La Stampa, 17 settembre 2022
La fossa comune di Izyum
«Larghezza 41 centimetri, profondità 96, qui c’è il resto di un arto, forse è un braccio». Il poliziotto con elmetto, mascherina e vanga aggiorna il procuratore per crimini di guerra che sovrintende da vicino le operazioni di scavo. La riesumazione dei corpi è iniziata da qualche ora ad Izyum dove, dopo la liberazione avvenuta nel corso della controffensiva delle forze ucraine, sono state identificate centinaia di singole fosse concentrate in un’area alle porte della città, accanto alla strada principale. Il bilancio provvisorio è di almeno 445 corpi di civili ritrovati a cui si sommano quelli di 17 militari rinvenuti in una fossa comune separata. Serhiy Bolvinov, l’investigatore capo della polizia ucraina per la provincia di Kharkiv, assicura che saranno condotte indagini su ogni corpo sepolto nei boschi vicino alla città. Si cerca di stabilire cosa sia successo durante i sette mesi di occupazione russa e se ci siano stati casi di tortura o esecuzioni, oltre ai decessi dovuti ai bombardamenti. I nuovi orrori della guerra russo-ucraina interessano l’area attigua al vecchio cimitero comunale cresciuto senza geometrie sul friabile terreno sabbioso color ocra.
«Questa era una delle zone fortificate – racconta Taras Berezovets, responsabile media della Prima brigata della Difesa territoriale -. Quando i russi sono entrati hanno creato squadre di civili che avevano il compito forzato di prendere i civili morti sotto i bombardamenti e seppellirli qui, dove gli abitanti di Izyum non avevano accesso. Per ordine degli occupanti, anziché le lapidi, sono state piantate delle croci con un numero, a ognuno corrisponde un nome, ma di fatto per sette mesi è stato un cimitero di ignoti». Ciò che emerso finora appare diverso rispetto alle fosse comuni di Mariupol o Bucha dove sono stati trovati decine di fosse in un’unica grande buca. Qui ogni fossa ha un solo cadavere, in un caso contenuto in una bara approssimativa. Caso diverso invece riguarda i 17 militari ritrovati in un’unica grande buca, vittime, sembra, di esecuzioni. Quello che nasconde il bosco di Izyum «è comunque ancora tutto da comprendere, gli orrori potrebbero essere solo iniziati», affermano le autorità ucraine.
Sono almeno duecento le persone che lavorano per capire origine e responsabilità dei nuovi orrori della guerra. Costeggiando le fosse della riesumazione un tappeto di tute celesti si alterna nell’opera di vangatura, i cadaveri dei soldati trovano posto sulla destra, vengono controllati, si cerca di ricostruire gli ultimi istanti della loro vita, per i medici legali sono chiari i segni delle esecuzioni, sulle torture invece si dovrà appurare con un ulteriore esame. A uno viene trovato un filo elettrico vicino alla mano, un altro ha ancora il cellulare, vengono messi nei sacchi bianchi (neri per tutti gli altri), segnati e portati in un punto di raccolta per più essere convogliati negli obitori. A sinistra invece ci sono i civili, molti di più, spesso avvolti in un lenzuolo prima di essere sotterrati, sono quasi tutti rannicchiati come in un ultimo estremo gesto di difesa. La grande maggioranza sono morti sotto i bombardamenti, ma non vengono escluse altre cause. «Il 99% dei corpi ha segni di morte violenta», spiega il governatore di Kharkiv Oleh Synyehubov, per esplosione ma anche per mancanza di assistenza sanitaria. Dice che in termini di distruzione complessiva «Izyum è uguale alla somma di Irpin più Bucha moltiplicata per tre». I russi sono degli «assassini e torturatori», rincara Volodymyr Zelensky: «La Russia lascia solo morte e sofferenza. Assassini. Torturatori», tuona il presidente ucraino, promettendo una «punizione terribilmente giusta».
Ad aiutare a far luce agli inquirenti è una specie di registro nel quale i russi avevano mappato le fosse, attribuendo a ogni numero segnato sulle croci il cognome e la data di sepoltura. «A volte però di fronte alla matricola non c’è nulla – prosegue Oleh -. Per questo abbiamo molto lavoro da fare, ma una cosa posso assicurarvi questo è un fatto che finirà dinanzi al Tribunale penale internazionale. Dalle prime riesumazioni appare chiaro che la maggior parte ha il collo rotto o le mani legate dietro al corpo, ci aspettiamo che il 99% non siano morti naturali». L’Onu intanto ha annunciato l’invio di una squadra a Izyum per indagare su quanto accaduto, mentre sulla presenza di cittadini stranieri nelle fosse il governatore afferma di non poterlo escludere, «che si tratti di civili o giornalisti stranieri che lavoravano nella città». C’è chi nel bosco di Izyum è venuto a cercare i propri cari come Gregory: «Il 7 marzo hanno bombardato fortissimo, con mia moglie siamo andati in cantina, ma faceva freddo, così siamo tornati sopra e davanti a noi è apparsa la città in fiamme, siamo rimasti impietriti» racconta il 62 enne. A quel punto un colpo di artiglieria ha centrato il palazzo e la moglie Ludmila è stata scaraventata lontano, persa per sempre. C’è chi cerca i più piccoli come Sergey Shtanko che il 9 marzo ha visto crollare il proprio palazzo sotto sette colpi di cannone. «Mia madre è stata ferita, 47 persone sono morte, sette erano ragazzini». Maxime, giornalista, ancora deve capire bene cosa fa nel bosco di Izyum. È stato arrestato l’ultima settimana di occupazione senza motivo, mostra i segni dei ferri a mani e piedi: prima mi hanno picchiato, poi mi hanno torturato con le scariche elettriche, le azionavano con una specie di vecchio asciugacapelli, per due giorni, svenivo prima di morire, pensavano facessi la spia per gli ucraini, poi mi hanno messo in cella con altri, ne scompariva uno al giorno. I miei carcerieri erano di Luhansk, i miei aguzzini no, erano altri, sapevo fare bene il loro lavoro. L’ultima sera le guardie mi hanno detto «se il tuo esercito si prende Izyum faremo esplodere il carcere». E invece Maxime oggi è davanti alle fosse. «Forse per convincermi che in fondo sono stato fortunato, ma non ci riesco». —