1 - C'ERA UNA VOLTA LA BUSSOLA, 18 settembre 2022
ABBIAMO PERSO LA BUSSOLA – IL LOCALE SIMBOLO DELLA VERSILIA APRE LE PORTE IL 4 GIUGNO 1955 CON RENATO CAROSONE. POI ARRIVERANNO MINA, CELENTANO, MODUGNO, LOUIS ARMSTRONG, I PLATTERS, ELLA FITZGERALD, MARLENE DIETRICH, MILES DAVIS… – È QUI, NELL'ESTATE DEL 1961, CHE NASCE L'AMORE SCANDALOSO TRA STEFANIA SANDRELLI E GINO PAOLI. ED È SEMPRE QUI CHE, DOPO UN CONCERTO, MOGOL CONSIGLIA A BATTISTI DI NON ESIBIRSI PIU' – LA FEROCE CONTESTAZIONI DEL 1969 ORGANIZZATA DA GIORGIO PIETROSTEFANI (“LOTTA CONTINUA COMINCIÒ LÌ”) – PEPPINO DI CAPRI: “QUANTE SERATE A GIOCARE A RAMINO POKERATO, ARRIVAI A PAGARE..." -
Paolo Giordano per “il Giornale” Basterebbero già le foto all'ingresso. Mina, Celentano, Ray Charles, Tom Jones. Una di fianco all'altra. Una più simbolica dell'altra. Quando entri nella Bussola di Marina di Pietrasanta, passeggiando fino ad arrivare in riva al mare, entri in un mondo senza tempo. Perché quel tempo, ossia gli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta, è ormai depositato nella banca dei nostri ricordi e da lì mica se ne va, anzi.
Oggi la Bussola è rinata e germoglia un'altra volta per una generazione di ragazzini che naturalmente non c'erano quando tutto questo è nato, ossia il 4 giugno 1955. Dice la leggenda che il celebre Sergio Bernardini avesse avuto come regalo di Natale l'affitto di questo locale dal proprietario Alpo Benelli e da allora iniziò a costruire un mito. Quella sera fu Renato Carosone a inaugurare con la sua orchestra (cachet, si dice, di 1 milione e 600mila lire) quello che alla velocità della luce sarebbe diventato un tempio della musica, del costume e pure del gossip italiano. Se eri un cantante, puntavi a esibirti alla Bussola per diventare una vera star.
Se eri un aspirante famoso (oggi si dice influencer), la Bussola era il tuo crocevia. Se poi di mestiere facevi il paparazzo, beh, come si faceva a non avere una postazione fissa alla Bussola, dove passava chiunque «facesse titolo», gli aristocratici, le dive, gli attori, gli imprenditori rampanti e i rampolli di buona famiglia che trasformavano l'estate in un set di amori, amorazzi, eccessi, intrighi e passerelle di abiti nuovi.
TRADIMENTI CELEBRI Per capirci, d'estate le pagine dei rotocalchi grondavano di storie uscite dalla Bussola. Quando finì l'anno di militare, Adriano Celentano scelse la Bussola per tornare dal vivo con la sua band I Ribelli. Era l'agosto del 1961, gli italiani si erano ripresi dalla crisi del Dopoguerra e iniziavano ad andare davvero in vacanza. C'era il «boom», che non era soltanto un dato economico ma si dimostrava soprattutto uno stato d'animo. Si respirava la voglia di ripartire, di divertirsi, di rimediare alle angosce degli ultimi decenni con quella salutare dose di leggerezza che adesso, nel nostro tempo, abbiamo purtroppo dimenticato un'altra volta.
Allora la Bussola diventa un riflettore dell'italianità che dappertutto rinasce. Nella Roma della Dolce Vita (non quella di oggi cantata da Fedez) arrivano divi hollywoodiani e paparazzi, a Palazzo Chigi c'è Amintore Fanfani con quello che sarà il «governo delle convergenze parallele», a Palazzo Pitti sfila per la prima volta una collezione di Valentino. Si torna a respirare. Ad agosto i Beatles fanno il loro primo concerto al Cavern di Liverpool e qui da noi, in Italia, arriva il primo tormentone, ossia Legata a un granello di sabbia di Nico Fidenco. Il bello è che tutto sembra inedito.
