Corriere della Sera, 16 settembre 2022
I bonus dei cinquestelle
È nei programmi elettorali che i partiti rivelano la loro vera natura. In quello dei Cinque Stelle la parola «bonus» ricorre 25 volte. Spesso per esaltare il «Superbonus» e proporne estensioni, per esempio «alle strutture ricettive», o per ampliarne l’uso con «la creazione di un conto corrente fiscale su cui far circolare liberamente i crediti d’imposta, eliminando tutti i vincoli introdotti dal governo Draghi». Ma ne spuntano molti altri, nuovi o da rinnovare. Talvolta per cause nobili, come un «superbonus inclusione, al fine di adeguare gli impianti sportivi alle disabilità»; altre volte più creativi. Troviamo così un «bonus auto per chi cambia casa a seguito del terzo figlio»; un «bonus per la ristrutturazione abitativa condivisa al fine di favorire i progetti di silver cohousing»; un «bonus mare per sostenere il trasporto marittimo a corto raggio»; un «sisma bonus», e qui basta la parola; e una «riforma del bonus aggregazioni» per favorire l’integrazione tra aziende. Si invitano anche gli imprenditori ad aprire a loro volta la bonuscopia, aggiungendo alle prestazioni dei welfare aziendali un «bonus solidarietà».
Il problema non sta tanto nei beneficiari: tutti, per una ragione o per un’altra, sentiamo di aver diritto a un bonus. Sta nell’erogazione, che non distingue tra chi ne ha bisogno e chi no (villette in montagna ristrutturate coi bonus edilizi, bici elettriche per la borghesia delle Ztl; senza contare l’industria della truffa che ne è nata).
Ciò dipende dallo strumento in sé: laddove lo «stato sociale» della sinistra tradizionale puntava a raccogliere risorse dai più ricchi con le tasse, per distribuirle sotto forma di servizi pubblici, lo «stato pentastellato» si propone di raccogliere soldi a debito (140 miliardi di scostamenti di bilancio nell’era Conte) per distribuirli sotto forma di versamenti diretti: «gratifica» e «abbuono» sono per il dizionario i sinonimi di bonus.
È una politica originale (sia detto senza ironia); e forse anche miracolosa, se riuscirà a ribaltare la celebre teoria economica per cui «non esistono pasti gratis». È infatti condensata in un’altra parola chiave dei Cinque Stelle, tanto ripetuta da Conte sulle piazze da essere stata raccolta in un’irresistibile compilation rap che spopola sul web: «GRA-TU-I-TA-MEN-TE».