La Stampa, 19 settembre 2022
Rock e preghiere, la radio che piace agli americani
«Il rock classico è un bel posto da visitare, ma non credo che la gente voglia vivere in un museo» sono le parole pronunciate quasi 40 anni da un direttore della programmazione di Billboard. E mai previsione fu più sbagliata. Secondo i dati di Inside Radio che monitora mensilmente i format delle stazioni statunitensi, solo quattro formati hanno mostrato una crescita rispetto a un anno fa: rock classico, successi classici, musica cristiania contemporanea e spagnoli. Il rock classico, classificato all’8° posto in base alle stazioni totali, ha aggiunto 39 stazioni rispetto a un anno fa e 10 dall’inizio del 2022, rispettivamente con guadagni del 6,6% e dell’1,6%. Il genere cristiano ha avuto una crescita pari all’1,8%. Il country, saldamente al primo posto, è ancora comodamente davanti a notizie/talk show con 2.179 stazioni statunitensi contro le 2.015 di quest’ultima categoria: ne ha aggiunte altre sette da gennaio per un aumento dello 0,3%, anche se ne ha perse 15 anno su anno per un calo dello 0,7%. Con 1.600 organizzazioni di radiodiffusione cristiana che spazia da singole stazioni a reti espansive, il genere «christian music» è stabilmente al quarto posto assoluto.
Lanciata nel 1982 a Rocklin, in California, K-Love Radio è cresciuta così tanto da diventare una stazione a livello nazionale con oltre 20 milioni di ascoltatori a settimana. Oggi, K-Love è la più grande rete radiofonica cristiana negli Usa e la seconda più grande rete radiofonica di qualsiasi genere. Parte della National Religious Broadcasters, un’associazione internazionale di comunicatori evangelici, K-Love «stabilisce uno standard di riferimento per la radio cristiana positiva, incoraggiante e accessibile che va oltre la riproduzione musicale, per raggiungere gli ascoltatori attraverso il ministero e la preghiera», come afferma Troy A. Miller, ceo di «Nrb». Oltre a presentare i migliori artisti musicali cristiani, le personalità e il personale in onda di K-Love creano spazio per conversazioni con ascoltatori di ogni ceto sociale. Secondo dati recenti, K-Love ogni giorno gestisce una media di mille richieste di preghiera e situazioni di crisi. Bill Reeves, ceo di Educational Media Foundation, che gestisce K-Love e la sua stazione gemella, Air1, ha dichiarato: «Abbiamo visto di tutto, da matrimoni salvati a suicidi evitati alle semplici professioni di fede, con la vita delle persone che cambia grazie all’ascolto di una canzone di tre minuti su K-Love». In realtà non si tratta solo di musica, anzi: K-Love e Air1 combinano musica e missione, fornendo agli ascoltatori un senso di comunità e di connessione, e risposte e preghiere tra le canzoni.
Introdotto per la prima volta nel 1985 da Fred Jacobs, presidente di Jacobs Media, sulla frequenza Fm di Wmmq di Lansing, nel Michigan, anche il format classic rock non ha vissuto, in questi quasi 40 anni, nessuna crisi, ma anzi è in crescita e continua ad evolversi per stare al passo con l’inesorabile progresso demografico. «La colonna sonora del film Grande Freddo e l’ascesa del Cd hanno contribuito al successo iniziale della radio rock classica – ha spiegato Jacobs anni fa a Billboard -. Ricordavano al pubblico la musica della loro giovinezza e offrivano un nuovo modo alla moda per acquistarla». Anche il ritorno della Coca-Cola «classica» dopo la debacle della New Coke, sempre nel 1985, ha contribuito a consolidare la potenza del termine scelto. Soprattutto, agli albori dell’era di Mtv, la radio rock classica soddisfava un’esigenza del mercato. «Il rock classico incarna un’immagine molto bianca, maschile, da baby boomer – ha osservato Devon Powers, professore associato di comunicazione alla Drexel University e autore di Writing the Record: The Village Voce e la nascita della critica rock -. È quasi come una museo-ificazione: il classic rock oggi è un classico, con tutte le connotazioni negative e positive di questa parola».
Nonostante molti dei suoi ascoltatori originali siano invecchiati ben oltre il target demografico iniziale che andava dai 25 ai 54 anni, il classic rock rimane rilevante grazie agli ascoltatori registrati all’interno delle nuove generazioni. O, per dirla con le parole di Sean Ross, vicepresidente della musica e della programmazione per Edison Research: «Il formato ha beneficiato di un numero più che aneddotico di diciottenni che hanno scoperto i Led Zeppelin». Ciò che costituisce il rock classico oggi ingloba Nirvana, Metallica, Pearl Jam, band che, per ovvi motivi, venti anni fa non ci sarebbero state dentro. «È una piccola parte delle ragioni per cui affascina anche i più giovani». Per questo e altri motivi, per chi decide di fare pubblicità in radio, i programmi classic rock rappresentano una fascia demografica ampia – che come abbiamo visto comprende sia boomers che millennials – e allettante dal punto di vista socioeconomico. Come rilevava già una ricerca del 2015 della Canadian Review of Sociology «il rock classico è ora considerato “intellettuale” e preferito da chi ha stipendi annuali superiori a 100 mila dollari all’anno. Anche se i fan del rock classico potrebbero non essere stati ricchi negli anni ’60 e ’70, ora hanno ottime carriere». E soldi da spendere, magari in magliette dei Rolling Stones, il gadget di riferimento per questo tipo di ascoltatori. —