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 2022  settembre 19 Lunedì calendario

Le sfide di Carlo III


Questo è il momento che più ho temuto» ha detto re Carlo III alla premier britannica Liz Truss nel primo incontro a Buckingham Palace dopo la morte della regina Elisabetta. Quello che sta avvenendo nel Regno Unito e che ogni media del mondo sta raccontando può aiutarci a comprendere la portata dell’eredità che la sovrana lascia a suo figlio. La forza e la profondità della reazione globale alla scomparsa della regina testimoniano l’incredibile soft power che il Regno Unito trae dalla sua monarchia. Che re sarà Carlo? Saprà far buon uso del lascito della seconda età elisabettiana? Mai, forse, un erede è stato più pronto per il trono, preparato e formato dalla sovrana che più ha regnato nella storia della Corona britannica. Come osservava lo scrittore Anthony Burgess «il potere del sovrano deriva dal suo sapere e dalla sua autorità morale». Sua madre lo ha preparato a regnare grazie all’esperienza di chi per più di 70 anni ha letto ogni documento governativo e ha incontrato ogni leader mondiale. Carlo potrà spendere questo bagaglio per mettere in pratica i doveri del monarca: consigliare, incoraggiare e avvertire. Il 2 giugno del 1969 nella prima intervista televisiva a David Frost, Carlo si diceva convinto che «il servizio alla patria significa concedersi al popolo, specialmente se sei ben accetto, ma anche quando non lo sei. Se senti di poter fare qualcosa, anche se il popolo pensa che non sia utile, ma tu ti credi nel giusto, allora sei al servizio della patria». Questa è stata la sua cifra da Principe di Galles. Diventato erede al trono, Carlo non aveva un esempio da seguire. Edoardo VIII non era stato un modello e il figlio di Elisabetta dovette ritagliarsi un ruolo. Il suo sostegno ai giovani e al volontariato attraverso il Prince’s Trust, fondato nel 1976 contro il parere dei cortigiani, ha dato vita a una serie di attività per le persone svantaggiate mai intraprese prima da un Principe di Galles. Ora ci sarà suo figlio, il principe William, ad occuparsene. Il re è stato criticato in questi giorni per la sua irritabilità di fronte “a penne stilografiche indisciplinate”. Le sue reazioni hanno messo ancora una volta in evidenza il suo brusco carattere, rievocando le terribili litigate con Diana che contribuirono a distruggere il loro rapporto. Peserà questo temperamento nell’esercizio dei suoi compiti? Nel suo primo discorso da re, Carlo ha messo in primo piano la sua futura neutralità, aggiungendo che sarebbe spettato a William, d’ora in poi, «continuare a ispirare confronti nel Paese, aiutando a portare al centro del dibattito le questioni marginali». La difesa dell’agenda verde derisa da molti in passato sarà certamente un tema affrontato negli incontri settimanali che il re terrà con i premier a Palazzo Reale. Vera sfida del suo regno, le spinte indipendentistiche degli stati e Carlo dovrà utilizzare tutta la forza comunicativa e simbolica della Corona per contribuire a superare le spinte separatiste che soffiano sul Regno Unito. Il dossier Irlanda è forse il più delicato. Secondo i termini dell’Accordo del Venerdì Santo, il Segretario di Stato per l’Irlanda del Nord è obbligato a indire un referendum ogniqualvolta risulti probabile che la maggioranza dei votanti sia favorevole alla riunificazione con la Repubblica d’Irlanda. Altro obiettivo importante sarà quello di far sì che il Commonwealth mantenga il sostegno di tutti i suoi membri. Le prove più grandi potrebbero però arrivare, come spesso accaduto alla madre, dall’interno della sua stessa famiglia. Non sarà solo. Farà affidamento sull’aiuto della principessa Anna e al suo fianco avrà il diplomatico Sir Clive Alderton, segretario privato principale del re, grande stratega negli affari di Corte. Carlo ha gestito con lui i complicati casi del fratello Andrea e di Harry e Meghan. Di lui si fida ciecamente. «Lo stile del suo regno sarà molto diverso da quello della regina, sarà un re attivo e probabilmente spingerà le proprie prerogative ai limiti, ma non li supererà» è convinto lo «storico Vernon Bogdanor. Farà tesoro di quanto dimostrato da Elisabetta II: distanza ed equilibrio possono essere fonti di forza reale. «Proteggerò la nostra diversità» ha detto Carlo, difensore della fede e capo della Chiesa d’Inghilterra, nel solco di quanto Elisabetta pronunciò durante le celebrazioni del Giubileo di Diamante: «Il ruolo della nostra Chiesa non è quello di difendere l’anglicanesimo escludendo le altre religioni. Al contrario, la Chiesa ha il dovere di proteggere la libera pratica di tutte le fedi in questo Paese». Saranno in tanti nell’età carolina a battersi perché diventi più austera l’immagine della Corona, meno sfarzo e minimalismo come avviene nelle “monarchie in bicicletta” scandinave. Il primo sondaggio sulle reazioni dell’opinione pubblica alla morte di Elisabetta II rileva che quasi nove persone su dieci lodano il regno di Carlo come positivo per il Paese. Del resto come diceva William Pitt, I conte di Chatham, «c’è qualcosa dietro il trono che è più grande dello stesso re». God Save The King!