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 2022  settembre 18 Domenica calendario

Intervista a Carolina Rosi

Il padre, Francesco Rosi: “Tra poco sono 100 anni dalla nascita; quando potevo andavo sul set: era serissimo”.
All’opposto la mamma, Giancarla: “Giocava sempre a carte: a casa nostra veniva chiunque, dai politici agli attori, ai giornalisti per un poker”.
Il marito, Luca De Filippo: “La sua seduzione fu una forma straordinaria di recitazione: ogni sera, sul palco, inventava qualche scenetta. Tutti ridevano come pazzi, e non sapevano che in realtà era per me”.
La zia, Krizia: “Ho lavorato con lei due anni; alla fine il mio problema era come scappare da Milano”.
Lei è Carolina Rosi, e quando cammina per strada, già da lontano, colpisce. È bella, sì, ma soprattutto ha un passo serrato tra il “non mi rompete” e “scusate sto pensando”, il tutto cadenzato da una sigaretta eterna, talmente eterna che sembra auto-rigenerarsi; a stare con lei si ha la sensazione di entrare tra le maglie di una commedia italiana anni 60, in cui, a due passi dalla tragedia, o prossimi al sentimento, trova sempre spazio il salvifico cinismo attraverso una battuta.
Lei ha tempi comici.
Sì, ma non mi danno ruoli.
Forse perché ha iniziato con Ronconi e suo padre, non proprio la “commedia”.
Non è vero, Luca era comicissimo.
Ronconi?
Vabbè, era il mio idolo, lo seguivo ovunque; quando frequentavo l’Accademia Silvio D’Amico partivamo per vedere le sue recite; (pausa) a quel tempo i direttori dei teatri ti permettevano di entrare gratis, bastava mostrare l’iscrizione; e comunque La Cenerentola di Rossini, realizzata da Luca, era comicissima.
Molti attori “ronconiani” ancora portano i segni del regista…
Poracci, Luca li ha esauriti tutti; però dipende anche dal carattere dell’attore, da come incidevano certe sua uscite.
Cioè?
Quando stavamo in Accademia, Luca utilizzava alcuni epiteti, a volte estremamente forti per soppesarci.
Esempio.
“Vedi quel tombino? Buttati lì dentro e non tornare mai più su un palco”; oppure: “Perché fai l’attore? Lascia perdere”.
Anche con lei?
No, comunque ero abituata alla discussione, pure pesante, era il pane quotidiano dentro la mia famiglia: da noi non esistevano toni miti, era tutto urlato, tutto esacerbato, tutto sputato fuori. Quindi con Ronconi ridevo, non mi scalfiva, era chiaro che stava provocando per scoprire la tua tempra di fronte a un fallimento.
In casa chi urlava maggiormente?
Mia madre; lei non dormiva, grande giocatrice di carte.
In cosa si cimentava?
Poker, ed è stata pure arrestata con Mina perché sedute al tavolo di una bisca clandestina.
Suo padre contento…
Ecco, in occasione di quell’arresto, Franco (chiama “Franco” suo padre, ndr), si è dimostrato per la prima e unica volta spiritoso; (sorride) in piena notte, credo alle tre, squilla il telefono di casa; lui risponde e dall’altra parte c’era un poliziotto: “Scusi il disturbo, c’è una signora che sostiene di essere sua moglie”. E papà: “Non la conosco”. E attacca.
Pokerista vera.
A casa nostra era un continuo via via; ai tavoli organizzati da mamma passava un’umanità articolata: politici, giornalisti, attori, personalità varie.
Traduciamo il “personalità varie”.
Non dico la mignotta, però qualcosa di simile: dalle 9 di sera in poi si cucinava quattro volte, perché cambiavano le persone, quindi scattavano le padelle fino alle 4 del mattino.
Che politici?
Persino Andreotti.
Andreotti?
(Sorride) Non so per quanto tempo pressò mio padre per ottenere un invito, ma non solo per il gioco, voleva parlare con mamma; (pausa) siccome mamma non dormiva, quando non era al tavolo da poker, leggeva tutti i giornali e le Gazzette Ufficiali, ed era così brava e preparata da anticipare le leggi ai commercialisti; c’erano direttori di quotidiani, come Ugo Stille, che le inviavano le prime edizioni e poco dopo la chiamavano: “Il giornale va bene o manca qualcosa?”.
