Sergio Romano per il Corriere della Sera, 18 settembre 2022
GLI APPETITI DELLA CINA SU TAIWAN E LA STRATEGIA USA NEL PACIFICO: NON FARE NULLA È LA SCELTA MIGLIORE – SERGIO ROMANO: "L'INIZIATIVA DI NANCY PELOSI È SPIACIUTA ANCHE A QUELLA CORRENTE DELLA POLITICA ESTERA AMERICANA CHE LAVORA ORMAI DA TEMPO A CREARE NEL PACIFICO UNA RETE DI PICCOLI STATI AMICI CHE NON ALLARMEREBBE LA RUSSIA. I RAPPORTI FRA USA E MOSCA DIPENDERANNO QUINDI NEI PROSSIMI MESI DAL RISULTATO DI UN DIVERBIO POLITICO, INTERAMENTE AMERICANO, FRA NANCY PELOSI E…" -
La crisi ucraina non è ancora finita, ma vi è ormai nella vicenda qualche schiarita. Sappiamo anzitutto che Vladimir Putin non sta vincendo. Sperava che la potenza russa permettesse a Mosca di conquistare un ruolo direttivo nell'intera regione e facesse dell'Ucraina, se non un satellite, almeno un alleato docile e rispettoso.
Gli ucraini tuttavia continuano a combattere e Putin potrà forse giocare ancora qualche carta con altre azioni militari, ma è ormai improbabile che possa realizzare il suo ambizioso sogno imperiale. Se il nuovo impero russo doveva nascere a Kiev, la prima battaglia è perduta. In un mondo in cui le guerre sono contagiose e si estendono spesso da un Paese all'altro, gli europei potranno tirare un sospiro di sollievo. Ma vi è un'altra crisi, indirettamente collegata alle vicende ucraine, che potrebbe avere qualche spiacevole ricaduta sul nostro continente.
Questa seconda crisi comincia in una isola del Pacifico che l'Impero cinese chiamava Taiwan e i portoghesi, quando la scoprirono nel XVI secolo, chiamarono Formosa. Lungo un percorso storico particolarmente tortuoso l'isola fu olandese, spagnola (in parte), giapponese, cinese; e vi fu persino un momento, dopo la Seconda guerra mondiale e quando la Cina divenne una Repubblica popolare, in cui Taiwan, per sottrarla ai comunisti di Mao, si spinse sino a rivendicare il possesso dell'intero continente cinese. Oggi la situazione si è invertita ed è la Cina dei nostri giorni che rivendica Taiwan. La migliore soluzione politica per ogni Paese non direttamente coinvolto in questa vicenda sarebbe probabilmente la conservazione dello status quo.
Ma è esattamente il contrario di ciò che ha fatto una donna politica americana. Si chiama Nancy Pelosi, è nata nel 1940 a Baltimora, nel Maryland, da un immigrato italiano, ha fatto una brillante carriera politica, e oggi è la maggiore esponente (nel sistema politico americano speaker) della Camera dei Rappresentanti. In quella veste ha deciso, forse anche per avere più visibilità tra i suoi elettori, di fare una visita a Taipei.
Voleva forse dimostrare che Taiwan è ormai uno Stato fortemente legato agli Stati Uniti e rafforzare il vincolo? Il suo viaggio ha ottenuto esattamente ciò che aveva desiderato: una considerevole pubblicità alla vigilia di un'importante campagna elettorale. Ma gli osservatori politici hanno cominciato ad avanzare supposizioni e riserve sulla politica cinese di Washington; e la Russia, soprattutto, non ha tardato a manifestare il suo malumore.
L'iniziativa di Pelosi è spiaciuta anche a quella corrente della politica estera americana che lavora ormai da tempo a creare nel Pacifico una rete di piccoli Stati amici che non allarmerebbe la Russia. Il suo più recente interlocutore sarebbe l'arcipelago delle Salomone, mille isole su una superficie di 28 mila chilometri quadrati con circa 80.000 abitanti. I rapporti fra Usa e Russia dipenderanno quindi nei prossimi mesi dal risultato di un diverbio politico, interamente americano, fra Nancy Pelosi e il dipartimento di Stato.