Corriere della Sera, 18 settembre 2022
Il clima si ribella
Il clima si ribella, e punisce violentemente la nostra indolenza. L’estate è stata una delle più terribili: senza pioggia e ghiaccio sulle montagne il livello dei fiumi si è più che dimezzato. Per la prima volta nella storia in Germania è stata fermata la navigazione sul Reno, in Italia il mare è entrato per 40 km nel Po e l’acqua salata ha compromesso definitivamente 30 mila ettari di terreno. Mentre la produzione agricola nazionale ha perso quasi il 30% e in alcuni territori il 70% a causa della siccità e delle temperature a lungo troppo elevate. Il processo di tropicalizzazione sta accelerando accompagnato dai nubifragi: sempre più frequenti, estremi e tragici. Effetto del riscaldamento climatico. Contrastarlo è una priorità per tutti i governi. Gli obiettivi sono definiti dall’Accordo di Parigi del dicembre 2015 e dagli impegni con la Ue del luglio 2021: l’aumento della temperatura deve restare sotto 1,5° rispetto al periodo preindustriale, questo comporta l’impegno a ridurre entro il 2030 di almeno il 55% le emissioni di CO2 equivalente rispetto al 1990 (per arrivare alla neutralità climatica nel 2050). Oggi l’Europa le ha ridotte del 27% (media dei 27 Paesi), l’Italia è a meno 20% (fonte Eurostat maggio 2022).
L’indice di valutazione
Quindi con quali azioni concrete i maggiori partiti intendono rispettare questi impegni? Una valutazione è stata fatta da un panel formato da 20 esperti fra i più qualificati studiosi del clima, politiche ambientali, energetiche ed economiche. Hanno esaminato i programmi depositati al Viminale dalle forze politiche che si presentano alle elezioni del 25 settembre, e lo hanno fatto sulla base di 10 criteri oggettivi (nomi e criteri sono riportati su Corriere.it). Il risultato è sintetizzato in un «indice di impegno climatico» attribuibile alle varie forze politiche che va da 0 a 10, dove 0 indica le posizioni negazioniste e 10 l’obiettivo raggiunto. Vediamo allora come si posizionano le forze politiche in campo rispetto all’obiettivo da raggiungere considerando i punti principali del loro programma. Qui per ragioni di spazio prendiamo in considerazione i partiti maggiori, mentre nelle grafiche in pagina c’è la valutazione di tutti i partiti.
Fratelli d’Italia, Lega e FI
Nell’«Accordo quadro di programma per un governo di centrodestra» depositato al Viminale il dodicesimo capitolo (su 15) è dedicato all’ambiente, che viene definito giustamente una priorità. C’è, però, solo un accenno al dovere di «rispettare gli impegni internazionali assunti dall’Italia per contrastare i cambiamenti climatici», con l’aggiunta di «aggiornarli» ma senza l’indicazione di chiari e precisi obiettivi. La sfida della transizione energetica viene affrontata nel capitolo 11. Il cuore delle azioni proposte consiste nel «Ricorso alla produzione energetica attraverso la creazione di impianti di ultima generazione senza veti e preconcetti, valutando anche il ricorso al nucleare pulito e sicuro». Tempi lunghi che spostano in là nel tempo un problema che va affrontato oggi. Per gli esperti l’obiettivo è ancora lontano.
Movimento 5 Stelle
Nel programma «Dalla parte giusta. Cuore e coraggio per l’Italia di domani» sono dedicati all’ambiente 3 capitoli su 21. Le principali proposte: riconversione del parco auto circolante, bonus edilizi, bonus energia per le imprese, impianti non inquinanti per il trattamento dei rifiuti, sburocratizzazione della trafila per la costruzione di impianti per l’eolico e il fotovoltaico. Ma in nessun punto del programma si affronta il problema del clima in modo sistemico: sono indicate solo singole micro-politiche scollegate tra loro, senza di fatto nessun riferimento al quadro politico e normativo di riferimento. Non ci sono indicazioni su come uscire il più possibile dai combustibili fossili. Per gli esperti il M5S si piazza poco più che a metà strada per raggiungere l’obiettivo.
