Corriere della Sera, 17 settembre 2022
Far cadere i governi, uno sport italiano
N on credo che in altri Paesi europei i leader politici si vantino pubblicamente di essere bravi a far cadere i governi. In Italia Matteo Renzi l’ha fatto. «Non è un Giorgia stai serena – ha avvertito qualche giorno fa la leader di Fratelli d’Italia – ma per statistica: ogni due anni ho fatto cadere un governo». In questo sport Renzi è certamente più bravo di tanti altri. Ma non è il solo a praticarlo. Il che spiega un’altra originalità tutta italiana. A questa campagna elettorale partecipano infatti, come leader dei rispettivi partiti, ben quattro ex presidenti del Consiglio e due ex vicepresidenti: Berlusconi, Letta, Renzi, Conte, Salvini e Di Maio. Il che è un’eloquente testimonianza dell’ecatombe storica dei governi italiani e del reciproco gioco del killeraggio: Letta fu fatto cadere da Renzi, il cui insuccesso aprì la strada a Conte, che Salvini buttò giù, e poi Renzi rimise su e ributtò giù, finché venne Draghi che Conte, Berlusconi e Salvini tutti insieme allegramente abbatterono. Sembra la filastrocca di Branduardi: Alla fiera dell’Est, con quel che segue. Poiché tutti si cacciano reciprocamente, tutti poi ritornano. Di solito negli altri Paesi un politico sconfitto esce di scena; da noi si prepara a rientrarvi. Talvolta la minaccia di crisi di governo è addirittura preventiva, nel senso che arriva a governo non ancora formato. L’altro giorno Berlusconi ha detto alla «signora Meloni e ai signori alleati» che, se diventano anti-europeisti, lui esce dal governo (che verrà). E Renzi sa benissimo che può minacciare Giorgia Meloni di farla cadere dopo un anno o due perché ha annusato la debolezza intrinseca del centrodestra, diviso soprattutto in politica estera. Calcola dunque che dopo le elezioni la radicalizzazione dei potenziali perdenti, Salvini da un lato e il Pd dall’altro (dove si aprirà una gara a trovare non un nuovo Macron, ma un nuovo Mélenchon) apriranno al centro una voragine, che toglierà il terreno sotto i piedi alla Meloni. Esagerato? Forse. Fatto sta che perfino il direttore di Libero Alessandro Sallusti, un giornalista cui non la si dà a bere facilmente, ieri ha scritto un elogio dell’astuzia del giovane fiorentino, invitando a prenderlo sul serio: forse per ammirazione, forse perché sinceramente preoccupato della situazione che si sta creando dalle sue parti.