dai tg. A farla tornare sarà il caroenergia
Ieri ho provato a seguire un discreto numero di telegiornali. Non si parla quasi più della guerra in Ucraina, come se fosse finita. Certo, come dicevano i retori dell’antica Roma, maiora premunt, ci sono cose più importanti di cui parlare: l’alluvione nelle Marche, le prossime elezioni, i funerali della Regina Elisabetta...
Una quantità incommensurabile di «eventi» accade ogni giorno nel mondo, e solo una piccolissima parte di essi assurge a pubblica visibilità, diventa «notizia» o «fenomeno degno d’osservazione» grazie alla mediazione (cioè alla «messa in forma da parte dei media») dei grandi organi d’informazione. Solo dopo essere stata selezionata, una notizia diventa discorso.
Questo significa che ora non si parla più della guerra? Significa che l’Ucraina è diventata solo una delle tante dispute elettorali alla Giuseppe Conte («stare dalla parte sia dell’Ucraina che del disarmo»)? Significa che abbiamo abbandonato Zelensky al suo destino? Secondo la teoria dell’agenda setting (non è come l’agenda Draghi, è una teoria sociologica), i media predispongono per il pubblico una sorta di «ordine del giorno» degli argomenti cui prestare attenzione. In questo modo lo plasmano, lo influenzano.
Basta Ucraina? Se i tg non si occupano della guerra di Ucraina, la guerra non esiste più? Ci vogliono altre stragi di Putin per parlarne? È necessario che l’esercito ucraino ricacci l’invasore? No, come ci ha insegnato la serie norvegese Occupied (Netflix), i tg torneranno presto a occuparsi di Ucraina non appena la guerra modificherà il nostro stile di vita, come già sta succedendo.
In modo indiretto: Ucraina sono le bollette energetiche salate, sono le misure varate dal governo per contrastare gli effetti economici della crisi, sono le aziende costrette a chiudere. Ai primi freddi arriverà per tutti la Notizia: quanto siamo disposti a rinunciare della nostra agiatezza per una giusta causa?