la Repubblica, 17 settembre 2022
Allarte, gli errori della protezione civile
Il “modello Marche”, come orgogliosamente lo definisce Giorgia Meloni avendo lì uno dei due governatori di regione che portano lo stemma di Fratelli d’Italia, non pareessere fortunato nella lotta al dissesto idrogeologico. E non solo perché il servizio di Protezione civile marchigiano non è stato in grado di prevedere il temporale “V-Shaped” che ne ha sommerso gran parte del territorio. In queste ore di conta delle vittime e di ricerca dei dispersi, vengono a galla ritardi e tagli di fondi imputabili al presidente Francesco Acquaroli, in carica dal settembre del 2020 e, per statuto, Commissario delegato del governo per ridurre il rischio idrogeologico. Vediamo.
Il messaggio di allertamento emanato dalla Protezione civile delleMarche il 14 settembre, valido per tutto il giorno dopo, indicava codice giallo (quindi livello di rischio medio- basso) per temporali nella zona 3, l’ovest della regione dove si trova il paese di Cantiano, ma codice verde (basso) nella zona 4, a est, dove ci sono Senigallia, Ostra e Trecastelli.Il messaggio è stato diffuso sulla base del bollettino di due meteorologi del Centro funzionale di Ancona. Uno dei due, Marco Lazzeri, spiega aRepubblica con grande onestà che il terribile temporale autorigenerante (V-Shaped) non lo ha segnalato perché, a suo parere, non si poteva prevedere. «Abbiamo incrociato i dati di due modelli, quello con risoluzione a 10 km del Centro meteo europeo e quello più stretto a 2 km del Cosmolami: il risultato era che per il 15 avremmo avuto acquazzoni a monte del fiume Misa e che in serata sarebbero diventati moderati». Esattamente il contrario di quanto è successo. «I modelli non sono perfetti – aggiunge Lazzeri – e il cambiamento climatico, ad esempio l’ultima estate insolitamente calda, rende molto difficile stabilire con precisione l’entità di eventi atmosferici catastrofici». Ecco perché nessuno dei sindaci era pronto alla tragedia: si aspettavano una pioggia di fine estate, niente di più.
E però, sarebbe ingiusto colpevolizzare il sistema di previsioni meteo che, per sua natura, è imperfetto. Da decenni, e forse di più, si discute di come proteggere il nostro territorio fragile e complesso dove 12 milioni di italiani vivono in aree franose. I danni nelle Marche sono stati causati dall’esondazione del Misa, per il quale le amministrazioni regionali, di tutti i colori politici, negli anni hanno fatto troppo poco. Progetti rimasti nel cassetto e soldi inutilizzati, insomma il solito campionario nostrano di inefficienza attorno a un tema che tradizionalmente non paga alle elezioni.
Quel che poteva se non azzerare per lo meno ridurre le devastazioni della piena del Misa erano le due vasche di laminazione a monte di Senigallia, di cui si parla da trent’anni. «Nel settembre 2020 alla fine del nostro mandato», sostiene Angelo Sciapichetti, ex assessore della precedente giunta di centrosinistra, «avevamo lasciato il progetto esecutivo delle due vasche, già finanziato. Bastava aprire il cantiere». Un anno fa a Senigallia i sindaci della zona si sono riuniti per fare pressioni sulla Regione. La giunta Acquaroli alla fine il cantiere lo ha aperto, ma solo nello scorso febbraio. Si è perso tempo: un anno e mezzo poteva fare la differenza.Non solo. Andando a scartabellare nei rendiconti degli ultimi anni dei fondi a disposizione del Commissario per il rischio idrogeologico (Contabilità speciale n°5621), si scopre che, oltre alle entrate dello Stato centrale, il governatore Ceriscioli aveva fatto accantonare 2 milioni di fondi regionali nel 2016, 900 mila euro nel 2017, 600 mila nel 2019. Con l’arrivo di Acquaroli, i fondi regionali sono stati tagliati: zero nel 2020, zero nel 2021. «In campagna elettorale avevano promesso ben altro», polemizzano i detrattori del “modello Marche”.