Partito democratico
Lo «sviluppo sostenibile e la transizione ecologica» vengono messi come uno dei tre pilastri fondamentali del programma «Insieme per un’Italia democratica e progressista» insieme al lavoro e ai diritti.
Le principali azioni previste sono: aumentare la quota di rinnovabili prodotte in Italia, anche attraverso lo sviluppo delle Comunità energetiche, con l’obiettivo di installare 85 GW di rinnovabili in più entro il 2030, con la creazione di circa 500 mila nuovi posti di lavoro; la progressiva riduzione dei sussidi dannosi per l’ambiente con compensazione per famiglie e imprese più vulnerabili; l’incentivo per l’installazione di almeno 100 mila colonnine elettriche e di 30 mila punti di ricarica rapida entro il 2027. Per gli esperti il programma si avvicina all’obiettivo.
Azione/Italia viva
Nel programma di Azione e Italia viva è dedicato all’ambiente un ampio capitolo (su 20). Previsti interventi su trasporti, edilizia e foreste «per arrivare alla riduzione delle emissioni del 55%». Viene però chiesto a Bruxelles di abbassare il prezzo per le emissioni di CO2 a carico delle imprese, e questo per il panel di studiosi rallenta la spinta a correre sulle energie rinnovabili. Prospettati investimenti in impianti di cattura della CO2, una tecnologia ancora troppo costosa e lontana. Sul lungo periodo per arrivare a emissioni zero pensano al nucleare di ultima generazione. Solo programma corredato di dati, ma non sufficiente nell’insieme perché pro-Ue nel testo ma pro-fossile nelle proposte: per gli esperti si collocano a metà strada nel raggiungimento dell’obiettivo.
Le dichiarazioni dei leader
Cosa cambia se dai programmi si passa alla valutazione delle dichiarazioni nella campagna elettorale? I 20 esperti le hanno passate in rassegna. Quel che emerge è che finora il tema del caro-energia ha polverizzato ogni altro ragionamento su ambiente e clima. Da inizio settembre di fatto nessuno dà peso agli accordi internazionali, alla riduzione delle emissioni e all’investimento sulle energie pulite, tranne Giuseppe Conte che rilancia il fotovoltaico, soprattutto sui social. Ogni riferimento a tecnologie (molti), fonti (molti) ed emissioni (quasi nessuno) sta nel discorso politico di breve periodo su come superare la dipendenza da Mosca. Lo scenario politico si è polarizzato sul tema del nucleare, dai «no» (Bonelli e Conte) ai «sì» decisi e ripetuti (Calenda e Salvini). Va ribadito che le emissioni di CO2 del nucleare sono zero, ma trattandosi di scelta molto divisiva rimanda nei fatti alle calende greche. Letta ribatte sulle rinnovabili, ma senza troppa forza. Meloni non si sbilancia sul nucleare, ma apre al tema in generale della transizione parlando di «Italia hub energetico». Invece Calenda si scaglia contro la Commissione Europea («Il piano Timmermans») e il Green Deal Europeo, quindi in netto contrasto con le posizioni di principio espresse nel suo programma condiviso con Renzi.
In estrema sintesi, tra i big salgono Conte (rafforza la posizione rispetto al programma scarno) e Giorgia Meloni (mette il tema al centro, ma è difficile capire con quale visione); mentre scende Calenda. In linea con il programma presentato, per il momento, tutti gli altri. La buona notizia è che nessun partito nega l’esistenza del problema, quella brutta è che manca un’idea organica e complessiva sul futuro. Quel futuro dove vivranno i nostri figli, e che sarà sempre più inospitale, poiché il pianeta è indifferente alle nostre misere distrazioni. Lui reagirà solo alle «azioni», quelle che sono state a lungo osservate, studiate, e poi decise e sottoscritte negli accordi internazionali. Tutto il resto sono parole inutili.