Proprio in quell'estate del 1961, alla Bussola nasce l'amore tra Stefania Sandrelli e Gino Paoli, che era sposato con Anna Fabbri: «Mi innamorai di lui per una canzone» ha detto poco tempo fa questa attrice superba. In ogni caso, «l'affaire Paoli Sandrelli» diventò di dominio nazionale, con diluvio di foto e di chiacchiere, di indignazione perché lei era minorenne e di illazioni sul loro futuro (si lasciarono definitivamente nel 1968). Di quell'epoca si sente ancora il «profumo» entrando alla Bussola passando di fianco al bar che precede di pochi passi la spiaggia. A destra c'è la piscina. Più avanti le tende e le sdraio.
L'atmosfera è cambiata ma il filo conduttore resta lo stesso di allora, quando «ci si vestiva bene» per andare alla Bussola e godersi qualcosa di totalmente unico. Qualche settimana fa, Mario Lavezzi parlando proprio alla Bussola ha ricordato che, dopo un concerto in questo locale, Mogol consigliò a Lucio Battisti di rinunciare alle esibizioni dal vivo perché non era abbastanza empatico con il pubblico. Una decisione che ha cambiato la musica d'autore italiana.
GOTHA INTERNAZIONALE Anno dopo anno, alla Bussola arrivano tutti, ma proprio tutti. I cantanti, da Louis Armstrong a Neil Sedaka, dai Platters a Peppino Di Capri, Don Marino Barreto jr, Milva, Ella Fitzgerald, Domenico Modugno, Gilbert Bécaud, Marlene Dietrich, Juliette Greco, Josephine Baker, Wilson Pickett, Edoardo Vianello, Lola Falana, Miles Davis, Walter Chiari, Lelio Luttazzi eccetera. E si vedono anche i volti noti, quelli che oggi si chiamano vip e che facevano a gara per trascorrere una serata davanti ai fotografi.
Non c'erano i social, c'era la Bussola di Sergio Bernardini. Pochi chilometri più avanti, verso Forte dei Marmi, c'era la Capannina, altro epicentro di vita notturna visto che già nel 1939 ci transitò un giovanissimo John Fitzgerald Kennedy. Ora, a poche centinaia di metri dalla Bussola c'è il Twiga, simbolo di una mondanità lontana anni luce da quella che ha reso celebre (e immortale) la Bussola. E il Bussolotto? Era un locale collegato alla Bussola, ma dedicato alla musica jazz, dove, fra gli altri, si esibì diverse volte Romano Mussolini. In sostanza era un «privè» nel quale si ritrovavano anche personaggi famosi in cerca di riservatezza.
COSTUME D'ESTATE In poche parole, la Bussola dettava il tempo dello spettacolo e del costume d'estate. Per capirci, era l'epoca delle vere dive, il momento nel quale Mina e Ornella Vanoni si contendevano i riflettori. Una rivalità che Sergio Bernardini, autentico scopritore di Mina ma amico leale anche della Vanoni, racconta così nel suo libro Non ho mai perso la bussola, pubblicato da Garzanti nel 1987: «C'è Mina e c'è la Vanoni. Se Mina è in un modo, Ornella è il suo opposto».
Alla Bussola, se c'è una, non c'è l'altra. Una volta, Mina ha la febbre alta e Ornella Vanoni, che è in vacanza a Forte dei Marmi, accetta di sostituirla. Quasi a fine concerto, tra il pubblico si ritrova proprio Mina avvolta da una coperta che la applaude persino più degli altri. Un'altra volta, Ornella Vanoni stupisce davvero tutti. Sergio Bernardini lo racconta così: «Non capisco davvero perché, al pomeriggio durante le prove, (lei) si rivolga in continuazione al tecnico delle luci ricordandogli che, quella sera, ad un certo punto di una canzone il cui titolo ora mi sfugge (ritengo possa trattarsi di Senza fine) vuole che lo spot solare la illumini dal basso verso l'alto. Non mi pare una cosa così importante.