Suo padre rispetto alla moglie?
Mitigava la veemenza e la passionalità con riflessioni più intellettuali e colte.
Lei si divertiva?
Ero piccola e dormivo al piano di sopra, ma restavo affascinata dalle urla che provenivano dal salotto, soprattutto legate alle discussioni politiche; Antonello Trombadori (deputato del Pci, ndr) aveva messo le radici da noi e con mamma si scannavano.
Con Volonté c’era altrettanto dialogo?
Non era un amico, non frequentava casa.
Mamma perdeva a carte?
Credo di sì, e molto; (sorride) dopo la sua morte, per molto tempo, ho incontrato persone che mi guardavo, sospiravano e sistematicamente mi portavano verso il lato B di quelle nottate: “Quanti bari si sono seduti davanti a mamma…”; però altri mi hanno raccontato di come mamma li abbia aiutati. E pensare che era anaffettiva.
Anaffettiva?
Mi smontava in continuazione: “Carolina hai due occhi che sembrano cascare a terra”; però era anche quello un modo per mettermi alla prova, per stimolarmi, con l’idea: “Pensa che bello se arriva una donna che oltre a essere intelligente è pure bella”. Quello per lei era un gesto d’amore.
La carezza arrivava da suo padre…
Magari la mattina mi svegliava con una rosa raccolta dal terrazzo e smussava tutti i toni pungenti di mamma, la giustificava; papà era un genitore presente, attento a farmi esternare qualunque aspetto della vita.
Lei gli raccontava tutto.
Sì, eppure sono stata una figlia scomoda, una figlia che ha frequentato licei estremamente politicizzati: lì era più importante la manifestazione rispetto al voto in un compito. E già da piccoli giravano le prime canne.
Nella vita quante volte l’hanno sottovalutata?
Se mi hanno conosciuto, non mi hanno sottovalutato; il problema è che a volte non mi hanno concesso la possibilità di farmi conoscere.
Chi?
Alcuni registi, quelli impegnati, non mi hanno permesso di entrare, forse per evitare rogne con Franco, in realtà papà non si sarebbe mai permesso; (pausa) molti registi li ho conosciuti negli anni successivi, quando ho iniziato a lavorare come aiuto o in produzione, e in più di un caso mi hanno rivelato: “Non sapevo fossi così brava”.
E lei?
Mi sono trattenuta dal rispondere “stronzo”. Per fortuna non porto rancore.
Come mai “Franco”?
Anche mamma era Giancarla, altrimenti, se la chiamavo “mamma”, non si girava; con papà questa abitudine forse è nata sul set: mi sembrava più consono e professionale appellarlo per nome.
Sul set da sempre.
Sì, negli anni ho conosciuto e ho visto da vicino grandi maestri, quelli che un tempo ti insegnavano le basi del cinema e del teatro.
Qual era la prima regola di Luca De Filippo?
La consapevolezza e il pensiero reale dietro a ogni battuta recitata; comunque oggi, sul palco, manca la coscienza dello spazio scenico, stanno tutti appiccicati, non sanno più come si utilizza la voce, sono tutti appesi a questi maledetti microfonini e poi biascicano.
Insomma, non la chiamano per i ruoli…
Zero da cinema e tv, ma in parte è pure colpa mia: sono una delle poche attrici ancora impegnata in tournée lunghe dei mesi…
Le piace?
Tantissimo.
Per Lavia il bello della tournée è il dopocena.
(Ride) Non è vero, non mangia un cazzo: è un igienista totale, perfetto, sportivo; pure Umberto Orsini è della stessa scuola; (cambia tono) Orsini, quando studia la parte, ancora lo fa con la matita tra i denti, e ha ragione: con lui capisci sempre tutto.
Quindi lei è stata ribelle.
Oddio, forse è esagerato; qualche preoccupazione, ma in casa non c’è mai stato niente di proibito, anche perché mi hanno fregato con la frase “sappiamo cosa fai e chi frequenti, però ci fidiamo del tuo senso di responsabilità”; alla fine “’sto senso di responsabilità” mi ha fottuto la vita.
