Corriere della Sera, 17 settembre 2022
Il Paolo Rossi di Veltroni
Poi arriva l’estate del 1982. Quelle braccia al cielo ogni volta che mette la palla in rete. Paolo Rossi capocannoniere al Mondiale vinto in Spagna. Al Brasile ne rifila tre, sgattaiolando come un’ombra che si stacca dal suo corpo. Campioni del mondo grazie ai suoi gol, nati da un guizzo, dall’astuzia, furtivi. «Cerco di pensarci prima a dove va il pallone, e se mi arriva, a cosa farò. Un tassista a San Paolo, sette anni dopo la vittoria, mi fece scendere dall’auto».
È stato tutto bello – Storia di Paolino e Pablito è il documentario di Walter Veltroni (nelle sale dal 19 al 21, prodotto da Palomar) dedicato a un calciatore dal fisico «normale» che si chiamava come migliaia di italiani: Paolo Rossi. Ma solo lui è stato Pablito. Materiale d’archivio e filmati inediti. Le voci dei familiari, degli amici. E la sua. «Milioni di italiani hanno sognato correndo nella polvere con un pallone – dice Veltroni –, lui ce l’ha fatta, attraverso il dolore, le ginocchia rotte, il calcioscommesse, la caducità dei giudizi sugli Azzurri e Bearzot. Cade, si rialza… È il prototipo del modo di essere migliore degli italiani».
Col fratello Rossano da bambino condivide il letto, famiglia povera: «Non c’era riscaldamento in casa, il babbo era magazziniere in fabbrica, la mamma faceva la sarta. Non ci hanno fatto mancare niente». Le prime partite all’Uliveta di Prato, dove scarta anche gli alberi. Il contratto col Vicenza, altro calcio: «I due vicepresidenti parlavano sul compenso in dialetto veneto… Io non capivo niente».
Lo scandalo bugiardo del calcioscommesse lo toglie di mezzo per due anni: «Avrei concordato di alterare una partita con due persone che non conoscevo». «Fu fermato per due anni all’apice della popolarità», ricorda Veltroni. Al Mondiale dell’82 i media crocifiggono il ct Bearzot dopo «tre pareggi squallidi», l’uomo con la pipa (fuma anche durante un’intervista a Mixer), lo aspetta, aspetta la sua rinascita. Ecco il presidente Pertini, la partita a carte in aereo, e il pranzo al Quirinale: «È la gioia più bella di questi quattro anni di presidenza che mi hanno fatto mangiare il fegato».
Pablito col suo sorriso semplice, pulito: «Resterà un ricordo indelebile che mi ripaga di tante sofferenze». Di ritorno a casa, nella campagna toscana, davanti alla sua gente in festa, negli spazi aperti e vicino al bosco che amava, gli danno un microfono: «In quei momenti non si capisce fin dove arriva la felicità degli altri». Poi gli anni con la Juve, che non era il suo mondo.
Tradito nel 2020, a 64 anni, dal solito male, due settimane esatte dopo Maradona (i due che si scambiano gli auguri in un video). Pablito, anch’egli fisico non da fenomeno, è stato il nostro Maradona. Morto eternamente giovane.
La parte finale è la più intensa. La moglie Federica ricorda quando lo accompagnò a fare la risonanza, il medico urlò «dove sono i familiari di Rossi?», il gelo, il fisico dimagrito, il marito che nasconde il dolore e a Federica confessa: «Vorrei veder crescere le nostre bambine, regala loro una rosa ad ogni compleanno». «Si addormentò sulla mia spalla e non si risvegliò più. Qui c’è Paolo come l’ho conosciuto io, non Paolo che appartiene agli altri».
È l’immagine di un paese che soffre e vince, che ci restituì per una sera la felicità collettiva. La folla piange e si abbraccia, unita e non divisa, e si dimentica delle Br per una notte, il tricolore sventola ovunque. Veltroni: «Non c’è stata nessuna gioia sportiva paragonabile a quella, ci fu la sensazione di un cambio di clima, c’erano i rapimenti, il sangue, ci volevamo liberare dagli Anni di piombo». Cabrini torna nell’hotel di Barcellona, stanza 208 condivisa con Pablito, ricorda gli scherzi al telefono fingendo di parlare in giapponese. Tardelli e il suo urlo liberatorio.
Smette presto, a 31 anni, per colpa del ginocchio, l’Azzurro della maglia è ormai stinto e il treno dei desideri all’incontrario va. Al funerale parla Cabrini: «Le emozioni condivise hanno stravolto le nostre vite. Abbiamo combattuto, a volte perso, sempre rialzandoci». Il marziano dal fisico normale, da ragazzo voleva fare l’astronauta.