il Fatto Quotidiano, 18 settembre 2022
Reintegrato l’operaio che due anni fa fu lincenziato per aver rubato un filone di pane destinato al macero
Fu licenziato a ottobre 2020 perché pochi giorni prima, a fine turno, aveva portato a casa un filone di pane destinato al macero dal forno artigianale presso cui lavorava. L’ope – raio afghano protagonista di questa assurda storia ha ottenuto giustizia: venerdì il Tribunale di Roma ha ordinato il reintegro e condannato la Strong Srl – che produce con il marchio Grande Impero – a pagare oltre 15 mila euro di risarcimento danni. La notizia era stata raccontata dal Fa t t o a gennaio 2021; sullo sfondo, un clima di intimidazione nei confronti dei lavoratori stranieri, in particolare di quelli vicini alla Flai Cgil, in servizio nelle note panetterie della Capitale. ViSinistra radicale internazionale Luigi de Magistris, capo politico di Unione popolare, con Pablo Iglesias (Podemos) a Napoli A N SA cende che già avevano portato a condanne pesanti da parte dei magistrati del lavoro. Proprio questo addetto aveva già avuto problemi con l’azienda nei mesi precedenti: aveva fatto ricorso per l’abuso dei contratti a tempo determinato e ottenuto la stabilizzazione. ECCO PERCHÉ l’episodio successivo ha il sapore di una ritorsione. Siamo ad agosto 2020, terminata la giornata di lavoro viene fermato ai cancelli da addetti incaricati dal datore di lavoro che lo controllano trovando la pagnotta nel sacchetto. Sarebbero comunque destinate al macero, dice lui, ma tanto basta per un’accusa di furto e per essere messo alla porta. Un filone da pochi euro costato un posto di lavoro. Lui sostiene di essere autorizzato da una comunicazione del capo-reparto, nella quale si concede a ogni operaio di prendere un pezzo di pane al giorno. Per l’azienda, invece, non è mai stata fatta questa concessione, e il filone in questione è perfettamente idoneo alla vendita, non è da buttare. Allora l’addetto afghano fa causa con l’avvocato Carlo De Ma r c h i s. Il provvedimento arrivato l’altro ieri fa a pezzi la versione dell’azienda: la giudice ricorda innanzitutto “la particolare tenuità del danno”, aggiungendo che l’autorizzazione del capo-reparto a portare con sé un pezzo di pane “seppur adottata in piena autonomia dal responsabile –scrive –risulta atto idoneo a ingenerare un legittimo affidamento sulla provenienza dell’a u to r iz z az i on e dal datore di lavoro”. Inoltre, “i dipendenti si occupavano personalmente della valutazione di scarto dei prodotti, sulla base delle indicazioni fornite dal r es p o ns a b il e”, quindi “deve ritenersi che il ricorrente, nell’ambito di una propria valutazione, abbia ritenuto in buona fede di scartare i prodotti”. “Il licenziamento per un pezzo di pane che andava al macero era una ritorsione verso i lavoratori migranti, siamo felici che ci sia stata giustizia”, ha spiegato Sara Taranto, segretaria Flai Roma e Lazio. “Il settore – ha aggiunto – resta problematico: vede sempre più impegnati lavoratori migranti, in alcune aziende vediamo situazioni da condannare e noi interveniamo, ma non tutti sono disposti a esporsi perché soggetti al ricatto del rinnovo del permesso di soggiorno”.