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 2022  settembre 19 Lunedì calendario

Alla Pugaciova, la cantante più popolare della Russia ha condannato la guerra in Ucraina

«Auguro alla mia patria benessere, pace e libertà di espressione, e vorrei che i nostri ragazzi cessino di morire per obiettivi illusori, che rendono il nostro Paese un paria»: probabilmente mai nella storia russa un post su Instagram ha ricevuto più like e cuoricini in poche ore. È un terremoto di dimensioni impensabili. Alla Pugaciova, la cantante più popolare della Russia e dell’ex Urss, la superstar per eccellenza, la donna che ha ispirato, consolato e fatto piangere il pubblico per 40 anni, dall’alto dei suoi 250 milioni di dischi venduti, decine di titoli onorifici vinti e tonnellate di gossip, ha condannato la guerra in Ucraina. Per capire la portata dell’evento, bisognerebbe ricordare quella vecchia barzelletta che diceva che nei libri di storia Leonid Brezhnev sarebbe stato menzionato come un «politico minore dell’epoca di Alla Pugaciova». La barzelletta da allora è stata aggiornata più volte – Brezhnev è stato sostituito da Andropov, Chernenko, Gorbaciov, Eltsin e Putin – ma continua a rispecchiare una verità che nessuno ha mai osato mettere in discussione: la Alla nazionale è una diva intramontabile, un monumento vivente. Proprio per questo, il dibattito sul suo silenzio rispetto alla guerra in Ucraina aveva animato i salotti del dissenso come le chat degli analisti politici, in quella strana convinzione che proprio la sua parola avrebbe potuto cambiare qualcosa.
Alle prime bombe sganciate sull’Ucraina, la cantante aveva lasciato la Russia, come tantissime altre star dello spettacolo russe, ma si era astenuta da prese di posizione pubbliche, a differenza di suo marito, il comico Maksim Galkin. Dopo sei mesi tra Israele e Lettonia, Pugaciova era rientrata a Mosca, dichiarando alle telecamere che per prima cosa avrebbe voluto «spaccare il muso a una certa persona» (l’allusione a Vladimir Putin era apparsa ovvia a molti), e deponendo un enorme mazzo di gigli sulla bara di Mikhail Gorbaciov, rimpianto perché «rifiutava la violenza come metodo politico».
Allusioni e strizzate d’occhio, ma nient’altro, e i fan avevano abbandonato le speranze: idolo e coetanea della generazione più nostalgica dell’Urss, e più favorevole alla guerra, la 73enne star, per quanto intoccabile, sembrava non volere rischiare. Fino a che Galkin, rimasto in Israele a esibirsi con concerti in cui vestiva dei colori della bandiera ucraina e criticava Vladimir Putin, non era stato dichiarato dal ministero della Giustizia russo un “agente straniero”, l’etichetta affibbiata ai nemici del regime. La risposta della diva è stata una beffarda dichiarazione scritta: «Chiedo al mio amato Paese di venire annoverata tra gli agenti stranieri perché sono solidale con mio marito, un uomo onesto, per bene e sincero, un vero incorruttibile patriota».
La pioggia di like sotto queste parole della cantante apre per il Cremlino un fronte completamente nuovo. Pugaciova non era mai stata una star politica: i suoi comportamenti da diva, i suoi abiti vistosi, il trucco pesante e la voce roca da fumatrice le rendevano senz’altro la vita difficile nel mondo ingessato e perbenista della musica leggera sovietica, ma non era una dissidente. Non aveva mai cantato una canzone di regime: solo amore, cuore spezzato, solitudine, inframezzati da qualche brano per bambini, scritti dai migliori compositori dell’epoca. Probabilmente, nessuno si era mai posto il problema delle idee politiche di Alla Borisovna, come viene rispettosamente chiamata: in un mondo pervaso dall’ideologia, la sua sfida era proprio quella di privilegiare il privato, e la sua tumultuosa vita sentimentale – inclusi cinque mariti, di cui gli ultimi due più giovani di lei rispettivamente di 20 e 30 anni – rappresentava un sogno per milioni di sovietiche frustrate.
La rivolta di Pugaciova è la rivolta del russo comune, della maggioranza silenziosa che alla grandeur imperiale preferiva un tranquillo benessere con mutuo per la casa, shopping e TV nel weekend e un’indifferenza conformista. Il passaggio sui “nostri ragazzi” che muoiono – molti liberali che avrebbero voluto dalla star più compassione per gli ucraini massacrati – è «rivolto alla maggioranza indecisa, le cui simpatie saranno decisive per questo scontro», reagisce il politologo Abbas Galyamov, mentre i blogger nazionalisti si stanno già interrogando se dietro alla presa di posizione della intoccabile Pugaciova ci sia una partita dei clan moderati del regime, consci della catastrofe provocata da Putin. —