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 2022  settembre 17 Sabato calendario

Intervista a Can Yaman


Arrabbiarsi mai, ha capito che certe intrusioni fanno parte del gioco, però ogni tanto s’infervora e qualche volta, come è accaduto a Palermo durante le riprese di “Viola come il mare, la serie in 12 episodi prodotta da Matilde e Luca Bernabei (dal 30 in prima serata su Canale 5), s’inalbera sul serio: «Eravamo in albergo, stavo parlando con la troupe, ho aperto la porta e mi sono trovato davanti uno che origliava, un maschio. Mi è partita la “ciavatta”, ho detto “arrestatelo”, insomma mi ha dato fastidio». Can Yaman, sex-symbol redento, posa paziente per i fotografi, se si tratta di lavoro va bene, e lo stesso vale per le ammiratrici gentili che gli chiedono l’autografo. Discorso diverso per chi diffonde notizie false e fidanzate presunte: «L’invadenza non mi piace, so che, in parte, è una conseguenza del mio lavoro e quindi devo accettarla, adoro le mie fan, ma se mi vengano a citofonare a mezzanotte, ecco… questo non piacerebbe a nessuno». Molte curiosità le ha saziate scrivendo, a 32 anni, un libro autobiografico Sembra strano anche a me (presentato a luglio al Filming Italy Sardegna Festival), ma, adesso, in attesa del Sandokan in fase di sceneggiatura, Viola come il mare è il banco di prova dell’audience: «È la prima volta che recito in Italia, in lingua italiana, ho lavorato a lungo per riuscirci».
Quanto si sente cambiato dai tempi dei suoi inizi?
«Molto, mi sento cresciuto, più maturo, come se fossi entrato in un’altra fase, ero quello che desideravo, volevo esplodere, essere cittadino del mondo, diventare un attore internazionale. In Turchia ci sono tanti altri attori più bravi di me, ma sono certe caratteristiche a fare la differenza, anche quella di recitare in un’altra lingua. Mia madre voleva che imparassi le lingue straniere, aveva ragione».
Quanto ha influito su tutto questo la sua bellezza?
«Sono sempre stato troppo ingombrante per nascondermi, e comunque per tantissimo tempo non mi sono interessato al mio aspetto fisico. Ho studiato giurisprudenza, avevo altri progetti, il concetto della bellezza è entrato nella mia vita più tardi e comunque sono sempre gli altri a farmelo tornare in mente, io lo dimentico. Da sola la bellezza è inutile, ha senso solo se è accompagnata da altre virtù».
Convivere con la popolarità non è così facile, lei come fa?
«Non mi ci sono ancora abituato, è come quando ti danno un cazzotto, qualcuno può pensare “sei grande e grosso, non ti fa niente”, e invece ti fa male lo stesso. Ogni donna che mi si avvicina, anche un’amica o una collega, diventa subito oggetto di attenzioni esagerate, mi chiedo come potrà mai reggere tutto questo una futura, vera fidanzata. Adesso, comunque, sto imparando, ho cambiato casa, sono 7-8 mesi che non mi faccio trovare».
Set italiano e set turco. Che differenze?
«In Turchia siamo illegali, lavoriamo 16 ore al giorno, in Italia finisci alle 18 e questo ti permette di avere una vita, sono contento di essermi liberato da quella frenesia, però è anche vero che quella disciplina, quei ritmi di lavoro assurdi, mi hanno fatto diventare una macchina da guerra».
Ha trovato il tempo per creare una fondazione benefica, la «Can Yaman for children».
«Per me la fondazione significa tutto. Ho pensato fosse giusto dividere la mia notorietà, tutto quello che ho avuto, l’amore ricevuto, con chi, invece, non ha avuto niente. Nel mio libro parlo dell’infanzia, un periodo in cui si soffre, in cui si hanno difficoltà, in cui si combatte. Ogni bambino deve avere delle opportunità».
Nel libro descrive un percorso esistenziale ricco di mutamenti. Che cosa ha imparato?
«Ho avuto tante vite, alti e bassi, in famiglia ho attraversato periodi diversi, anche in termini di situazione economica. Per questo, a scuola e dopo, sono andato avanti con le borse di studio, ogni anno scolastico era una gara, dovevo sempre lottare. Posso dire di essere diventato coraggioso per questa ragione, la mia infanzia mi ha insegnato a essere così, a prendere decisioni in fretta, è andata così anche quando ho deciso di venire in Italia. Un Paese che mi è stato simpatico da sempre e dove ora, non so se per coincidenza o per ironia del destino, sono diventato così popolare». —