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 2022  settembre 19 Lunedì calendario

Chiedere l’elemosina online

Il cestino è roba obsoleta. Quasi come la borsa di velluto rosso, quella con il manico lungo, con cui i chierichetti giravano di banco in banco raccogliere le offerte durante la messa. Quando per un attimo la sacralità s’interrompeva. La mamma dava le monete al bambino: «Dai, avanti mettile lì...». E sembrava un rito immutabile, quasi come la stretta di mano quando il sacerdote dall’altare scandiva: «Scambiatevi il segno della pace».
I tempi sono cambiati. Il Covid ha cancellato – ma non ovunque – quel momento di contatto tra i fedeli, i sorrisi che accompagnavano le mani avvinghiate e quella parola appena sussurrata per non disturbare: «Pace».
Chiesa di Santa Giulia a Torino: tracce della marchesa Giulia Falletti di Barolo che la fece costruire nella seconda metà del 1800. Qui è stata la modernità a far fare un passo in più. La tecnologia è entrata sotto le splendide volte decorate di azzurro e tra le colonne slanciate di questo tempio dalle tracce neogotiche. Un cartello all’ingresso spiega che le offerte qui si possono fare con il cellulare: «Sei a corto di monete? Lascia l’offerta con Satispay». Insomma: usi il telefono, apri la app per pagamenti, inquadri il Qrcode, scrivi la cifra che vuoi donare. Tutto fatto. E le offerte le puoi lasciare prima della messa, o quando te ne vai. O il mattino dopo mentre vai a fare la spesa.
Ora, non è che i cestini siano scomparsi del tutto, come il rito del privarsi di qualcosa per darlo a chi ne ha più bisogno. Ma il passo in avanti, far entrare la tecnologia in un gesto che sapeva di sacro, è qualcosa che racconta i tempi. Satispay è una app per pagamento elettronico, nata nel Cuneese e diventata popolarissima, almeno nel Nord Ovest del Paese: dal Piemonte alla Lombardia alla Liguria. Il no profit è entrato, di conseguenza, negli interessi della società. Lo dice bene Marcello Marazzi, Country Manager Italia di Satispay: «Il modello innovativo su cui si fonda il nostro sistema di pagamento, che consente di effettuare e incassare anche piccole somme, nasce dall’originale intuizione che fosse necessario trovare un sistema di raccolta anche di micro donazioni che fosse immediato, economico e non dispersivo. Questi sono i due elementi che hanno portato la società, fin dalla nascita, ad avere un forte impegno su quest’area».
Dalle donazioni ad associazioni grandi e piccole attraverso l’applicazione made in Piemonte al suo utilizzo in chiesa il passo è stato breve. E pare che funzioni. Quanto? Questo è un dato che per ora i sacerdoti della chiesa di Santa Giulia non riescono a quantificare. Quel che è certo è che la scelta è stata fatta partendo da una considerazione ormai sulla bocca di tutti: «I pagamenti in formato elettronico stanno diventando la nostra quotidianità».
Don Paolo Pietroluongo, il viceparroco di questa chiesa nel cuore di una delle aree della movida, è uno che conosce bene i suoi fedeli. E non si tira indietro di fronte alle novità. Dice: «Ad un certo punto ci siamo accorti che i parrocchiani giovani non davano più nulla. Non per cattiva volontà, ma perché hanno sempre meno monete in tasca. Pagano con la carta oppure con le app: le monete non le hanno più». Da qui è partito il ragionamento che ha portato alla novità. E che ha trovato nel parroco di santa Giulia, don Gianluca Attanasio, un grande sostenitore. Forse il primo, e più convinto. Il resto è stata una strada tutta in discesa. Nessun problema di privacy: il sistema registra soltanto il nome di chi ha versato, non il cognome. Non tiene tutto in memoria. E nessuno paga commissioni. Come accade per le microdonazioni alle onlus che hanno adottato lo stesso sistema per raccogliere le offerte.
Ora la domanda è: come hanno reagito i fedeli più anziani, quelli che hanno meno dimestichezza con cellulari ed elettronica? A Santa Giulia hanno pensato anche a loro: i cestini per la raccolta delle offerte ancora resistono. Per quanto? È il caso di dirlo: solo Dio lo sa. —