Corriere della Sera, 17 settembre 2022
Alluvione, gli errori dell’algoritmo
L’estate è iniziata con il disastro della Marmolada: undici morti. E purtroppo si sta chiudendo con l’alluvione delle Marche: dieci morti e tre dispersi. Ricorderemo l’estate del 2022 con questi due numeri. L’estate del caldo infinito. Ogni volta che capita un disastro legato al territorio, al clima e agli eventi atmosferici eccezionali due domande non possono abbandonarci:
1) È colpa del cambiamento climatico?
2) Ma non potevamo fare nulla per prevederlo?
Dove sono l’intelligenza artificiale che dovrebbe cambiare il mondo, l’informatica e i super computer capaci di fare un miliardo di miliardi di operazioni con virgola mobile al secondo?
I limiti dei modelli
I modelli predittivi del meteo e del cambiamento climatico ci sono. E anzi, avevano previsto un evento potenzialmente pericoloso. «Ma in Toscana, sulla costa, e nella tarda mattinata di giovedì», spiega Bernardo Gozzini, uno dei maggiori esperti sul clima e sul meteo, direttore del centro Lamma-Cnr che dal punto di vista operativo fornisce le previsioni meteorologiche per la regione Toscana ma che grazie ai modelli del Cnr lavora sul cambiamento climatico e sul miglioramento dell’affidabilità delle previsioni.
«Grazie ai modelli che abbiamo, basati su algoritmi ed equazioni che vengono usate in tutto il mondo, possiamo vedere oggi su domani che ci sono gli ingredienti che potrebbero portare a un temporale molto forte, ma ho difficoltà a sapere dove e quando. Questo è un livello di incertezza legato al modello». Dunque non sono tecnicamente «imprevedibili». Ma sono molto «incerti». Un «livello di incertezza molto forte» riconosce Gozzini. «Su giovedì, per esempio, era stato previsto un flusso sud occidentale che avrebbe dovuto attraversato il Mediterraneo. Avevamo previsto l’arrivo di correnti umide miti che avrebbero dato luogo a linee di instabilità, favorevoli allo sviluppo dei temporali». Sono le condizioni per un temporale V-shaped, cioè a forma di V, e «autorigenerante», alimentato in continuazione da un flusso molto umido e mite che genera una sorta di effetto domino dei temporali. Invece di depotenziarsi le nuvole continuano a caricarsi.
Ma come è possibile che dalla costa tirrenica siamo passati oltre l’Appennino? È uno scarto enorme tra quello che vedono i computer e ciò che poi accade nella realtà. «Per ora questo è il limite delle previsioni», secondo Gozzini.
Il data center di Bologna
I modelli hanno un livello di risoluzione tale per cui a un punto virtuale corrisponde in sostanza un cubo enorme nella realtà, di nove chilometri per ogni lato. «L’orografia complessa dell’Italia fa il resto». Si passa così dalla Toscana alle Marche. Con il nuovo data center europeo sul clima che diventerà operativo a breve a Bologna il livello di risoluzione dovrebbe passare a cinque chilometri. Comunque ancora non sufficiente. «Dobbiamo sviluppare – riflette Gozzini – quello che si chiama now-casting, le previsioni sul momento che permettono di seguire l’evoluzione in tempo reale di ciò che ci anticipano i modelli per ridurre così il margine di errore tra previsione e realtà. Ma l’uomo rimane molto importante in territori come l’Italia dove la conoscenza del microclima e dell’orografia complessa possono fare la differenza». «Quello che stupisce è la quantità di acqua e precipitazioni che si concentrano sempre di più in poche ore, un’intensificazione che stiamo registrando negli ultimi anni: teniamo conto che in 6-7 ore nelle Marche è caduto quello che normalmente si distribuisce in 4-5 mesi nelle stesse aree».
L’intelligenza artificiale
A Reading, dove si trova il centro europeo per le previsioni metereologiche a medio termine, un team sta cercando di comprendere come il machine learning e l’intelligenza artificiale possano ridurre il margine di errore dei modelli. Ma ci vorrà tempo.
Resterà comunque anche un tema di lungo termine, preoccupante: la concentrazione delle precipitazioni in poche ore (la quantità di millimetri stagionali non cambia), non ci permette di catturare l’acqua che si riversa in mare invece che nelle falde. E la siccità, con il caldo e l’umidità, trasforma il clima in un cane che si morde la coda.