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 2022  settembre 16 Venerdì calendario

La terza età di Liam Neeson

Il tempo, per dirla con una canzone, è decisamente dalla sua parte. Ha iniziato a giocare nella serie A di Hollywood a 41 anni, dopo una lunga e rispettabile gavetta, grazie a Spielberg e a Schindler’s List. A 50 si è reinventato star di film d’azione come Taken e già aveva insegnato il mestiere di Jedi all’Obi-Wan Kenobi di Ewan McGregor. Ha all’attivo più di cento titoli, con registi come Scorsese, i fratelli Coen, Neil Jordan, Atom Egoyan, Ridley Scott. Ora a 70 anni, compiuti lo scorso giugno, Liam Neeson è nella sale con un nuovo ruolo da killer in Memory di Martin Campbell con Guy Pearce e Monica Bellucci. E nel 2023 lo ritroveremo nella versione, firmata da Neil Jordan, del detective Philip Marlowe, nel ruolo che fu di Humphrey Bogart, Elliot Gould e Robert Mitchum.
«Memory» è il remake del film belga di Carl Joos e Erik Van Looy. Lei interpreta un killer al suo ultimo incarico che deve fare i conti con i primi segnali di demenza senile.
«Alex Lewis è uno dei personaggi più complessi che abbia mai interpretato. È un assassino, si guadagna da vivere uccidendo la gente. È stanco, ha perso la voglia di vivere, capisce di essere malato. È il cattivo, il buono qui è Guy Pierce, poliziotto. Ma la sua è una spinta etica».
Ovvero?
«È un thriller, non voglio svelare troppo della trama. Posso dire che quando capisce che i suoi committenti sono legati a un traffico di prostituzione infantile fa una scelta. Vuole redimersi. Ma questo non cancella le sue ambiguità. Mi è piaciuto proprio per le sue sfumature grigie, non è il classico cattivo».
Ha iniziato con i film d’azione a 50 anni, un’età in cui altri smettono. Che effetto le fa?
«Ai miei agenti quando mi girano alcuni copioni domando: ma lo sanno quanti anni ho? Sono fortunato, ne sono consapevole. Ho compiuto 70 anni in giugno, questo film l’ho girato che ne avevo 69, non posso fare finta di averne 35 ma neanche 45 o 50. Se vuoi recitare, indipendentemente dal tipo di film, devi tenerti in forma, dormire, prenderti cura di te. Sono le armi del mestiere. Ma non sono proprio il tipo ossessionato dalla forma fisica».
E dunque come si prepara per un ruolo simile?
«Al mio stunt coach Mark Vanseluw, con cui lavoro da anni – almeno 25 film insieme— ho detto: mostrami come combatte uno della mia età. Non posso far finta di essere Jackie Chan, di cui pure sono un fan».
E ricerche sulla demenza?
«Ne ho fatte, ho letto libri e visto un doc molto toccante. Ma la cosa che mi è servita di più è il fatto di avere un caro amico in Irlanda che soffre dei primi segni di Alzheimer. È qualcosa di sconvolgente, la lenta perdita della memoria, del controllo».
Come vive il tempo che passa?
«Non mi preoccupo di invecchiare ma capita anche a me di cercare di ricordare un nome, una battuta. Come ho detto, credo che tutti, in famiglia, tra gli amici, conosciamo qualcuno che soffre d Alzheimer. So bene che non posso lamentarmi».
Monica Bellucci è Davana Sealman. Com’è stato recitare con lei?
«È andata benissimo, è una persona con cui ci si intende subito. La adoro, come credo almeno metà della popolazione maschile mondiale. Amo i suoi film italiani e anche il suo 007. Anche Guy è stato un gran compagno di lavoro».
Che tipo di attore è?
«Ci sono colleghi che amano enfatizzare l’arco narrativo dei loro personaggi, io sono uno di quelli che si fida del regista. Il racconto è il suo, io sono al suo servizio e lascio il giudizio allo spettatore. Conosco Martin dagli anni Ottanta, è uno della vecchia scuola come me, amo il suo cinema. Sono felice che Memory sia uscito nei cinema, dopo questi due anni di pandemia. Io ci andavo da bambino, anche ai matinée, a vedere i western».
I film di cui va più fiero?
«Schindler’s List e Michael Collins, certo . Ma anche questo ultimo».
Ha finito di girare il film su Marlowe di Neil Jordan dove recita con Diane Kruger e Jessica Lange. Cosa ci può anticipare?
«Abbiamo finito di girare l’inverno scorso a Barcellona, posso dire che Neil ha fatto un gran lavoro, non ha cercato di emulare le versioni precedenti. E sono imbarazzato a dire, che per quanto sia un lettore di gialli, grande fan di scrittori formidabili (come Jo Nesbø e Henning Mankell) non avevo mai letto Raymond Chandler. Ma ora non vorrei smettere di leggerlo».