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 2022  settembre 17 Sabato calendario

Olimpiadi 2026 pronto solo il 15% delle opere


Venerdì 6 febbraio 2026, quando inizieranno le Olimpiadi invernali di Milano-Cortina in uno stadio San Siro prossimo alla demolizione, sarà pronto di sicuro solo il 15% delle opere di un piano faraonico da oltre 2,5 miliardi di euro (e che ancora non bastano). I Giochi low cost, i Giochi dell’autonomia, si sono trasformati nella solita corsa disperata all’italiana, nell’ennesimo buco nero di contributi pubblici.
L’Italia che accoglie Thomas Bach – il numero uno del Cio, l’uomo che ci ha consegnato i cinque cerchi – facendogli le feste è in realtà un Paese organizzatore allo sbando. Mancano ancora tre anni, ma ne sono già passati altrettanti dall’assegnazione e non abbiamo fatto nulla. La situazione surreale che riguarda la Fondazione Milano-Cortina 2026, il comitato che organizza l’evento sportivo, è di dominio pubblico: la gestione di Vincenzo Novari è stata bocciata, il governo ha rimosso il vecchio Ad ma non ha nominato il nuovo. Un disastro. Il vero tesoro, però, è nella Simico Spa, società statale che dovrà occuparsi delle delle infrastrutture. Dici opere olimpiche e pensi a un palazzetto e un paio di piste. No: col pretesto dei Giochi, Veneto e Lombardia hanno tirato fuori dai cassetti una caterva di piani, strade, parcheggi, svincoli, gallerie, che ora dovrebbero essere costruiti per il 2026. Una partita persa in partenza.
Fra Covid, cambi di governo e semplice lassismo, tre anni sono stati buttati solo per costituire la società, che ha potuto cominciare a lavorare negli ultimi mesi. Per prima cosa il suo commissario, Luigi Valerio Sant’Andrea, ha dovuto mettere le carte in tavola: sarà impossibile finire tutto in tempo. È nero su bianco nel piano degli interventi comunicato agli enti locali, dove vengono individuate le opere “essenziali-indifferibili”. L’aggettivo non è casuale: sono quelle che dovranno essere pronte per forza entro il 2026, altrimenti non si faranno proprio i Giochi (o almeno non si faranno secondo i piani). Sono essenzialmente gli impianti sportivi: il villaggio olimpico a Cortina, le piste di Bormio, il biathlon ad Anterselva, l’adeguamento dell’Arena di Verona per la cerimonia di chiusura, e poi ovviamente la contestatissima pista di bob di Cortina, e quella meno famosa ma altrettanto catastrofica di pattinaggio a Baselga di Pinè, che presenta enormi problemi di gestione ed è stata appena appioppata al commissario (con ulteriore ritardo). Restano fuori gli investimenti privati di Milano, il villaggio olimpico di Scalo Romana e il palazzetto a Santa Giulia, su cui pure pendono contenziosi. Solo su queste la Società deve e può davvero impegnarsi a rispettare la scadenza di fine 2025. Ma per valore economico rappresentano appena il 15% degli interventi. Il resto della lista – 74 opere divise in tre allegati, a seconda delle fonti di finanziamento – è un’incognita. La società ha deciso di procedere in modo pragmatico: le opere verranno progettate e autorizzate per intero ma i lavori saranno fatti per stralci funzionali, un pezzo alla volta, a seconda della possibilità di ultimarli (e delle risorse in cassa). Ad esempio: potrebbero vedere la luce in tempo un tratto della variante di Longarone, in Lombardia le statali, a Cortina la tangenziale ma non la galleria. Così, per il 2026 si potrebbe raggiungere un completamento del 50-60% delle opere. Bene che vada, una su due.
È il combinato disposto tra inerzia italiana e gigantismo olimpico. Verranno realizzate tutta una serie di opere che con le Olimpiadi c’entrano poco, e senza l’evento non avrebbero mai trovato i fondi, come succede in tanti altri territori del Paese. Invece una pioggia di miliardi cadrà su Veneto e Lombardia, le due Regioni già più ricche d’Italia. Le tabelle quantificano le risorse: circa 1,9 miliardi di fondi pubblici. Quando fu approvata la candidatura italiana, l’accordo era che lo Stato non avrebbe dovuto metterci un euro.
Ma il salasso non è finito, perché come può anticipare il Fatto, quelle cifre non sono nemmeno definitive: nelle ultime settimane la Simico ha proceduto a una due diligence, per aggiornare i progetti alla versione definitiva e al caro-prezzi del mercato. Nel dpcm che dovrà essere firmato a breve, i costi sono lievitati del 30%, per una cifra tra i 500 e i 600 milioni di euro. Non a caso il governo era già corso ai ripari, destinando alle Olimpiadi altri 400 milioni nel decreto Aiuti-bis, ma a quanto pare non basteranno e sarà necessario rabboccare ancora i fondi. Quando verranno completati tutti, i Giochi saranno ormai soltanto un ricordo: resterà il conto, per giunta salato, da pagare.