Sbaglio, naturalmente. Lei ha già preparato il suo grande colpo di teatro. Questo: vestito bianco aderentissimo, espressione del viso da civetta come mai. S' accende il famoso e richiestissimo riflettore e per la gente (i maschietti in particolare) c'è Ornella che sotto il vestito non porta proprio nulla, come direbbero i Vanzina». Immaginatevi che cosa accadrebbe oggi con gli smartphone e i social a moltiplicare all'infinito quelle foto galeotte: se ne parlerebbe per giorni.
CAPODANNO «CALDO» Della Bussola si parlò molto anche il primo gennaio del 1969 perché nella notte di Capodanno, quando avrebbero dovuto esibirsi Fred Bongusto e Shirley Bassey, una violenta contestazione portò anche in questo locale della Versilia il clima del tempo. Il «Potere Operaio di Pisa» aveva organizzato una manifestazione contro la sfilata di lusso che si sarebbe vista alla Bussola dove, tanto per capire, il cenone sarebbe costato 36mila lire, ossia lo stipendio mensile di un operaio.
Per convocare la protesta fu lanciato un manifesto preparato da due futuri dirigenti di Lotta Continua, Giorgio Pietrostefani e Paolo Brogi. L'obiettivo era chiaro: «Il 31 dicembre faremo la festa ai padroni». Uno slogan talmente truce che, ha rivelato tanti anni dopo Pietrostefani, Adriano Sofri lo giudicò «una caduta di stile». Arrivarono migliaia di persone (tra loro anche Massimo D'Alema), molte con sacchi di vernice rossa, qualcuno con buste piene di escrementi. Come spesso accadeva, si unirono i cosiddetti «facinorosi» e qualche gruppetto di neofascisti. La polizia intervenne. I ragazzi costruirono barricate e poi scapparono in spiaggia e tra le ville lì intorno. Su di una barricata rimase Soriano Ceccanti che aveva 16 anni e da allora vive sulla sedia a rotelle (paradosso burocratico: nel 2013 l'Inps gli ha revocato la pensione d'invalidità).
«Lotta Continua cominciò lì» ha riassunto Pietrostefani. La Bussola rimase uno dei centri nevralgici dell'Italia popolare per tanto tempo pagando, com' è naturale, un calo di popolarità, qualche cambio di gestione e persino una chiusura per «rumore molesto».
Adesso c'è la Bussola 2.0, che è gestita dalla famiglia Angeli e interpreta lo spirito del tempo ospitando i concerti (straesauriti) di Lazza, Tedua, Rhove e altri eroi della nuova scena musicale. Ma non solo. Ci sono i pomeriggi con protagonisti come Mara Venier o Rita Dalla Chiesa e Matteo Bassetti. E c'è comunque un ritorno a quella riservatezza elegante che è stata il marchio di fabbrica della Bussola fin da quella prima serata nel 1955 con Renato Carosone. I tempi sono cambiati. Ma, passando all'ingresso davanti alle foto di Mina, Celentano e Ray Charles, l'atmosfera rimane indiscutibilmente la stessa.
2 - "LE NOTTI PASSATE A GIOCARE A CARTE E QUEL DEBITO DA QUATTRO MILIONI" Paolo Giordano per “il Giornale”
Ascoltarlo è un piacere. Quando canta, si sa, Peppino Di Capri ha un repertorio come pochi. E, quando parla, ha il garbo senza tempo che rende fascinoso ogni racconto. Ottantatrè anni e non farli sentire. «La Bussola? Che tempi quei tempi».
La sua prima volta? «Nel 1960. Però l'anno prima avevo partecipato al tour Bussola On Stage in giro per l'Italia con Romano Mussolini, Chet Baker e altri. Ma nel 1960 mi sono esibito proprio alla Bussola con la mia band. Stavamo lì per un mese, suonando tutta la sera anche se poi a una certa ora arrivava l'attrazione principale. Quell'anno c'era Caterina Valente. Ma poi ci furono Ray Charles e altri...».
E Mina? «Lei era in cartellone nel 1961, era già famosa, aveva cantato Tintarella di Luna e Le mille bolle blu».
