Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2022  settembre 18 Domenica calendario

Intervista a Letizia Moratti

Milano Dottoressa Letizia Moratti, riavvolgiamo il nastro. Siamo a giugno. Lei dà la sua disponibilità a candidarsi alle Regionali lombarde per il centrodestra. Dopo qualche giorno Salvini ribadisce che il candidato è Fontana. Che succede adesso?
«Mi sono messa a disposizione come ho fatto in passato quando mi è stato chiesto. Dall’impegno in Regione Lombardia a gennaio 2021 come vicepresidente ed assessore al Welfare alla candidatura per la presidenza della Repubblica lo scorso febbraio. Per non citare i ruoli passati come sindaco di Milano e ministro dell’Istruzione».
Chi le ha chiesto di candidarsi?
«Voglio evitare di creare confusione in questo momento a ridosso delle elezioni nazionali».
La sua candidatura è ancora sul piatto?
«Sono a disposizione secondo principi di rispetto e lealtà sino a quando verrà fatta una scelta definitiva. Ritengo di poter offrire, anche con una mia importante rete civica già attiva, un valore aggiunto alla Lombardia, come ho dimostrato in un anno e nove mesi di lavoro».
Anche al di fuori del centrodestra?
«Come ho detto confermo la mia disponibilità in un’ottica di lealtà fino a quando non mi sarà data una risposta definitiva».
Quando?
«Dopo che si sarà formato il nuovo governo. Chiaramente in tempo utile per rispetto degli elettori e per poter ascoltare i territori».
Fontana aspetta ancora la benedizione di tutto il centrodestra. Lei ha parlato con Meloni e Berlusconi?
«Le interlocuzioni sono sempre attive. Adesso è in corso un’importante campagna elettorale nazionale ed è giusto che ci si concentri su quella».
È vero che Berlusconi ha messo un veto sul suo nome?
«Non mi risulta affatto».
A FI la Sicilia, a FdI il Lazio, alla Lega la Lombardia. È così o la partita è ancora aperta?
«Intendo la politica come una delle massime espressioni dell’impegno civile democratico e repubblicano, non come una spartizione di poltrone o una lottizzazione fatta con il manuale Cencelli alla mano. Ritengo sia doveroso, per rispetto dei cittadini, proporre programmi adeguati per rispondere ai problemi concreti e figure in grado di metterli in pratica assumendosene la piena responsabilità».
Da candidata alle Regionali a possibile ministra in un governo del centrodestra. Prenderebbe il posto di Speranza?
Giorgia Meloni è una persona molto seria. Pur provenendo da estrazioni culturali diverse, la apprezzo per il pragmatismo: è una donna
«Il ministero della Salute è centrale nell’esecutivo per la necessità irrimandabile di investire sul sistema sanitario pubblico. Ritengo però di poter dare un contributo più completo nella mia Regione».
Com’è il suo rapporto con Giorgia Meloni?
«Di reciproca stima e cordialità. Giorgia Meloni è una persona molto seria, coerente e onesta. Si impegna, studia, si prepara cercando di ascoltare e comprendere le problematiche per poi riuscire a dare risposte concrete. Pur provenendo da estrazioni culturali diverse, la apprezzo per il pragmatismo: è una donna».
Si è parlato di lei anche come premier nel caso Meloni abdicasse. Quanto c’è di vero?
«Spetterà al capo dello Stato assegnare l’incarico di formare il nuovo governo sulla base dell’esito elettorale e delle consultazioni. Massimo rispetto istituzionale per il presidente Mattarella, chiamato a un compito ponderoso».
Ha criticato FI e Lega per la sfiducia a Draghi. Si ritrova ancora nel centrodestra?
«Per la situazione interna e soprattutto per il contesto internazionale, sarebbe stato opportuno continuare a sostenere il governo Draghi nel pieno dei suoi poteri. L’autorevolezza del premier, in particolare nello scenario europeo, avrebbe aiutato l’Italia. Di fronte a scenari di ingovernabilità però è stato altrettanto opportuno procedere celermente allo scioglimento delle Camere e al voto. Rivolgersi agli elettori non è mai un errore. Credo che in questo momento sia necessario però per la politica che ha a cuore le sorti del Paese un impegno comune verso una concordia nazionale capace di trovare alti comun denominatori, piuttosto che continue divisioni. Serve uno spirito repubblicano in grado di sintetizzare le differenze all’interno di programmi di ampio respiro e lungo periodo».
Auspica un governo di unità nazionale?
«Di unità di tutte le forze no, perché non sarebbe realistico. Auspico uno spirito di concordia nazionale che escluda gli estremismi e che lavori per trovare punti di convergenza rispetto a tutto ciò che separa. Viviamo un momento estremamente difficile alle prese con una pandemia ancora non finita, con una guerra dentro i confini europei e problemi energetici che stanno colpendo in maniera pesantissima famiglie, imprese e terzo settore. Mi è arrivato l’appello di San Patrignano che assiste gratuitamente centinaia di ragazzi e ad agosto dell’anno scorso pagava 70 mila euro di bolletta energetica. Questo agosto è arrivata a 700 mila. In un momento cosi il dovere della politica non è quello di marcare le differenze ma trovare punti comuni che rappresentino l’interesse delle persone».
In che formula politica si può tradurre?
«Credo che le formule politiche cosi schematiche, centrodestra, centro, centrosinistra, siano superate. La società sta cambiando con una velocità impressionante per cui quello che era valido fino a poco tempo fa deve essere rimesso in discussione anche dai partiti. Il tema dei diritti che evolve, i cambiamenti climatici mai veramente presenti nell’agenda politica».
L’agenda del centrodestra?
«Così come potrei dire che il centrosinistra ha sempre visto il tema dell’impresa come tema delle élite e non di chi crea lavoro. Entrambi gli schieramenti devono ripensare a politiche che vanno incontro alle esigenze delle famiglie e delle imprese».
Resta il Terzo polo. Calenda la stima. Lei?
«C’è reciproca stima anche con lui. In questa contesa elettorale apprezzo coloro che si rifanno al metodo di lavoro impostato da Draghi, in particolare all’attenzione rivolta alle necessarie riforme legate al Pnrr, che vanno sostenute e completate. Condivisibile la necessità poi di avviare una politica energetica strategica per l’interesse nazionale che riconfiguri il mix energetico per il fabbisogno del Paese. Un nuovo assetto che deve comprendere la realizzazione di rigassificatori, il via libera alle estrazioni nazionali, il nucleare di ultima generazione. In politica estera, imprescindibile la conferma dell’adesione all’alleanza atlantica e ai principi dell’Europa unita. Senza contare la necessità di provvedere a maggiori investimenti su sanità e istruzione pubbliche».
Il suo nome torna in ogni situazione. Dal Quirinale, a premier, a ministro, a governatrice. Fa gli scongiuri?
«Sono certamente lusingata della stima che mi viene attribuita. Vivo queste candidature come civil servant. Se sono consapevole di poter dare un concreto contributo al bene pubblico mi rendo disponibile, altrimenti declino. Non sono alla ricerca di incarichi, per cui non faccio alcuno scongiuro».