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 2022  settembre 17 Sabato calendario

Dormire nel Medioevo. Un libro di Chiara Frugoni

Le minacce sui razionamenti energetici rappresentano un’eventualità, forse quasi immediata, certo grave specie per i territori della penisola più esposti ai rigori del futuro inverno. Se però ci confrontiamo con i secoli del Medioevo, il raffronto grava sugli antenati. Lo si comprende con estrema documentazione nel recente e postumo volume A letto nel Medioevo, dovuto alla medievalista Chiara Frugoni (1940-2022), che ci ammicca sulle condizioni, invero alquanto difformi, che l’uso del letto richiedeva.

Il freddo non mancava: «C’era chi si preparava ben steso sul letto il proprio abito in modo che, svegliandosi al mattino, uscito dalle tiepide lenzuola con il corpo nudo, si trovasse esposto al morso del gelo per il minor tempo possibile». Poteva capitare di non dormire da soli: «A volte sotto il letto con cortine poteva essere fatto scivolare un secondo lettino più basso, con ruote, da usare per un’occasione imprevista o per ospitare un valletto». Curiosamente, di solito «si dormiva semisdraiati per la presenza di numerosi cuscini», carattere che oggi si nota più facilmente leggendo per esempio romanzi ambientati in altri Paesi, come Stati Uniti e Gran Bretagna.
Si parla ovviamente soprattutto di persone, se non abbienti, certo in condizioni ben diverse dai poveracci che sopravvivevano, per non parlare dei disgraziati alloggiati in ospizi di pellegrini e di malati, costretti a dormire in più persone in un letto, mal coperti o non coperti affatto. Ovviamente le testimonianze, specie quelle letterarie (si pensi al Decameron, pozzo senza fondo di citazioni sui letti con abbondanza di riferimenti erotici), sono per lo più riferite a chi meglio se la spassava. Però l’ambiente colpiva tutti o quasi: «Oggi, con l’acqua corrente e l’abituale igiene personale, non pensiamo più agli afrori del sudore e a tutti i cattivi odori stagnanti nell’aria medievale a causa della presenza di liquami e deiezioni animali e umane nelle strade (non esistevano le fognature), dove abitualmente finiva anche, buttato dalla finestra, ogni tipo di rifiuto organico commestibile, per quanto poi portato via subito da cani, galline e soprattutto maiali. Il lezzo doveva invece essere così diffuso nella quotidianità da portare, per converso, al vivo apprezzamento del suo contrario». Vengono alla mente alcuni amari riferimenti alla vita quotidiana in Roma, specie di notte, stesi nelle Satire di Giovenale.

Caratteristico di quei secoli era l’estendere l’uso della camera da letto. Non era una semplice stanza di riposo, ma parecchio altro: «Mentre noi abbandoniamo di giorno il luogo dove dormiamo al silenzio e alla solitudine, nel Medioevo la camera da letto era animata da varie attività. La stanza si adattava infatti rapidamente ai desideri e ai bisogni di chi ci viveva. Innanzi tutto, proprio per la piacevolezza del materasso imbottito e per il calore offerto, se necessario, da fuoco acceso, faceva le veci del nostro soggiorno. Qui venivano ricevute le persone». Infatti, «la camera da letto di giorno non serviva soltanto per conversazioni private o per rapidissimi incontri. Carlo VI [di Francia] aveva l’abitudine di ricevere i suoi consiglieri, stando semisdraiato sul letto». Se scivoliamo in un’epoca più recente, giunge spontaneo il ricordo del levarsi di Luigi XIV, il Re Sole, nella sua stanza da letto, mentre centinaia di persone si affannano per stargli accanto e soprattutto parlargli.
Nella stanza da letto il mobile principale dominava, ma ne abbondavano pure altri, fino ai casi di maggiori ingombri segnalati da riproduzioni di eventi sacri, quale la nascita della Madonna. Le riproduzioni, con relativo commento, consentono di comprendere con molta esattezza oggetti su oggetti, che non sempre ci si attenderebbe in una stanza in sé avente destinazione specifica. Talora càpita di appagare una curiosità: «Il tavolo è formato da un’asse appoggiata su cavalletti che, finito il pasto, veniva addossata verticalmente al muro (donde il detto, in uso quando ero giovane: ’Leviamo le mense’)».