Era conscia della particolarità della sua famiglia?
Mica tanto; (ci pensa) è anche vero che spesso frequentavamo persone legate al nostro mondo, ma per non fossilizzarsi papà passava quasi ogni giorno un’ora con il ciabattino di via della Croce, poi si spostava dal cappellaio vicino al Quirino.
Eravate “attenzionati”?
Probabile, ma non lo so con certezza; più che altro sono arrivate tante minacce e io ero l’obiettivo finale, tipo “stai attento alle gambe di tua figlia…”.
Quando si è iscritta all’Accademia, come l’hanno presa i suoi?
È stato Franco a spingermi; (sorride) lavoravo a Milano da zia (Krizia, ndr), ma capivo che non era il mio mondo: lì era fondamentale una totale dedizione, zia lavorava perennemente; dopo due anni volevo scappare ma non trovavo il coraggio di ammetterlo. Alla fine mi hanno operato, d’urgenza, per l’appendicite.
E…
Era palesemente una proiezione della mia costrizione, era un modo per andare via.
Sua mamma era gelosa di suo padre?
Le invitava a casa.
Chi?
Le donne che secondo lei potevano aver affascinato Franco.
Le stroncava sul campo.
Smussava un desiderio.
Carattere tosto.
Non solo, mio padre aveva una figlia nata dal primo matrimonio con Nora Ricci e la piccola aveva problemi, forse di autismo; Nora stava sempre in tournée e così la bimba l’ha cresciuta mamma.
Questa ragazza è morta in circostanze tragiche.
Con papà, in un incidente stradale. Io ero piccola; per anni non se n’è parlato e lo avevo rimosso, fino a quando scopro la verità grazie ad Alessandro Gassmann (Nora Ricci è stata la prima moglie del padre Vittorio; dopo Vittorio Gassman si sposa con Rosi ndr): “Abbiamo una tomba in comune”. “A cosa ti riferisci?”. “A Francesca” (il nome della sorellastra, ndr). Poi una sera mio padre inizia a parlarmi di sincerità e fiducia e allora sbotto: “A sì? E come la mettiamo con Francesca?”.
E lui?
(Pausa) In qualche modo l’ho liberato: mi disse tutto e capii il dolore.
All’inizio ha raccontato di suo padre che la sveglia con una rosa; anni fa, mentre parlava di Luca De Filippo, ha narrato che l’aspettava con un fiore in bocca.
Non è proprio così, Luca non era plateale.
E allora?
Ero aiuto regista di Lina Wertmüller quando una sera si è fatto trovare sdraiato a terra con una rosa in bocca; (pausa) mai ricevuto fiori da lui se non il classico bouquet che inviava a tutte le attrici della compagnia; (cambia tono) Luca possedeva un cinismo meraviglioso, ironico.
Sembra un ossimoro.
Per fortuna era accanto a me quando sono morti i miei, lui l’ho perso qualche mese dopo; (pausa) insomma, ricordo il momento in cui mi ha guardato e con il suo tono di voce mi ha offerto una chiave di lettura della mia nuova condizione: “Capisci il privilegio di stare nel mondo degli orfani? Sarai padrona della tua vita”.
Ci credeva?
Totalmente.
Com’era stare accanto alla Wertmüller ?
Bene, era più faticoso recitare con lei; anzi, faticosissimo…
È vero che insultava?
Certo, con gli attori terrorizzati, ma era stupenda; se un attore gesticolava troppo, lei gli legava le mani, se si incazzava arrivava a prenderlo a morsi; Angela Pagano era talmente brava che non le diceva nulla, quindi era pure colpa degli attori.
Padre, madre, marito, zia: lei ha un bel bagaglio sulle spalle.
Non ne sono sopraffatta, anzi ho una minore possibilità di errore perché ho dentro di me esempi importanti ai quali fare riferimento.
Lei chi è?
Un convinta che tra poco diventerò qualcosa che ancora non sono stata; (pausa) in questi anni non ho lasciato molto spazio a me stessa.