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 2022  settembre 19 Lunedì calendario

Woody Allen dà l’addio al cinema


los angeles
Cinquanta film girati. Numero tondo. Finisce qui la carriera di Woody Allen, uno dei più prolifici autori e registi nella storia del cinema che in un’intervista a un quotidiano spagnolo ha reso pubblico ciò che tra gli addetti ai lavori si vociferava da tempo e che lo stesso Allen aveva fatto intuire durante una precedente intervista con Alec Baldwin, un altro che come lui ha subito il giudizio, severo e insindacabile dei grandi studios americani, sempre più inclini a non collaborare con personaggi controversi.
«La mia idea, in linea di principio è quella di non fare più film e concentrarmi sulla scrittura», ha detto Allen, che lavorerà a un ultimo lungometraggio intitolato Wasp 22 da lui definito come «una sorta di thriller romantico velenoso», paragonandolo a Match Point film uscito nel 2005 e che verrà girato a Parigi e interpretato solo da attori francesi. Un Paese, la Francia, che con l’Italia è tra i pochi a non essersi disamorato del regista ottantaseienne e che ha sempre rappresentato un’oasi sicura per il regista newyorkese, un amore ricambiato. Indimenticabile infatti la battuta finale di Hollywood Ending, quando nei panni di un regista che diventa cieco durante le riprese di un film, alla notizia che è stato accolto con grande entusiasmo al festival di Cannes esclama: «Dio benedica i francesi!», in una critica nemmeno troppo velata alla stampa statunitense, al cinema mainstream a stelle e strisce e alla presunta ottusità del grande pubblico.
Il regista, 4 premi Oscar, 4 Golden Globes, 2 premi al Festival del cinema di Venezia, una Palma d’oro e un’infinità di altri riconoscimenti per un totale di 228 nominations e 145 vittorie è un gigante del cinema e ancora oggi detiene il record assoluto per il numero di nomination agli Oscar per la migliore sceneggiatura. Nella sua lunga carriera, Allen ne ha ricevute ben 16 a dimostrazione che il suo lavoro è sempre stato apprezzato anche in America, nonostante la sua ritrosia a partecipare alle cerimonie di premiazione e il suo evidente disprezzo per il sistema dello star system Usa. Un matrimonio di convenienza quello con Hollywood, che si è però dissolto negli ultimi anni, quando sull’onda del Metoo, è ripiombato nel baratro delle accuse e delle polemiche per le accuse di molestie alla figlia adottiva Dylan, mossegli dalla ex compagna Mia Farrow.
Accuse da cui si è sempre difeso dichiarandosi innocente, anche in tribunale, ma che non è mai riuscito a fugare completamente, complici anche le tante dichiarazioni poco lusinghiere nei suoi confronti di attori e attrici e un documentario uscito negli Stati Uniti su Hbo, Allen vs Farrow, che ha fatto scalpore. Un rumore così assordante quello intorno alla sua figura, che Amazon, dopo averlo finanziato, nel 2019 decise di non distribuire uno dei sui ultimi film, Un giorno di pioggia a New York, tranciando di netto i rapporti tra il regista e Hollywood. Un taglio che si è fatto ancora più profondo con film successivo, Rifkin’s Festival, che incassò solo 2,3 milioni di dollari nel mondo.
Regista elitario e allo stesso tempo popolare, fine, elegante, innovatore, sarcastico e acuto, autore di film indimenticabili come Amore e guerra, Io e Annie, Manhattan, La rosa purpurea del Cairo, Hannah e le sue sorelle, Tutti dicono I love You, Allen ha dunque pagato duramente i suoi trascorsi privati e già qualche tempo fa aveva detto di avere perso entusiasmo. In una conversazione con Alec Baldwin, trasmessa su Instagram lo scorso giugno, aveva confessato di voler dirigere al massimo «uno o due altri» film, spiegando che l’entusiasmo era passato anche per le nuove regole sull’uscita dei film in sala e sul loro rapido passaggio allo streaming video: «Gran parte del brivido è sparito. Ora fai un film e ti ritrovi per un paio di settimane in un cinema, e poi passi allo streaming o al pay per view. Non è lo stesso. Non è così divertente per me. Ne farò un altro e poi vedrò come ci si sente». —