Come fu il vostro incontro? «In realtà la conoscevo già da anni, direi dal 1958. A Ischia io cantavo al Rangio Fellone, lei al Moresco che era a cento metri. Si chiamava ancora Baby Gate e andava sul palco con la sua band, I solitari. Eravamo giovanissimi. Lei era bellissima, molto simpatica e si faceva notare. Chi finiva prima, andava a prendere l'altro. Quando toccava a me, prendevo la mia Lambretta, la accendevo e partivo».
Più o meno a che ora? «Si iniziava alle 22 circa e non si finiva prima delle 3.30 o le 4».
E poi? «Andavamo in giro a svegliare pescatori o cuochi per fare uno spaghetto alle vongole o un piatto di pesce perché avevamo una fame pazzesca. Lei non lo può certo sapere, ma i nostri concerti avevano un ritmo frenetico, mica potevamo mangiare tra una canzone e l'altra. Appena rallentavamo un po' il ritmo, il proprietario del locale arrivava subito a dire: E allora? Forza su! Suonate, suonate così la gente balla. Quanti ricordi, che tempi».
Quindi alla Bussola vi conoscevate già. «Eccome. Ed eravamo pure in qualche modo concorrenti. Però io alla Bussola credo di esserci andato molte più volte».
Ci fece pure il pranzo di nozze. «Con Roberta, la mia prima moglie, mi sposai lì vicino, alla chiesa delle Focette. L'avevo conosciuta a Ischia, dove la vidi ballare con William Holden. Lei faceva l'indossatrice».
Oggi si direbbe modella. «Mi innamorai subito e le dedicai una canzone. Sergio Bernardini ci offrì di fare il pranzo di nozze proprio alla Bussola: Ci penso io, tu pensa ai 200 invitati. Accettammo. Fu un pranzo meraviglioso con tanta gente, tutti elegantissimi. Gino Paoli arrivò in jeans, ma lui è sempre stato un tipo strano».
E poi? «Dopo aver aperto tutti i regali di nozze, mi accorsi che mancava proprio quello di Bernardini. Pensai che, come regalo, mi avesse offerto il pranzo. E invece no».
Niente regalo? «Anzi, il direttore della Bussola mi chiese quattro milioni e mezzo di lire di allora. Io gli dissi: Ma il regalo?. E lui rispose: Quello è già stato scalato».
Da cosa? «Dal debito che avevo scoperto di avere».
Oddio. «Dopo i concerti avevamo preso l'abitudine di giocare a carte. Io, Sergio, Carletto Pirovano il cuoco della Bussola che sapeva preparare piatti favolosi anche alle quattro di notte, poi Bruno Martino, Fred Bongusto e altri».
Scusi quale gioco? «Allora si chiamava ramino pokerato. Però se vincevo io, Sergio Bernardini voleva subito la rivincita. Se vinceva lui, segnava subito. Alla fine dovetti pagare 4 milioni e mezzo per il mio pranzo di nozze, anzi no per il debito a carte».
Poi partì per il viaggio? «Sì ma durò due giorni perché avevo già un concerto fissato al Covo di Nord Est a Santa Margherita Ligure».
C'era la Bussola e c'era il Bussolotto, una sorta di privè con musica più sofisticata. «Un anno alla Bussola arrivò Joao Gilberto ma nessuno se lo filò. Allora Bernardini lo fece suonare al Bussolotto, dove noi andavamo ad ascoltare i grandissimi Renato Sellani, Romano Mussolini e tutti i jazzisti più famosi».
C'è una foto in cui lei alla Bussola canta in piedi sopra il pianoforte davanti a una platea di ragazzi che ballano. «Era l'epoca di Let's twist again e Saint Tropez, erano tutti scatenati».
Scatenati ma elegantissimi. «Erano belli puliti, il look non era certo da rockettari. Alla Bussola arrivavano persone importanti, tanto per capirci arrivavano anche Gianni e Umberto Agnelli... L'atmosfera era divertita e scatenata ma c'era un certo stile, uno stile indimenticabile ma pure irripetibile perché quell'epoca della Bussola non tornerà più. Adesso è cambiato tutto e si riparte daccapo».