il Fatto Quotidiano, 17 settembre 2022
I buoni fruttiferi nel lungo termine hanno stracciato fondi e polizze
A fronte dei rendimenti offerti in questo momento dai buoni fruttiferi postali (Bfp), i venditori del risparmio gestito sanno come girare le carte in tavola. Dicono infatti ai risparmiatori, mostrando per esempio la performance degli ultimi cinque anni: “Ma che miserie otterrà con quei buoni! I fondi comuni azionari rendono molto di più! Il 7,7% annuo composto. Lo dicono i numeri”. Risulta davvero così da metà 2017 a metà 2022 secondo gli indici calcolati quotidianamente da Fideuram, in sé non taroccati. È il discorso che è truffaldino, perché confronta un rendimento ottenuto in altri anni con uno a valere d’ora in poi. Proviamo invece a confrontare il passato col passato, anziché col futuro, e sugli ultimi trent’anni, affinché i venditori di fondi e polizze non possano lamentarsi che il periodo considerato è troppo breve. C O S’È CAPITATO all ’equivalente di 1.000 euro, investiti e mantenuti in fondi comuni da metà 1992? Ce lo dicono gli stessi numeri di Fideuram, che di certo non bara a svantaggio del sistema di cui essa fa parte. Dagli indici pubblicati si ottiene che in media valgono ora 4.506 euro nei fondi azionari e 2.477 nei fondi nel loro complesso. A rigore bisognerebbe apportare alcune rettifiche in diminuzione. Infatti negli indici dal 1° luglio 1998 mancano le imposte, prima conteggiate nel valore delle quote; e mancano le commissioni di ingresso nei fondi. Ma il divario è talmente vergognoso per il risparmio lo Stato italiano che non offre nessun altro prodotto bancario, neppure restando sotto i 100 mila euro. Già così si comincia a capire perché abbiano i loro aficionados, nonostante non vengano consigliati dai consulenti finanziari. Insieme ai libretti sono i prodotti di punta di Poste italiane: scelti da 27 milioni di risparmiatori, valgono 335 miliardi di euro. I buoni fruttiferi postali, cartacei o dematerializzati, non presentano costi di sottoscrizione né di rimborso e beneficiano di un’aliquota agevolata del 12,5% sui guadagni, oltre a essere esenti da imposte di successione (come gli altri titoli statali). Attualmente offrono rendimenti annui lordi che oscillano da un minimo dell’1% (con flessibilità di rimborso) per tre anni a un massimo del 3,5% (nel caso di quelli dedicati ai minorenni). Sono circa una trentina le tipologie di buoni esistenti, ma 7 quelli ora sottoscrivibili alle Poste. Restano comunque “in vita” t u tt i gli altri buoni che conservano i tassi previsti al momento della sottoscrizione, salvo spostarsi su quelli più redditizi in emissione dallo scorso del 6 luglio. SUL FRONTE dei rendimenti, quelli dei buoni postali sono di regola inferiori a quelli dei Btp o degli altri titoli di Stato (ora rendono intorno al 3%, ma dipende tutto dal mercato). Un difetto però compensato dal vantaggio di poterli riscattare sempre senza perdite: tecnicamente si chiama “opzione put continua”. Attualmente le Poste offrono in particolare i buoni ordinari di durata massima ventennale che a scadenza rendono l’1,8% netto composto, i Buoni fruttiferi postali 4x4 che tenuti 16 anni danno il 2,7% netto e sono preferibili agli ordinari e i Bfp 3x2 che alla fine dei sei anni di durata danno l’1,5%, sempre netto e composto. Se però vengono riscattati prima, i rendimenti sono minori e anche nulli. Ci sono poi i buoni per minori, con tassi relativamente più alti (3,5% lordi dopo 18 anni), ma riscattabili solo con l’a u t o r i zzazione di un giudice. Come già detto, i buoni fruttiferi incorporano il diritto a ottenerne il rimborso in qualunque momento al valore nominale, anche solo per passare a una nuova emissione magari simile, ma più vantaggiosa. È una operazione senza costi e senza minusvalenze, che ora conviene a molti che hanno sottoscritto precedenti emissioni di buoni postali meno redditizi. Chi in passato ha sottoscritto i buoni indicizzati all ’inflazione italiana – alc uni decennali offerti fino al 2019 e i buoni Obiettivo 65 – fa bene a tenerseli stretti, perché di giorno in giorno si adeguano all’inflazione, a meno che voglia imbastire speculazioni o abbia proprio bisogno di soldi. Caro prezzi La crisi economic a ha messo in difficoltà le famiglie FOTO ANSA Il confronto Hanno reso di più a parità di rischio dei fondi comuni azionari A LT E R N AT I V E NON TUTTI GLI ST R U M E N T I SONO SICURI E T R AS PA R E N T I gestito che possiamo abbuonargli una quota di performance che non gli spetta. Gli stessi 1.000 euro messi in buoni postali sono infatti diventati dopo trent’anni 10.922 euro al netto delle tasse (e a fine anno saranno 11.014 euro). Insomma, più del doppio o addirittura del quadruplo. Un rendimento nominale pari a 8,2% annuo composto rispetto a 5,1% (gli azionari) e 3,1% (tutti i fondi). Sono dati tenuti accuratamente nascosti dall’industria parassitaria del risparmio gestito e dalla cosiddetta educazione finanziaria. In realtà il fiasco plateale dei fondi comuni è duplice, perché i buoni postali hanno reso di più a parità di rischio, in quanto il valore dei Bfp non oscilla: sale solo. Alla faccia della frottola che maggiore rischio significa sempre maggiore rendimento. Inoltre i buoni postali stracciano anche i prodotti assicurativi, ma lì i confronti sono più lunghi e più complessi. A monte di tutto ciò c’è un fatto molto semplice: l’unico obiettivo di venditori e società di gestione è – lo – gicamente dal loro punto di vista – sottrarre più soldi possibili ai clienti con commissioni, provvigioni, spese, caricamenti ecc. Le conseguenze si vedono